Antonio Di Maio video su Facebook, Antonio Di Maio che legge lettera di scuse. Da dovunque la giri, da qualunque verso la lettera la giri, la ascolti, la leggi e rileggi è una lettera storta. A cominciare dall’elenco e dalla gerarchia delle scuse.

Antonio Di Maio si scusa prima con se stesso, per gli errori fatti, li chiama errori. Poi in ordine di importanza si scusa con la famiglia per i "dispiaceri" che le ha procurato, con tutta evidenza il dispiacere di essere finiti sui giornali come una famiglia con il papà, e non solo, che da tempo si arrangia marciando a cavallo delle leggi vigenti. Infine e solo infine Antonio Di Maio si scusa "anche con gli operai che hanno lavorato senza contratto per la mia azienda".

Come minimo c’è un "anche" di troppo. Quelli che Antonio Di Maio ha fatto lavorare in nero erano e sono i primi con cui doveva scusarsi. Perché pagare a nero non è "errore" come graziosamente Antonio Di Maio lo battezza. Non è errore, è reato. E a volerla dire tutta e piena pagare a nero è anche sfruttamento. Ma Antonio di Maio con chi ha fatto lavorare a nero si scusa per ultimi e "anche" con loro. L’inversione dei destinatari delle scuse non è, per dirla alla Antonio Di Maio, errore. Non c’è caso in questo elenco del con chi scusarsi, c’è scelta. La gerarchia con se stesso in testa e la famiglia a seguire e il resto "anche" è voluta e pensata.

Ci si scusa con se stessi derubricando ad errore la violazione delle regole. Errore è parola dolce ed ecumenica, chi è che non sbaglia? Errore sarebbe però, tanto per stare in tema, sbagliare l’importo delle buste paga. Decidere di mettere un po’ di salario in busta e pagarci i contributi e l’altro del salario in contanti e bocca chiusa e niente contributi e tasse non è errore, è scelta. Ma dire errore è declinare uno dei comandamenti del civismo al tempo dei cittadini indignati: mai, mai assumersi una responsabilità o riconoscere come tale la propria responsabilità.

Io ho pagato a nero? Sì, ma è stato errore. E lo riconosco come errore. Quindi, pace. Dite che lo riconosco come errore guarda caso dopo che è stato da altri scoperto? Ma allora volete rovinare la gente! Ci si scusa dunque prima con se stessi declinando ogni responsabilità, non sia mai. E poi con la famiglia. E poi, molto poi, con il resto del mondo. Ai tempi si scrisse a proposito della cultura civica e civile spesso dominante in Italia di familismo. Familismo, cos’è? Eccolo qua. La famiglia non solo primo ma anche unico orizzonte e bussola. Economico e morale. Infatti coerentemente Antonio Di Maio: "L’ho fatto per non far mancare nulla alla mia famiglia". Invoca comprensione per aver scelto di far mancare qualcosa, non poco, i loro diritti, a chi lavorava per lui pur di non far mancare nulla alla "mia" famiglia.

Altro che prima gli italiani, qui siamo a prima ai consanguinei. E non solo prima…se l’interesse della famiglia comanda che quello degli altri vada in malora. È talmente convinto e sicuro della sua etica Antonio Di Maio che chiama a sostegno complice: "Molti papà mi capiscono". La favola narrata è chiara e anche la morale: "Nei periodi difficili…la crisi…non volevo perdere la stima dei figli".

Stima dei figli che in questa dimensione si perde se fai mancare qualcosa. Non si perde invece se fai lavorare in nero. Ma Antonio Di Maio ha altro da dire, altro compito da affidare alla sua lettera: scagionare, proteggere Luigi Di Maio. "Non sapeva nulla, non ho mai detto nulla. L’onestà di Luigi è enorme". "Io sono solo un piccolo imprenditore" e "Luigi è la persona più onesta".

Sono questi i due assi cardinali della lettera. E allora perché scriverla e diffonderla via Facebook? Già, il dubbio viene anche ad Antonio Di Maio che giudica "sproporzionato" il clamore e l’interesse sulla vicenda. E, come fanno ormai tutti, lamenta di essere trattato come un "pericoloso criminale". Insomma, anche la lacrima. Partito per scusarsi, Antonio Di Maio finisce per far la vittima. La prepotenza del non pagare il giusto e nei modi di legge, la famiglia come unica fonte di legge e legittimità sanate dalle scuse, e scuse che vanno prese come tombali, insomma non se ne parli più. E alla fine la lacrima della vittima, delle vittime.

Aver fregato il prossimo a vantaggio della famiglia è peccato veniale, che qualcuno lo sappia o lo dica è persecuzione. Chi ha fregato il prossimo non riesce a non commuoversi su se stesso. Ecco, questo è il video messaggio di scuse di Antonio Di Maio. Difficile immaginare non sia stato visionato e approvato e condiviso prima di essere postato. Visionato, approvato e condiviso da Luigi Di Maio figlio e vice presidente del Consiglio, da Rocco Casalino portavoce M5S di Palazzo Chigi, da Davide Casaleggio a nome piattaforma Rousseau. Nel suo piccolo, un video messaggio che è…una carta dei valori. I valori dei puri che mentre purificano e purgano anche si adattano e si acconciano.

Gli eterni valori del predicare puro ma razzolare come viene. Il valore vero della legalità: le leggi si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici. E il valore supremo, il tengo famiglia e in famiglia uno per tutti e tutti per uno e che non si fa per la famiglia. Ancora e ancora e ancora come negli anni settanta, ottanta, novanta. Come la piccola borghesia mezzo secolo fa. Ma non eravamo cambiati, non era diventato ceto medio liquido? I nomi cambiano, i valori restano.