Non è un segreto che il MoVimento 5 Stelle punti tutta la sua credibilità sul reddito di cittadinanza. Grazie a questa promessa elettorale ha praticamente messo in un angolo la concorrenza politica, Forza Italia e Partito democratico su tutti. E dunque il mondo pentastellato sa bene che gran parte del suo elettorato non perdonerebbe un flop in questo senso.

Inutile negarlo, il malumore all’interno del M5S, per il rischio che siano ridotte le risorse per avviare il reddito di cittadinanza, c’è. Nel mirino, il ministro dell’Economia Giovanni Tria che, conti alla mano, ha fatto intendere di avere difficoltà nel racimolare i 10 miliardi di euro necessari per portare a casa il tutto. Insomma, la manovra sarà per il governo un banco di prova che rischia di mettere anche in discussione il ruolo del ministro stesso.

C’è chi ha parlato di richieste di dimissioni se non fosse in grado di riuscire nell’intento. Il trapelare della notizia, confermata da fonti qualificate del Movimento, ha preoccupazione nella maggioranza. Così il leader e vicepremier Luigi Di Maio è intervenuto a placare i suoi e rassicurare i colleghi di governo: avanti sul reddito di cittadinanza con determinazione - è il senso del suo ragionamento - ma non c’è una richiesta di dimissioni del ministro Tria.

"Risulta infondata la notizia secondo cui il M5s avrebbe esercitato pressioni sul ministro Tria, anche in riferimento a sue possibili dimissioni, ha spiegato in una nota il MoVimento. La vicenda, comunque, non fa dormire sonni tranquilli ai grillini: mettere ora in discussione Tria rischierebbe di diventare un boomerang. L’opposizione, comunque, non è stata a guardare e l’ex premier Matteo Renzi, da sempre contrario al modus operandi dell’esecutivo giallo-verde, nel corso di un’intervista rilasciata a Tiscali.it sulle misure economiche, è andato giù duro: "Vediamo se vince Tria o se vincono i due vicepremier. Hanno promesso la luna in campagna elettorale. Al momento non hanno fatto nulla se non alimentare lo spread con dichiarazioni farneticanti. Se solo quei due fossero stati zitti avrebbero avuto 5/6 miliardi in più da spendere dettati dai minori interessi. La loro incontinenza verbale ci costa più dell'Imu e della Tasi (quando il mio governo ha abolito quella tassa, nel 2015, abbiamo dovuto trovare 4 miliardi: Salvini e Di Maio avrebbero potuto avere più di quella cifra solo rinunciando alle loro farneticanti dirette Facebook)".

Anche Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e deputata di Forza Italia, in una nota ha espresso tutti i suoi dubbi: "Il ricatto di Luigi Di Maio al ministro Giovanni Tria sul reddito di cittadinanza mina la credibilità del governo italiano e rischia di scatenare l'ennesimo attacco speculativo sui conti pubblici nazionali. "O tiri fuori i soldi o casca il governo" , detto da un vicepresidente del Consiglio, è un messaggio non degno di una democrazia, un vero e proprio ricatto al Paese".