La manovra economica del governo gialloverde è assolutamente immorale. Condanna il Paese ad un’economia a “due velocità”. Il reddito di cittadinanza, tanto sbandierato dai pentastellati, equivale ad una misura assistenziale della peggiore risma. Il M5s non ha intenzione di creare nuovi posti di lavoro. Intende, soltanto, introdurre un’elemosina di Stato. Persino peggiore degli ottanta euro di renziana memoria. Il fatto che milioni di persone siano stipendiate senza lavorare, fotografa l’idea di sviluppo del Movimento cinque stelle.

Con tutta evidenza, l’obiettivo di Luigi Di Maio è quello di inaugurare uno Stato paternalistico che incentivi, invece di combattere, i processi di precarizzazione, impoverimento ed esclusione sociale. Il combinato disposto del reddito di cittadinanza e di una pallida versione della Flat tax rappresenta l’esemplificazione della cattiva gestione della cosa pubblica. Il nostro, purtroppo, è ormai un Paese a “due facce”. Per queste ragioni, è opportuno, oltre che inevitabile, appellarsi al leader leghista Matteo Salvini, affinché riesca a modificare la manovra.

La nostra analisi prende il via dallo stato di salute del nostro Paese. Sfortunatamente, i nostri governanti non affrontano in maniera compiuta la realtà che vive l’Italia. Eppure, la situazione è sotto gli occhi di tutti. Il Nord riesce a reggere il passo della Germania. D’altro canto, il Sud si attesta sui livelli produttivi della Grecia. In passato si è parlato di “forbice” tra il Settentrione e il Mezzogiorno d’Italia. Oggi, non si può più parlare neppure di divario. I grillini sostengono, con totale acquiescenza, la visione di due Stati, due economie, due culture diverse. Persino, opposte. Già.

Il nostro è un Paese sempre più diviso a metà. Dopo la terribile crisi del 2008, il Nord è riuscito a riprendere la corsa, tenendo il passo dello Stato-locomotiva d’Europa: la Germania. Il Sud, invece, continua a vivere una situazione socio-occupazionale peggiore della Grecia. Una nazione che, bisogna rammentarlo, da oltre un decennio rappresenta stabilmente il fanalino di coda dell’Unione Europea. Una recente analisi dell’Ufficio
studi della Cgia, l’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre, mette a confronto una serie di indicatori economici, occupazionali e sociali della Germania con il Nord Italia e della Grecia con il nostro Mezzogiorno.

In termini di Pil pro capite, il Nord sconta un differenziale negativo con la Germania di poco superiore ai 4.300 euro. All’opposto, troviamo il dato relativo al Mezzogiorno, superiore a quello greco di 2.000 euro. I numeri sono drammatici. Un cittadino settentrionale dispone di oltre 15.600 euro all’anno in più rispetto ad uno che vive e lavora nel Mezzogiorno. Per quanto riguarda l’export, i dati della Germania non possono minimamente essere confrontati con gli altri del resto d’Europa. In ogni caso, il Nord del nostro Paese riesce a registrare una differenza molto contenuta, anche nel rapporto tra saldo commerciale e Pil. Tra il Paese ellenico e il nostro Meridione, invece, le esportazioni sul Pil sono maggiori in Grecia, anche se il Mezzogiorno d’Italia può contate su una bilancia commerciale meno squilibrata di quella greca. Sono preoccupanti i dati relativi alla comparazione tra il Sud italiano e Atene. Solo per quanto concerne il tasso di disoccupazione generale, il Mezzogiorno registra una situazione migliore di quella greca (19,4 contro 21,5 per cento). Addirittura, in tutti gli altri casi, la Grecia ha sempre la meglio.

Sono passati dieci anni dalla crisi che ha messo in ginocchio l’economia mondiale e la percezione negativa viene oggi confermata dai dati reali. Il Sud è la parte che ha
sofferto e continua a soffrire di più. La Fondazione Leone Moressa sostiene che, tra il 2008 e il 2017, il Meridione ha perso 310mila occupati e ha registrato un aumento dei disoccupati pari a 592mila unità. Nello stesso periodo preso in esame, al Nord i posti di lavoro sono aumentati di 74mila unità, mentre il numero dei disoccupati è salito di 413mila. L’Istat ritiene che nel Mezzogiorno le unità di lavoro standard in nero siano pari a 1.300.000, contro le 776mila presenti nel Nordovest e le 517.400 “occupate” nel Nordest.
L’economia “fuori osservazione”, nel Sud, solo per la parte del lavoro irregolare, produce oltre 27 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso ogni anno.

I numeri, dunque, testimoniano una condizione drammaticamente incontrovertibile: i pentastellati al governo accettano e promuovono, passivamente, un’Italia “divisa in due”. L’auspico è che Salvini, in nome e per conto del centrodestra unito, si batta per la reale prosperità dei cittadini e cerchi di avere la meglio sulla linea pauperistica di Di Maio.