Ampiamente previsto da un bel po’ di tempo, adesso è arrivata la conferma: per la prima volta nella sua storia, l’Uruguay ha esportato più legno che carne. I dati appena pubblicati dall’istituto Uruguay XXI relativi alle esportazioni del 2018 raccontano di un paese che sta vivendo profondi cambiamenti scommettendo fortemente sul settore forestale.

A farne le spese, seppur solo in forma simbolica, è la storica industria della carne che perde il suo tradizionale primato nonostante continui a ricoprire ancora un ruolo fondamentale nel tessuto socioeconomico. Nell’anno appena concluso le esportazioni di prodotti forestali tra cui cellulosa, legno di pino e di eucalipto, hanno raggiunto vendite dal valore di 1.660 milioni di dollari schizzando a un +25 % rispetto al 2017.

Con una fetta del 24%, rappresentano quasi una quarte parte di tutto ciò che l’Uruguay vende nel mondo. Al secondo posto troviamo la carne bovina con un valore 1.629 milioni di dollari che ha registrato un aumento dell’8% rispetto al 2017. Seguono i latticini che -con 682 milioni di dollari- hanno ottenuto una forte crescita del 16%.

Se da un lato il legno ha fortemente trascinato le esportazioni uruguaiane rimaste pressoché uguali a quelle del 2017, dall’altro la soia (con i suoi 526 milioni di dollari) è la vera grande sconfitta con un crollo vertiginosamente del 56% per un’annata maledetta dovuta ai problemi causati dalla siccità.

In questo scenario di profondo cambiamento all’interno delle esportazioni con lo storico sorpasso del settore forestale, c’è però una particolarità che deve essere sottolineata: come riporta il documento di Uruguay XXI, a dividersi il mercato sono le due grandi multinazionali Upm e Montes del Plata che hanno concentrato nelle loro mani il 78% delle vendite.

La prima è una compagnia finlandese che nei prossimi anni inaugurerà il suo secondo mega impianto, la seconda è il frutto di una fusione tra un gruppo cileno e un gruppo svedese e finlandese. Da tempo, infatti, il Governo uruguaiano promuove gli investimenti esteri in questo settore offrendo una serie di benefici.

Secondo i dati del Banco de Previsión Social, in Uruguay il settore forestale conta attualmente con più di 17mila lavoratori per 1.770 aziende, tra queste il 92% sono piccole e medie imprese. Tra i fattori che hanno influenzato il boom della vendita di cellulosa uruguaiana nel mondo c’è soprattutto l’aumento del prezzo medio cresciuto del 30% che ha compensato la diminuzione del 5% nel volume esportato.

Tra le destinazioni principali al primo posto c’è l’Unione Europea che ha raddoppiato la domanda comprando quasi la metà della produzione totale seguita dalla Cina e dagli Stati Uniti, rispettivamente con il 35% e il 9%. Nella classifica delle nazioni maggiormente interessate l’Italia si è piazzata al terzo posto dietro Cina e Paesi Bassi.

Matteo Forciniti