La Legge di Bilancio è la norma più incisiva che ogni anno viene varata dal Parlamento. I suoi contenuti condizionano, in misura spesso non reversibile, le risorse a disposizione di cittadini, famiglie, aziende, istituzioni e associazioni e determinano il posizionamento del paese nelle comunità europea e globale, sempre più interconnesse e interdipendenti. È talmente importante che i Costituenti la inserirono tra quante non possono essere sottoposte a scorciatoie nell'iter definito dall'articolo 71 della Carta: "Ogni disegno di legge presentato a una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi".

È invece accaduto che nelle ultime settimane la Costituzione sia stata calpestata, ignorata, vilipesa proprio da parte di chi nei meetup e in adunate scandite dall'urlo "Onestà! Onestà!" aveva convinto milioni di italiani di poter essere il più saldo baluardo a difesa della Carta fondamentale. Al suo fianco, la nuova feroce destra populista e nazionale, erede di quella popolare e separatista di Umberto Bossi. Né il Senato né la Camera, infatti, sono stati messi in condizione dalle rispettive maggioranze gialloverdi di esaminare, discutere, eventualmente emendare i provvedimenti proposti dal governo per l'esercizio 2019.

Il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno impedito alle minoranze di fare il proprio lavoro, non consentendo - a colpi di voti di fiducia - l'esame della Legge di Bilancio nelle commissioni né nelle aule. Il potere esecutivo incarnato nel triumvirato Conte-Di Maio-Salvini ha imposto la museruola al Parlamento senza nemmeno metterci la faccia come fece Benito Mussolini il 16 novembre 1922, quando, dopo la marcia su Roma, andò a Montecitorio a presentare il suo primo governo: "Potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto".

È giustificato parlare di golpe se si abbatte consapevolmente la separazione garantita costituzionalmente tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Se ne occuperà presto, con tutta probabilità la Consulta. Eppure, nessun cittadino può ora dire di non essere stato avvertito: non dalle opposizioni, ma dall'erede legale del fondatore e proprietario del Movimento 5 Stelle, il giovane Davide Casaleggio, che poche settimane dopo l'avvio dell'avventura grilloleghista dichiarò: "Oggi, grazie alla rete e alle tecnologie, esistono strumenti di partecipazione decisamente più democratici ed efficaci in termini di rappresentatività popolare di qualunque modello di governo novecentesco. Il superamento della democrazia rappresentativa è inevitabile".

Una dichiarazione di morte anticipata del Parlamento così spiegata dall'enigmatico imprenditore digitale: "I grandi cambiamenti sociali possono avvenire solo coinvolgendo tutti attraverso la partecipazione in prima persona e non per delega. Non servono baroni dell'intellighenzia che ci dicono cosa fare, ma persone competenti nei vari ambiti che ci chiedano verso quali obiettivi vogliamo andare e che propongano un percorso per raggiungerli. L'incompetenza è spesso la scusa per non far partecipare le persone alle scelte importanti che le riguardano".

Eppure basta una scorsa al testo approvato senza discussione di merito dal Senato e, ad ore, definitivamente varato alle stesse condizioni dalla Camera per rendersi conto che chi l'ha scritto è incompetente: basti, per tutte, la vicenda ridicola della tassazione delle Onlus, di cui Di Maio ha decretato la fine per palese assurdità prima ancora della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Solo gli effetti regressivi e pauperistici della manovra, che colpiranno a breve le imprese, i giovani e i pensionati faranno forse aprire gli occhi a quanti il 4 marzo si sono affidati a Movimento e Lega e ancora non si sono ricreduti. Potrebbe però essere troppo tardi.