Questa estate, prima della presa della Bastiglia, non prendemmo a Napoli Cristiano Ronaldo e l’Eccellentissimo e Reverendissimo Aurelio terzo dei De Laurentiis di Torre Annunziata, dopo zio Dino e papà Luigi, riferì come era andata la sua chiacchierata con Jorge Mendes, il potente agente per niente segreto di CR7, che gli aveva chiesto a bruciapelo: “Ma tu prenderesti Cristiano Ronaldo da te?”.

Cristiano aveva ormai rotto col Real Madrid. Noi saremmo svenuti al cospetto di Jorge Mendes nella sua casa di Lisbona. Ma Aurelio terzo dei De Laurentiis non svenne.  Con l’immensa capacità americana di reazione, condita da un sospiro napoletano, rispose: “Ma, tesoro mio, ti faccio una proposta”.  E venne fuori un intrecciato discorso di fatturato, stipendi, isolabella e cha-cha-cha che Mendes non prese in considerazione, come ha rivelato l’Eccellentissimo e Reverendissimo, perché Jorge Mendes ragiona alla velocità della luce e, tesoro mio, era già oltre il fatturato e gli stipendi napoletani.

“Il tempo gli morde il sedere” spiegò l’Eccellentissimo e il Reverendissimo aggiunse con orgoglio da basso impero: “Cristiano Ronaldo è stato proposto al Napoli prima che ad altri club”.  Cosa che, al netto di fatturati e stipendi, è una bella soddisfazione se non fosse che “altri club” era uno solo, la Juventus che ognuno sa quanta allergia ci procura nel golfo.

