A meno che non stia utilizzando la sua stampante personale, cosa per altro improbabile, dove il vicepremier nonché ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico abbia mandato a stampare 5 barra 6 milioni di "carte di cittadinanza" non è chiaro.

Luigi Di Maio ha detto in tv (ai microfoni di La7) di, testualmente, "aver dato mandato a stampare" le tessere che serviranno per il reddito di cittadinanza. Tralasciando che la Manovra e le regole per il succitato reddito sono ancora in divenire, interpellate sul tema stampa, Inps, Poste e banche, i soggetti che dell’erogazione del reddito saranno i protagonisti pratici, hanno detto di non saperne nulla.

L’apertura dell’altra metà del governo ad una riduzione del deficit previsto in manovra, quella metà che va sotto il nome dell’altro vicepremier nonché ministro dell’Interno Matteo Salvini, è fresca di giornata o quasi. Apertura che dà la misura di come siano ancora da definire non solo l’applicazione pratica, ma anche la natura teorico legislativa del reddito caro ai 5Stelle. Eppure, nonostante tutto, Di Maio asserisce di aver già inaugurato la fase pratica del reddito attraverso la "carta di cittadinanza", nome non originalissimo per la card che permetterà di riceverlo.

Di promesse e di annunci mancati o mendaci del vicepremier grillino ne sono piene le cronache, non si può però non credere a priori ad un ministro della Repubblica e così, giustamente, il Corriere della Sera si è preso la briga di verificare l’annuncio dato a Piazzapulita. E lo ha fatto andando a vedere se questo mandato alle stampe era stato ricevuto o condiviso con i soggetti che del reddito di cittadinanza e della sua erogazione saranno la prima linea.

Innanzitutto l’Inps che, evidentemente, sulla base del profilo delineato dalla norma individuerà i nomi dei contribuenti che ne avranno diritto, come fu per la Carta relativa al Reddito d’inclusione, introdotto dal governo di sinistra e caricata automaticamente proprio dall’Inps in base al reddito e alle caratteristiche del nucleo familiare dei contribuenti. Ma l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha smentito di essere a conoscenza di card in stampa e di non aver ancora assolutamente i nomi di chi rientrerà nei limiti per aver accesso al reddito.

Quindi se la stampa c’è, è stampa senza nomi, di carte cioè ancora da assegnare e in qualche modo vergini. Secondo interlocutore le Poste Italiane, che del reddito d’inclusione furono materialmente quelli che stamparono la carta relativa con tanto di marchio impresso, ma stesso esito che con Inps. Esiste un tavolo tecnico aperto sul tema, ma nulla più. Niente stampa e niente tessera quindi, almeno per ora e almeno da Poste. Nulla esclude che arriveranno in futuro o che non se ne occuperà Poste ma il mistero delle carte date alla stampa, fino a chiarimenti, resta.

In ultimo, non per importanza ma sulla falsariga di un percorso pratico che dall’individuazione dei destinatari passa per la creazione delle strumento (la card appunto) per arrivare all’erogazione vera e propria del denaro, le banche. Banche che non sono solo quelle che materialmente erogheranno il denaro attraverso bancomat e sportelli, ma che sono anche le titolari delle convenzioni che quelle card dovrebbero rendere fruibili. Banalmente infatti anche solo per l’utilizzo della carta per gli acquisti negli esercizi commerciali è necessario l’utilizzo di un circuito convenzionato, circuito che è, appunto, quello delle banche.

E anche in questo caso su notizie di carte date alle stampe non c’è conferma. Allora, a meno che il vicepremier Di Maio non abbia inaugurato un nuovo capitolo della democrazia diretta dando il compito della stampa ad ogni singolo contribuente che potrà comodamente usare la stampante di casa o del tabaccaio vicino casa, o che invece abbia affidato il compito alla prodigiosa piattaforma Rousseau, dovremmo dedurre di essere di fronte alla solita sparata.