DI STEFANO CASINI

Per vari paesi del mondo, o forse per tutto il mondo, il 2019 sarà un anno difficile e in certi casi molto difficile, specialmente per l’America Latina.

Elezioni in Argentina con una CFK che, nei sondaggi, ha la meglio su un secondo governo Macri, una Venezuela senza soluzioni imminenti, un Brasile che “prova” un nuovo governo di destra che ha fatto promesse “tipo Trump” e l’Uruguay che, dopo 15 anni di governi di sinistra, vive una sfida molto grande nelle decisioni finali.

LA CRISI URUGUAIANA

Anche se il Ministero delle Finanze uruguaiano continua a dire che il paese va a gonfie vele, un deficit fiscale di 4,1%, una discesa delle entrate per il Turismo del 30%, un’attività agricola stagnante, attività commerciale ai minimi termini, l’aumento della disoccupazione e gli investimenti, nonché tasse altissime attraverso tariffe pubbliche molto elevate, mettono in condizione l’attuale governo di dover prendere decisioni drastiche per non lasciare il paese in condizioni deplorevoli nel 2020. Il deficit fiscale è, senza dubbio, il tema più delicato.

GRAZIE A SAN DANILO

Essendo l’Uruguay, assieme al Cile, l’unico paese latinoamericano con un “investment grade” positivo, fino ad oggi, le strategie del miglior Ministro dell’Economia del continente Danilo Astori, hanno dato ottimi risultati, tant'è vero che, l’ultima emissione di bonds, ha avuto una richiesta 5 volte superiore alla stessa emissione. Comunque, in un paese cosí piccolo, dove il solo fatto di piazzare una seconda pianta di cellulosa da parte della compagnia UPM, significa un aumento del PIL di quasi il 5%, è tutto più facile per cercare di far tornare i conti.

UN COMBO MICIDIALE

Ma il grande debito estero, i prezzi in ribasso dei “comodities” e le crisi regionali di Argentina e Brasile, hanno messo in condizioni Astori a dover mantenere una moneta forte per mantenere l’investment grade. Questa decisione ha fatto perdere competitività per i propri prodotti ed il fenomeno è entrato a far parte della politica interna, una volta che si è formato un movimento apolitico trasversale come “Un Solo Uruguay”, formato da piccoli e mediani produttori agricoli che non riescono a pagare i propri debiti perché i costi operativi superano le risorse prodotte dalla vendita dei prodotti.

“CRISIS QUE MATAN”

La politica ci insegna che qualsiasi crisi economica è il peggiore nemico di un governo in carica. La gente si dimentica presto dei “tempi migliori” e rivendica le promesse di campagna elettorale. Lo stesso Presidente Tabarè Vázquez, quando assunse per la seconda volta la prima magistratura del paese, promesse di non toccare le tasse. Ma non ha potuto compiere la promessa e la gente comincia a lamentarsi. Nel 2014, durante le precedenti elezioni politiche, il Frente Amplio aveva sondaggi positivi a oltre il 40%, mentre oggi ha perso ben 10 punti. È vero anche che sono intervenuti fattori esterni per provocare crisi, ma è anche vero che sono nati o cresciuti partiti politici che stanno avanzando verso una specie di accordo per superare l’attuale governo nelle elezioni di fine anno. Quando, nel 1999 Jorge Batlle assunse la Presidenza, dovette navigare nelle acque tormentose della crisi finanziaria continentale del 2002, anche se fu superata con un’ottima pagella ed il paese preso in mano dal FA nel 2005, era un paese in crescita. Ma fu proprio la crisi che lasciò il partito più vincente della storia uruguaiana, il Partido Colorado, a meno del 10%!

Oggi le condizioni sono diverse, il paese sta male ma non ha l’acqua al collo. In ogni caso, questa profonda crisi economica, potrebbe dare la possibilità al Partido Nacional, con l’aiuto di un “quasi sicuro” ballottaggio, di avvicendarsi dal 2020 al 2024. Si vedrà... Comunque tutto è possibile. Ciò che è sicuro, che, chi vinca, avrà un cammino difficile.

STEFANO CASINI