Un network di associazioni per ottenere finanziamenti illeciti. Un altro giro di sigle per nascondere i 49 milioni della truffa ai danni dello Stato. In più, una serie di società anonime sospettate di aver avuto un ruolo nel riciclaggio, tra cui una amministrata proprio dall'attuale tesoriere leghista Giulio Centemero. Ecco tutte le piste setacciate dalla magistratura. L'Espresso di ieri, nel servizio di copertina dal titolo "Legacadabra" ricostruisce le piste calde delle tre inchieste giudiziarie attualmente in corso sulla Lega: quella della procura di Genova, che indaga per riciclaggio, e quelle dei magistrati di Bergamo e Roma, concentrati invece sul finanziamento illecito. Tutte hanno al centro i conti del partito del vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini, e provano a dare una risposta a due domande. Come riesce a finanziarsi la Lega visto che ha i conti correnti sotto sequestro? E dove sono finiti i 49 milioni? I dubbi sulla fine del tesoro padano nascono dai bilanci stessi del partito. Tra la fine del 2011 e il 2017 la Lega ha infatti speso 32 milioni di euro. I rendiconti ufficiali si limitano a dire che buona parte di questi soldi sono stati usati per "contributi ad associazioni" e "oneri diversi di gestione". Ma né Maroni né Salvini hanno mai spiegato i dettagli di quelle operazioni. E soprattutto non hanno mai reso pubblici i nomi di queste organizzazioni che hanno beneficiato dei denari padani. Ora gli investigatori della guardia di finanza del capoluogo ligure coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Pinto e dal sostituto Paola Calleri stanno cercando di risolvere l'enigma. Dall'altro lato ci sono invece le associazioni create sul modello di fondazioni politiche. Usate per incamerare finanziamenti da privati. Una di queste è l'associazione Più Voci, la cui esistenza è stata scoperta dall'Espresso molti mesi prima che diventasse di dominio pubblico con l'arresto del costruttore romano Luca Parnasi. Il quale, come l'Espresso ha rivelato nell'aprile 2018, era nella lista dei finanziatori dell'associazione leghista insieme alla catena di supermercati Esselunga. Dalla rivelazione dell'Espresso infatti è nata la seconda indagine nella Capitale con l'ipotesi di finanziamento illecito, che vede indagati sia l'attuale tesoriere leghista Centemero che il suo omologo del partito democratico, Francesco Bonifazi, dato che pure la fondazione legata al Pd ha ricevuto una donazione di Parnasi. Stesso reato ipotizzato nel fascicolo aperto dai pm di Bergamo, dove ha sede la Più Voci. Nel capoluogo orobico sono giá stati ascoltati alcuni testimoni. Oltre alla Più voci c'è poi almeno un'altra associazione finita nel mirino dei magistrati. Un'organizzazione operativa in Liguria, anche in questo caso usata per raccogliere donazioni anonime da girare poi al partito. Un altro fronte caldissimo delle indagini giudiziarie è il Lussemburgo. La settimana scorsa sono state eseguite delle perquisizioni nello studio di commercialisti di Bergamo, in via Angelo Maj 24 (stesso indirizzo della Più voci), di cui i giornalisti dell'Espresso avevano scritto nel giugno scorso nel servizio di copertina dal titolo "L'Europa offshore che piace a Salvini". A questo indirizzo hanno sede sette imprese controllate da una anonima holding lussemburghese. Sono tutte registrate presso lo studio del commercialista Alberto Di Rubba, che insieme al collega Andrea Manzoni gestisce i conti dei gruppi parlamentari della Lega. Il sospetto della procura di Genova e del nucleo di polizia tributaria della finanza del capoluogo ligure è che attraverso questa rete di aziende sia stato commesso il delitto di riciclaggio di parte dei 49 milioni, quelli incassati con la truffa sui rimborsi firmata Bossi e Belsito. C'è però un dettaglio rilevante: una delle imprese bergamasche finite nel mirino dei pm è amministrata dal tesoriere del partito, Centemero, scelto proprio da Salvini. Un'altra è gestita invece da Manzoni, professionista di fiducia di Centemero e direttore amministrativo del gruppo parlamentare alla Camera.