Ma la Tav s'ha da fare si o no? Dopo il rinvio di sei mesi di ogni decisione, ottenuto con la lettera del premier Giuseppe Conte a Telt, ci prova Giancarlo Giorgetti a fare chiarezza sull'argomento. Intervistato da Lucia Annunziata, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio spiega che la missiva firmata dall'inquilino di palazzo Chigi ha ottenuto come primo effetto quello di aprire una discussione con i vicini francesi: "Conte vuole ridiscutere il progetto, non escluderlo, ma rivederlo con le autorità transalpine", spiega l'esponente del governo. "L'analisi costi benefici - aggiunge - va discussa con Parigi che dovrà valutare come continuare l'opera". La Francia, dunque. Ma non solo quella. Sì, perché il sottosegretario leghista, uomo forte di Salvini, chiama in causa prima Bruxelles che, a suo dire, dovrebbe aiutare l'Italia la quale, a differenza di altri paesi, "per realizzare un'opera di questo genere deve scavare sotto le Alpi", e poi anche il Parlamento. Le due Camere, dunque, perché Giorgetti riconosce a Palazzo Madama e a Montecitorio l'ultima parola sul nodo Alta Velocità: "Per fermare la Tav serve una ratifica da parte del Parlamento, non la decide né governo, né il presidente del Consiglio" chiarisce Giorgetti. Oltre alle due Camere, tuttavia, si potrebbe anche interpellare gli italiani stessi. L'esponente del Carroccio non lo dice apertamente, ma l'opzione referendum è sempre ben presente sul tavolo ed è lui stesso ad ammetterlo: "Io ho ammirazione per gli svizzeri che questi problemi li hanno risolti in passato con i referendum".

Da un versante all'altro dell'esecutivo, tocca poi a Luigi Di Maio dire la sua. Al Villaggio Rousseau di Milano, il ministro del Lavoro interviene prima sul governo destinato, a suo dire, a durare "altri quattro anni", e poi sulle infrastrutture che vanno fatte "siano esse grandi, medie e piccole, digitali e fisiche". Poi, incalzato dai cronisti, rilancia: "Tutto ciò che dobbiamo affrontare nei prossimi mesi lo affronteremo e non lo rimanderemo. Quello che c'è scritto nel contratto lo vedrete nei prossimi giorni". Ma sulla Tav, alla fine, chi ha vinto? "Non è una partita di calcio" si affretta a precisare il vicepremier che poi sbotta: "qui stiamo parlando di governare un Paese, quindi basta col folklore, con chi ha vinto e con chi ha perso".

Eppure, le reazioni alla mossa di Conte sembrano far propendere, se non per una vittoria, almeno per un "pareggio". "Quella sulla Tav è una inguardabile melina per il pareggio, cioè per salvare il patto di potere tra Salvini Di Maio. Il nulla sulla Tav corrisponde al nulla per fronteggiare la recessione", è il parere del segretario di +Europa, Benedetto della Vedova. "Tutti esultano, ma nessuno può festeggiare, perché hanno perso tutti: sono usciti da un tunnel ma sono entrati in un altro ancora più buio", commenta la presidente dei senatori di Fi, Anna Maria Bernini mentre per l'ex premier Matteo Renzi, più che davanti a una partita di calcio, ci si trova davanti a un film di Mario Monicelli: "sembra di guardare 'Amici Miei', è una supercazzola".