Ora, io che sono un tifoso di Cristiano Ronaldo, un suo ammiratore, un esegeta e un umile narratore delle sue gesta prodigiose, e ho scritto anche un libricino di elogi per l’editore napoletano Tullio Pironti dedicato all’immenso portoghese, vorrei proporre questo lamento amoroso che avevo fulmineamente preparato allo scoccare della fiammeggiate domanda di Jorge Mendes all’Eccellentissimo e Reverendissimo Difensore di Fatturati e Stipendi, il molto avveduto Aurelio terzo dei De Laurentiis, prima che sospirasse “tesoro mio”.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo, asciutto come lui, scultoreo e immutabile, per non dovere ricorrere continuamente al sarto sotto casa, fra una dieta e l’altra, a fare allargare, ritoccare, restringere e riaprire tutta la serie di jeans della stessa marca dei jeans del portoghese e sconsideratamente comprati della stessa taglia del portoghese, senza misurarli prima, nella democratica illusione che siamo tutti uguali.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per passeggiare in via dei Mille con tutti gli occhi addosso, e il desiderio addosso delle ragazze, i loro sospiri e il gridolino di un appuntamento immediato. Vorrei essere tale e quale al portoghese dei desideri, con gli stessi tatuaggi, il ciuffo accarezzato dal gel e la camminata da torero dopo la segnatura di un gol proponendo un fondoschiena brasiliano di piccole e suggestive forme proprio come il piccolo e suggestivo fondoschiena del portoghese senza paragoni.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo nato a Funchal, tra i fiori tropicali dell’isola di Madera e nella carezza dell’Atlantico, e non ai Cristallini, con tutto il rispetto per via Cristallini a Napoli, nel borgo dei Vergini che non ha piante tropicali neanche d’importazione, ed essere il figlio di Maria Dolores dos Santos Aveiro e di suo marito José Dinis Aveiro, e non avrei nulla da dire per quel primo nome dovuto alla fede cristiana di mamma, ma non mi sta molto bene il secondo nome che José Dinis Aveiro trasse dall’ammirazione per l’attore americano Ronald Reagan per giunta presidente degli Stati Uniti, però ormai è fatta.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per essere veloce, anche senza la palla al piede, e fare i cento metri in undici secondi alla rapidità di 33,6 chilometri orari per riuscire, almeno una volta, a prendere al volo in Piazza Vittoria un autobus della linea 151 da Piazza Garibaldi a Piazzale Tecchio senza arrivare fuori tempo davanti alle porte che mi si chiudono in faccia mentre l’autobus già mette la freccia per la Riviera di Chiaia.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per muovere i primi passi nell’Andorinha del quartiere Sant’Antonio di Funchal anziché prendere i primi calci sul campo delle Fontanelle bocciato irrimediabilmente dal mister Nicola D’Alessio, detto Nick lo sceriffo, e deriso dall’indimenticabile Gennarino Rambone che ebbe fortuna e andò a giocare col Cral Cirio di San Giovanni a Teduccio.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per andare a giocare, a soli dodici anni, nelle giovanili dello Sporting Clube de Portugal, che sarebbe poi lo Sporting Lisbona e basta, ed essere notato, a sedici anni, dal signor Gérard Houllier che allena il Liverpool e vorrebbe portarmi in Inghilterra nella città dei Beatles e di Steven Gerrard per giocare all’Anfield in Anfield Road, ma non se ne fa nulla, e mi piace restare a Lisbona e magari faccio due chiacchiere con Antonio Tabucchi, così sostiene mio padre che mi vorrebbe vedere diventare scrittore.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo, e qui la cosa si fa dura, per essere successivamente notato da Luciano Moggi, che lavora alla Juventus, e vorrebbe portarmi a Torino, ma il cileno Marcelo Salas rifiuta in cambio di andare in Portogallo e così anche la Juventus sfuma nel 2001 e io, personalmente, non posso dimenticare di essere dei Cristallini e vorrei andare al Napoli, ma al Napoli nessuno mi pensa. Per giunta, erano anni in cui il Napoli stava per scomparire dalla scena calcistica e, a Soccavo, dove palleggiavo con Diego, già crescevano le erbacce e i cancelli erano chiusi.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo nella sua condizione molto appagante perché non ho mai avuto trentuno fidanzate, al massimo tre, e una alla volta, e nemmeno una Bugatti o una Bentley, neanche la Porsche, e figuriamoci averle tutte insieme in un garage, e sarebbe bello andare alle Hawaii con Irina Shayk e alle Seychelles con Nereida Gallardo, potendo scegliere, senza escludere Diana Cheves e Luana Belletti e avere una serata a Los Angeles con Paris Hilton che però mi sembra troppo stravagante e in continuo stato di ebbrezza.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per avere il coraggio di calzare scarpe leopardate, le Supernova della Nike a lisca di pesce sul fondo maculato, senza più vergognarmi delle mie vecchie Timberland maculate dal tempo e con qualche lisca di pesce all’uscita dalla trattoria di Salvatore Liguori in via Piedigrotta.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per passare dal Manchester United al Real per 94 milioni di euro mentre gli indignados scendono in piazza a Madrid, i minatori delle Asturie sono allo stremo e gli infermieri di Pamplona non arrivano alla fine del mese, ma il calcio ha le sue regole e le sue tariffe, e tutti sono felici di vedermi giocare al calcio, se fossi Cristiano Ronaldo, e fanno anche pazzie in Asia per una partita sul posto dei Galacticos, e una maglietta con su scritto “Ronaldo 7” costa 30 euro, ma si possono trovare combinazioni maglietta-pantaloncini di Cristiano al Ponte di Casanova a Napoli e a prezzo assolutamente napoletano.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo non alla Continassa ma al tempo dell’esclusivo quartiere madrileno di Pozuelo de Alarcòn, pagando senza batter ciglio 4,9 milioni di euro all’Immobiliare Gilmar e vivere nella villa ritoccata dall’architetto Joaquin Torres con sette stanze da letto, due piscine, una cantina, un giardino infinito, una spettacolare Jacuzzi personale e una vasca di idromassaggio per cinque persone, preferibilmente femminili, oltre al garage per sei automobili.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per sfilare con i vestiti di Giorgio Armani, smettendo di indossare i falsi giacconi Fay dei mercatini rionali di Napoli, e soprattutto sfilare con Megan Fox, intendo dire la conturbante versione originale di Megan Fox del Tennessee, 86-55-81, alta 1,63 che ci farei la mia figura di 1,70.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per calciare di destro e di sinistro, dribblare, correre, cambiare rapidamente direzione, fare il doppio passo, incrociare le gambe per il dribbling e tirare i calci di punizione mettendo il pallone a terra, facendo cinque passi all’indietro e il sesto a sinistra, divaricando le gambe, il braccio destro leggermente avanti, la gamba destra tesa all’indietro, il corpo reclinato leggermente e poi avvicinarmi al pallone correndo sulle punte, colpendo il pallone con forza all’altezza della valvola così il pallone si impenna, sale e poi scende con una traiettoria imprevedibile che i portieri, benché avvisati, non prevedono mai, e questo mi consente di segnare sui calci piazzati con un risultato positivo tre volte superiore alla media, e poi sorrido, dritto come un fuso, da fotomodello del gol, inimitabile e straordinariamente affascinante.

