Norberto Lombardi e Silvana Mangione: è stato affidato a loro il compito di portare il contributo del Cgie agli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo, riuniti ieri a Roma, nella sede di Villa Madama. Il consigliere e il vicesegretario generale del Cgie sono intervenuti nel corso della tavola rotonda dedicata a "Le reti dell’italiano nel mondo". Nel corso della giornata una prima tavola rotonda, moderata da Giuseppe Patota dell’Accademia della Crusca, si era tenuta su "L’italiano nella rete e nei social media".

A confrontarsi su un argomento quanto mai attuale sono stati Diego Ciullo di Google Italia, Andrea Caretta dell’Osservatorio di Pavia, Fabio Rossi, ordinario di linguistica dell’Università di Messina, Laura Bononcini di Facebook Italia, Paolo Costa, docente di comunicazione digitale e multimediale dell’Università di Pavia, e Alice Avallone della Scuola Holden. Nel pomeriggio, con Lombardi e Mangione hanno dibattuto, invece, moderati da Lorenzo Tavazzi della European House Ambrosetti, Piero Bassetti di Globus e Locus, la scrittrice Lila Adam Zanganeh, Hammadi Agrebi, ispettore generale e formatore di docenti di italiano in Tunisia, Paese con 40mila studenti di italiano, Federico Wen, direttore del dipartimento di italianistica della Beijing Foreign Studies University, e Paolo Rizzi della Segreteria di Stato della Santa Sede.

Norberto Lombardi ha voluto concentrare il suo intervento sulle "reti reali" dell’italiano nel mondo, per distinguerle dalle reti digitali perché, ha spiegato, "sono dei sistemi di relazione costruiti sulle relazioni" e sono "frutto di una sedimentazione storica che non accenna a finire", quella costruita dalla "vicenda dell’emigrazione degli italiani nel mondo". Non si tratta di una sedimentazione statica, ma differenziata e in movimento in base ai luoghi dove gli italiani si sono stabiliti. Sono tante queste reti: "la rete della formazione italiana, ricca e penetrante", fatta di scuole, enti gestori, IIC, comitati della Dante, lettorati…; "la rete dell’informazione, fatta da giornali stampati e on line che svolgono un’importante funzione di coesione e di conservazione della lingua"; "la rete della devozione e della tradizione" che tramite le funzioni in italiano mantiene un "vincolo identitario vivacissimo basato sul sentimento religioso"; c’è la rete del voto e della partecipazione; e c’è "la rete degli interessi, della produzione", che pure offe tante occasioni di scambio linguistico e di apprendimento dell’italiano; ancora "la rete delle realtà associative che conservano ambienti relazionali e richiami alle realtà di origine ancora caldi e motivati"; e infine "la rete dell’accoglienza e della integrazione" che hanno seguito nel mondo l’emigrazione sin dalle sue fasi prime.

Nella pure prolifica ed utile strategia di promozione integrata voluta dal Maeci "manca ancora" per Lombardi "un riconoscimento del ruolo che le reti reali possono avere". Un riconoscimento per il quale, ha aggiunto, siamo in attesa di una "responsabilità politica". Vedremo se ci sarà allo scadere, nel 2020, del fondo quadriennale per la lingua italiana nel mondo: "non vedere ricomparire la notazione per il 2021 nel bilancio triennale segnerebbe un grave passo indietro". Lo stesso vale per il fondo dell’editoria: secondo Lombardi le recenti dichiarazioni del sottosegretario Crimi andrebbero circostanziate per la stampa italiana all’estero, altrimenti il rischio sarà quello di anticipare la chiusura decine di testate. Un allarme, questo, raccolto e rilanciato da Silvana Mangione, che pure ha colto uno spunto emerso durante la tavola rotonda. Si parla da tempo di "mondo in italiano", ha ricordato, ovvero di quel soft power culturale di cui è forte l’Italia; ma per il vice segretario generale del Cgie tale soft power andrebbe utilizzato per creare un "ponte tra altre reti": quella degli italofoni, da un lato, cioè coloro che amano l’Italia, la sua lingua e cultura e il suo modo di vivere, e quella degli italofili, dall’altro, allargando impegno e strategie ai discendenti.

Mangione si è poi chiesta come attuare in concreto "il passaggio dalla strategia integrata alle tattiche differenziate nell’applicazione di questa strategia", laddove il Maeci ha un alleato silenzioso e spesso poco valorizzato: gli enti promotori, che, ha ricordato Mangione, "conoscono la rete italica e lavorano integrando i corsi di lingua all’interno delle scuole dell’obbligo" locali. Silvana Mangione ha poi evidenziato la necessaria differenziazione tra la rete delle scuole italiane all’estero e i corsi di bilinguismo. Intanto, ha osservato, bisogna distinguere "tre grandi bacini": quello europeo, quello dell’America Latina, dove le scuole italiane sono più presenti, e quello dei Paesi anglofoni extra Ue, dove bisogna fare i conti con un dato di fatto: l’italiano è considerato una lingua sensuale ma poi si sceglie di studiare la lingua che abbia maggiori sbocchi professionali.

Resta la priorità di puntare sui corsi bilingui e biculturali per rispondere soprattutto alle nuove mobilità e per far radicare l’italiano già dalla scuola primaria e dell’infanzia. A New York e a Manhattan, in particolare, ha riferito Mangione concludendo, "siamo partiti con 8 bambini e dopo due anni siamo arrivati a 250". La rete dell’italiano nel mondo cresce.

R. Aronica/Aise