Gente d'Italia

Educazione: una pesante realtà uruguaiana

Purtroppo le cifre parlano chiaro e lo slogan di “Educación, Educación, Educación” dell’ex primo cittadino Pepe Mujica quando assunse la prima magistratura, resta come un melanconico richiamo e nient’altro.

L’attuale situazione dell’educazione pubblica e privata del paese lascia una popolazione con il gusto amaro. I livelli di disuguaglianza educativa in Uruguay sono tra i più alti in America Latina. I giovani poveri dell'Argentina e del Cile hanno tassi di laurea molto più alti rispetto alla borghesia uruguaiana, mentre, fino agli anni ’80, l’Uruguay era il paese più alfabetizzato dell’America Latina.

Il sociologo De Armas, in un programma radiofonico ha sottolineato "Se prendiamo il tasso medio di istruzione secondaria superiore nei quartieri a reddito più elevato di Montevideo, è circa l'81%. Al contrario, nei quattro quartieri a basso reddito di Montevideo, in media, finisce l'11%. Questo divario tra i più ricchi e i più poveri è uno dei più grandi osservati in tutta l'America Latina”.

Sempre secondo uno studio privato realizzato con la collaborazione di De Armas: “I giovani che non vivono in povertà in Uruguay hanno livelli di completamento dell'istruzione secondaria superiore a quelli dei giovani che vivono in povertà in Argentina e Cile, ma, se prendiamo la popolazione dai 20 ai 24 anni in Cile, in una situazione di povertà, il 60% di loro finisce l'istruzione superiore e questo è un grosso handicap". In Argentina il 42% dei bambini ad alto rischio socio-economico, finiscono le scuole pre-universitarie, mentre in Uruguay, soltanto il 36% a rischio medio, ossia non in stato di povertà, finisce il ciclo basico d’insegnamento. In Uruguay, soltanto il 6% dei bambini in stato di povertá conclude gli studi.

Complementa De Armas: “Mentre è vero che l'Uruguay ha fatto uno sforzo molto importante per aumentare la spesa pubblica per quanto riguarda l'istruzione, l'istruzione di base e la secondaria, se guardiamo l'evoluzione lungo nel ventesimo secolo, possiamo facilmente notare che nella seconda metà di quel secolo l'investimento nell'educazione crebbe a un tasso inferiore a quello richiesto dalla società. Tra il 1912 e il 2008, mentre la popolazione studentesca si è moltiplicata per 33 in relazione alla popolazione totale del paese, il numero di scuole superiori si è moltiplicato per 22 e la spesa pubblica per l'istruzione secondaria in percentuale del PIL si è moltiplicata per 11 ".

Sono numeri pazzeschi per un paese che, per quasi un secolo, è stato il faro dell’insegnamento pubblico e privato dell’America Latina. Questo preoccupa il governo, ma, evidentemente, preoccupa più l’opposizione.

Il documento presentato da De Armas è molto accurato. Secondo lo stesso, “...la maggior parte dei giovani afferma di aver lasciato il liceo per ragioni educative e non per ragioni personali o contesto socio-economico. Danno risposte tipo che l'educazione non interessa loro, che credono che non sarebbero in grado di studiare o che non avrebbero la capacità di continuare a studiare. Hanno detto che le cose che insegnano non funzionano per loro. Hanno dato ragioni che si riferiscono all'universo delle variabili educative, non a ragioni economiche o socioeconomiche. Ad esempio, il lavoro degli adolescenti, risorse insufficienti per accedere all'istruzione o motivi personali come formare una famiglia o rimanere incinta. Questi tipi di risposte appaiono ma il resto delle risposte si riferisce ai fenomeni educativi” – secondo il documento.

Intanto Adriana Aristimuño, Dressa. In Scienze dell’Educazione e professoressa dell’Università Cattolica, sostiene che non è tanto grave che soltanto il 21% dei giovani finisce il liceo, ma che, dall’anno 2003 il paese retrocede in tutte le percentuali di eccellenza educativa. Secondo questa professoressa è gravissimo che, nella classe media uruguaiana, soltanto il 65% dei ragazzi finisce il Liceo, contro percentuali di obbligatorietà simili in tutti gli altri paesi sudamericani

di Stefano Casini

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