Ed io, che sono figlio unico, sarei felice di avere un fratello Hugo che sta bene e fa il pittore, una sorella Katia, che si fa chiamare Ronalda e fa la cantante pop a Lisbona, e un’altra sorella Elma che ha un negozio a Funchal e si fa chiamare con le mie famose sigle, CR7, e mia madre Maria Dolores dos Santos Aveiro ora guida la Bmw che le ho regalato avendo smesso da tempo di fare la donna delle pulizie quand’io ero piccolo e poi quando allo Sporting Clube de Portugal io guadagnavo 250 euro al mese e lei era più brava facendo le pulizie a 580 euro.

Chi vuole essere Cristiano Ronaldo deve prendersi le sue responsabilità, non solo gli applausi, le macchine e le donne di Cristiano Ronaldo, e io me le prendo le sue responsabilità e ho con me il piccolo Cristiano junior di sette anni che sta venendo su molto bene, veloce, potente e di buona tecnica, e pazienza se devo amare anche gli altri tre figli che indossano la maglia della Juventus, povere anime, ma mi allineo e sono molto ossequioso nei confronti di Georgina, non poteri non esserlo.  Ma, col permesso di Georgina, vorrei essere Cristiano Ronaldo al tempo di Irina Shayk, fisico da urlo in bikini, 27 anni, figlia di un minatore di carbone di un villaggio cosacco della Russia, modella e attrice, occhi verdi, capelli castani, taglia 34, che siamo stati sul punto di sposarci dopo esserci conosciuti in occasione di una campagna pubblicitaria di Giorgio Armani, ma ci abbiamo ripensato.

Voglio essere Cristiano Ronaldo sino in fondo e ho già vinto cinque Palloni d’oro, tre volte secondo dietro Lionel Messi che l’ha vinto cinque volte, e questa è una storia che deve finire, niente di personale con Messi, ma il nano argentino del Barcellona ha ormai stufato, io ho fatto più gol che partite, 450 gol in 438 partite col Real Madrid, 573 reti in tutta la mia vita, e sapete che per Messi gioca tutta una squadra mentre io, al Real, i gol dovevo farli da solo e, adesso, alla Juve vediamo.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per essere bello come Cristiano Ronaldo, capello virile, senza le sciocchezze di creste colorate e colpi di sole, quando aveva un bel taglio undercut, rasato tranne che sulla parte alta della testa che portava schiarita e pettinata all’insù con un gel a tenuta extra-forte, e il resto lo fa il mio sorriso da bel tenebroso ballerino di fado.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo per 1,85 di altezza e 80 chili di peso forma, muscoli sodi e guizzanti, una forza nelle gambe come pochi, una resistenza alla marcatura come pochi, una visione di gioco come pochi e il resto chiedetelo ai difensori di mezzo mondo che non hanno ancora capito il giochino delle mie gambe incrociate e sono là che vedono il diavolo con la faccia di Cristiano Ronaldo.

Vorrei essere Cristiano Ronaldo al tempo de El Clàsico nell’immenso stadio di Madrid e battiamo la palla al centro e gli occhi di tutte le ragazze, le vergini e le incinte, le sposate, le divorziate, le single, todas las mujeres de Madrid, mi amano al primo tocco di palla che la butto oltre i difensori avversari e sto correndo verso il portiere del Barcellona che ha già sputato sui quattro millimetri di lattice dei suoi guanti Sells ed io devo mettergli la palla là, nel nido di rondine all’incrocio dei pali, e lo so che qualche mujer sviene quando la palla scuote la rete, così sono gli orgasmi all’Estadio Santiago Bernabéu perché yo soy el màximo, Cristiano Ronaldo di Funchal, Madera, due centimetri più alto di David Beckham e il più bello sul trono non ci sono paragoni.

Ma, adesso che Cristiano Ronaldo è passato alla Juventus, e il “classico” sarà con l’Inter, non parliamo del Torino, vorrei essere soltanto Arkadiusz Milik con le ginocchia a posto e fare più gol di CR7 perché, tesoro mio, come direbbe l’Eccellentissimo e Reverendissimo Aurelio terzo dei De Laurentiis, sono  ‘nu poveru piscatore del golfo azzurro in attesa di diventare ‘nu ricco marenaro se Ancelotti mi porta dove sogno di arrivare.

(Mimmo Carratelli)