Bilancio disastroso per la libertà di stampa e per i giornalisti.

Il dossier di Reporter sans frontièresWorldwide Round-up of journalist killed, detained, held hostage or missing in 2018” registra 80 giornalisti morti, 60 in ostaggio, 3 scomparsi e 348 detenuti. 

In dieci anni, il totale degli operatori dell’informazione uccisi è di 702, con due punte di 87 nel 2012 e 82 nel 2015.

Dopo tre anni di rallentamento sono riprese, in maniera più acuta, le violenze, le aggressioni, i sequestri dei professionisti dei media.

La libertà di stampa si sta deteriorando per il clima di odio contro i giornalisti che si sviluppa in tanti Paesi, compresi gli Stati Uniti che sono stati gli alfieri del giornalismo d’inchiesta come dimostrano i tanti film di successo sfornati da Hollywood e l’inchiesta Watergate entrata nella storia del giornalismo mondiale per aver provocato le dimissioni del presidente Richard Nixon.

Gli attacchi alla stampa non sono più una prerogativa dei soli Stati autoritari.

Gli esempi di non sopportazione nei confronti dei cronisti si moltiplicano ad alto livello.

Per il presidente degli Stati Uniti Donald Trump i giornalisti “sono i nemici del popolo”.

In Francia, il presidente Emmanuel Macron attribuisce alla stampa ostile la caduta dei consensi alla sua politica economica.

L’esponente radicale di sinistra Jean-Luc Melenchon ha scritto “l’odio ai media e a quelli che li animano è giusto e sano”.

In Repubblica ceca, il presidente Miloš Zeman si è presentato ad una conferenza stampa con un fintokalashnikov per i giornalisti”.

In Slovacchia, l’ex premier Robert Fico parlava dei giornalisti come “sporche prostitute anti-slovacche e semplici iene”.

Nelle Filippine, il presidente Rodrigo Duterte, parlando in un comizio ha detto che essere un giornalista non costituiva un riparo da omicidi.

A Malta è stata uccisa una giornalista semplicemente perché faceva inchieste anticorruzione.

L’eredità di Daphne Caruana Galizia è stata ora presa da 18 giornali che intendono proseguire con il “progetto Daphne” l’inchiesta della giornalista maltese assassinata. 

Prima della pubblicazione del dossier di Rsf il settimanale americanoTime” aveva messo in copertina, come uomo dell’anno, l’immagine di Jamal Khashoggi, “editorialista dissidente” saudita ucciso il 2 ottobre 2018 al Consolato saudita di Istanbul perché a Riad non piacevano i suoi articoli.

Prima di lui era toccato, il 21 febbraio, al giornalista slovacco Ján Kuciak, trucidato nella sua abitazione.

Nello stesso numero di fine anno “Time” e il suo direttore Edward Felsenthal raccontavano altri tre casi simbolici: quello della filippina Maria Ressa, fondatrice del sito “Rappler” presa di mira dal presidente Duterte; quello dei due giornalisti birmani Wa Lone e Kyaw Soe Oo in galera per aver raccontato le persecuzioni del popolo Rohingya.

Infine, l’aggressione alla redazione di “Capital Gazette ad Annapolis, nel Maryland, dove vennero uccisi 5 giornalisti.

L’odio contro i giornalisti espresso da leader politici, religiosi, business-men senza scrupoli ha denunciato il segretario di Reporter sans frontières Christophe Delpore “ha conseguenze drammatiche sul terreno e si produce in un accrescimento inquietante degli abusi e delle violenze nei confronti degli operatori dei media”. Anche l’Italia ha contribuito ad allungare l’elenco delle vittime.

Durante l’attacco al mercatino di Natale di Strasburgo, uno dei più amati e frequentati, è stato prima ferito e poi è morto il 29enne giornalista radiofonico italiano Antonio Megalizzi, che si trovava nella città francese, con due colleghe, per la diretta dal Parlamento Ue.

di Sergio Menicucci