DI CARMINE IPPOLITO
Nella recente storia d'Italia alligna un tremendo olocausto. La nostra catastrofe umanitaria si chiama foibe istriane: si tratta di crepacci, cavità carsiche dove, sul finire del secondo conflitto mondiale, sono stati gettati a marcire, per lo più ancora vivi, dai 12mila a 15mila italiani. Furono massacrati per mano dei comunisti jugoslavi di Tito. I “Titini” furono orgogliosamente fiancheggiati dai comunisti italiani. I post comunisti, oggi, predicano l'accoglienza in Italia dei migranti e dei profughi stranieri, quale cifra prioritaria delle residue ragioni della loro esistenza politica. Nei confronti dei profughi italiani non manifestarono però analogo slancio umanitario. L'Unità, organo del Pci, del 30 novembre 1946, a proposito dell'esodo dei profughi dalmati, giuliani e istriani, scriveva: "Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città... Non meritano davvero la nostra solidarietà, né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già scarsi...". Eppure non si trattava soltanto di italiani, ma di uomini, donne, bambini cacciati dalle loro terre, ed in fuga da una spietata persecuzione etnica nazionale. È dimostrato anche che i contatti tra Palmiro Togliatti e gli sterminatori erano costanti. Nei confronti degli italiani i comunisti, in nome delle progressive sorti del proletariato, non seppero e non vollero restare umani. Nei confronti di tale olocausto alligna ancora un omertoso silenzio. Sono ancora in tanti a voler coprire le complicità evidenti dei comunisti, e di una parte dei partigiani italiani, nella scientifica perpetrazione di questo orrendo massacro. Ancora oggi i giornali si guardano bene dal riferire che i partigiani di Tito erano comunisti e che si resero autori dell'eccidio degli italiani non solo per ragioni ideologiche, ma anche per odio etnico. I processi agli infoibatori sono stati, peraltro, tutti insabbiati o finiti nel nulla. Migliaia, invece, furono le pensioni elargite dallo Stato italiano ai responsabili di tali crimini. Le famiglie delle vittime non hanno mai ricevuto invece alcun beneficio dallo Stato. Di recente è andato in onda sui canali Rai il film “Rosso Istria” (Red Land), un primo squarcio sulla drammatica vicenda. Viene narrata la storia della famiglia di una studentessa istriana, Norma Cossetto, uccisa dai partigiani istriani nel 1943 nei pressi della foiba di Villa Surani. Nel film la drammatica vicenda della ragazza viene rievocata in termini molto meno cruenti di quanto realmente accadde. Il padre di Norma era un dirigente locale del Pnf, ed era stato anche podestà di Visinada. Per catturarlo i partigiani jugoslavi arrestarono Norma. La ragazza si rifiutò di aderire alle bande di partigiani. Venne condotta, allora, presso un’ex caserma della Guardia di Finanza. Quando Visinada fu occupata dai tedeschi, Norma fu tradotta, insieme ad altri prigionieri, presso la scuola di Antignana dove fu ristretta dai suoi aguzzini separatamente dagli altri deportati. Venne tenuta legata ad un tavolo e barbaramente oltraggiata da 17 comunisti jugoslavi. Successivamente venne condotta sul ciglio della foiba, e dopo essere stata nuovamente abusata sul posto insieme ad altre due donne, fu legata con il fil di ferro agli altri prigionieri e gettata insieme a loro nel cupo crepaccio, profondo all'incirca 130 metri. Il padre, rientrato da Trieste, per cercare informazioni sulla figlia, fu massacrato in un agguato e gettato dai partigiani in un'altra foiba. Il corpo di Norma venne ritrovato, senza vita, all'interno della foiba qualche giorno dopo. Le erano stati amputati i seni ed era stata penetrata ancora nella vagina con un bastone di legno. Queste erano le condizioni in cui la ritrovarono i vigili del fuoco il 10 dicembre 1943, lo stesso giorno in cui l'esercito tedesco occupò l'Istria nel corso dell'operazione nubifragio. La sorella di Norma, Licia Cossetto, denunciò ai tedeschi l'accaduto. Questi ultimi individuarono ed arrestarono tutti i responsabili delle abominevoli sevizie e li costrinsero a vegliare tutta la notte gli irriconoscibili resti mortali della ragazza da loro abusata. Tre di questi, nel corso della veglia notturna, impazzirono. Furono tutti fucilati all'alba. L'epilogo non rese comunque giustizia della loro abominevole colpa: avrebbero meritato il linciaggio.
Ps.: Il film, che rende l'idea di quello che in effetti realmente accadde, la storia comunque non la racconta tutta. Di fronte alla crudele efferatezza razziale ed etnica dei comunisti titini, la Wermacht, infatti sarebbe giustamente assurta a dignità di esercito di liberazione: per dalmati, istriani e giuliani, non sovvennero infatti mai gli americani.