Un mare di spazzatura ci sommergerà. Presto. Unendo i puntini dello stato della raccolta dei rifiuti delle varie zone d’Italia, come questi vengono smaltiti o trattati e i piani futuri
locali e nazionali in tema ‘monnezza’, è questa l’amara verità. E questo perché, in sintesi, dei rifiuti che produciamo, ne smaltiamo pochi, quelli che ricicliamo vanno ad intasare un mercato già saturo e non abbiamo nessun piano per invertire la rotta. Anzi, alle possibili soluzioni ci opponiamo per principio. Con l’ottimo risultato che sulla spazzatura fa affari la malavita e ci rimette la nostra salute. Ad approfondire il tema rifiuti italiani è il Sole 24 Ore, che tratta quasi caso per caso lo stato di tutti i siti che hanno a che fare con il ciclo della spazzatura.

Il quadro che ne esce è desolante, soprattutto perché sembra un treno lanciato a tutta velocità contro un muro senza nessuno ai comandi. Quello che lascia disarmati è infatti vedere come miopi interessi locali, fondati anche su preconcetti o informazioni falsate, prevalgano sull’interesse nazionale e sulla salute di tutti. Tanti cittadini italiani, dai napoletani ai romani passando per i vari casi di città più piccole, hanno vissuto sulla loro pelle la fragilità del nostro Paese di gestire la spazzatura. Cassonetti stracolmi, miasmi, abbandoni di materassi e simili un po’ ovunque e vere e proprie discariche abusive hanno riempito occhi e riempiono cronache. Tutto questo perché, tranne alcune eccezioni come Milano che la crisi-spazzatura l’ha affrontata, e risolta, oltre 30 anni fa, in Italia non si è mai fatta programmazione e si sono sempre privilegiate soluzioni tampone che, magari,
non scontentassero l’elettorato locale.

Da Nord a Sud e da destra a sinistra tutti o quasi si oppongono ogni qual volta si ventila l’ipotesi della costruzione di un inceneritore o di un qualsiasi impianto del genere. Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti è stato addirittura espulso dal Movimento 5 Stelle per questo. Si oppongono per ragioni di tutela dell’ambiente e del paesaggio, persino quando l’impianto in questione deve essere costruito a fianco di una raffineria Q8. ‘Avrebbe compromesso il delicato ecosistema’ e quindi niente da fare. E allora via alle soluzioni alternative fatte di escamotage per spedire la spazzatura nelle altre regioni (è il caso di Roma ad esempio) o all’estero o peggio per metterla in discarica. Peccato però che i prezzi salgano sempre più, che non sempre ci sarà qualcuno disposto a prendersi in carico i nostri rifiuti e che le discariche siano colme.

Così, dove lo Stato fallisce, s’inserisce la criminalità che offe servizi di smaltimento rifiuti a basso costo. Anche se con un costo altissimo per la salute oltre che per l’ambiente. Nascono anche così le discariche abusive, da quelle piccole sino alla ‘terra dei fuochi’. E a proposito di fuochi, dove non arriva la criminalità arriva il caso. Nelle discariche colme o negli impianti di stoccaggio altrettanto colmi come nelle discariche abusive un incendio può essere appiccato o può scoppiare con grande facilità proprio in virtù dei materiali presenti. Negli ultimi anni il numero di questo tipo di incendi è cresciuto, tanto. E a rimetterci è l’ambiente e anche tutti quelli che magari non volevano l’inceneritore. L’incendio che si è sviluppato nel deposito di rifiuti Ipb di Quarto Oggiaro, ad esempio, dove erano
state accatastate 16mila tonnellate di residui plastici e di altri residui, può aver prodotto tante polveri quante ne potrebbero emettere tutti gli inceneritori italiani in 2.700 anni di funzionamento.

E la differenziata? In Italia se ne fa tanta, ma non è la soluzione. O almeno non potrà essere fino a quando il mercato dei materiali riciclati non crescerà. Buona parte della plastica, del vetro e della carta riciclata oggi infatti non trovano aziende che li acquistino. Restando stoccati nei depositi. Più o meno come dei rifiuti.

Alessandro Camilli