Da anni, c'è un movimento costante in atto. Di svuotamento dei piccoli comuni, soprattutto montani o a vocazione agricola. Le scuole chiudono, per mancanza di bambini; le banche spostano gli sportelli; il trasporto pubblico è problematico, quando non inesistente. Le amministrazioni provano a condividere i servizi tra più comuni, ma i referendum per le fusioni sono quasi sempre stati bocciati dagli abitanti.

C'è un'Italia minore per dimensioni, che lotta per non sparire. Un mondo poco noto, richiamato dalla protesta dei pastori sardi, che "diventa idealmente la protesta di tutta l'Italia rurale che non trova spazi nelle politiche né italiane né comunitarie. Un'Italia che sta sparendo, ma se sparisce quest'Italia - avverte il delegato Anci per i piccoli comuni, Massimo Castelli - sparisce il senso della nazione". E a salvare questo piccolo mondo antico "non sarà il reddito di cittadinanza", concordano più sindaci, ma "iniziative, per richiamare altri abitanti: mettendo a disposizione le case abbandonate o accordando incentivi fiscali, per aziende e nuovi residenti. Come la tassazione ridotta, introdotta nella legge di Bilancio 2019, per chi trasferisce la residenza dall'estero nei paesi del Mezzogiorno. E soprattutto servizi. La parola d'ordine è "trasformare i limiti, come l'isolamento, in opportunità per turisti e nuovi abitanti".

NUMERI

Il dato peggiore a Roio del Sangro, in provincia di Chieti. O a Marcetelli, nel rietino, dove lo spopolamento ha superato la percentuale dell'81%. E ora gli abitanti sono meno di 100. Ma da Nord a Sud, sono tantissimi i piccoli comuni che dal 1971 al 2015 - ultima rilevazione Anci, sulla base di dati Istat – hanno perso più della metà dei loro residenti. Ben 115 registrano un tasso di spopolamento superiore del 60%. Si va dall'abruzzese Secinaro, al piemontese Calstelmagno, a Bagnoli del Trigno in provincia di Isernia. Ci sono sia paesi dell'estremo nord – da Ligosollu a Savogna o Drenchia in Friuli Venezia Giulia – ai borghi dell'estrema propaggine dello Stivale: Castroreggio o Staiti in Calabria o Soddì, Patru in Sardegna o ancora Fondachelli e Castelvecchio siculo in Siclia. Tutti hanno perso più della metà delle persone, in meno di mezzo secolo. Un quadro su cui anche il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha più volte posto l'attenzione, denunciando come "lo Stato appaia in ritirata da questi territori".

ANCI PICCOLI COMUNI

"Siamo fiduciosi, perché abbiamo cominciato a vedere che alcune battaglie hanno portato a dei cambiamenti sulla visione della questione", riflette il delegato Anci per i piccoli comuni, Massimo Castelli, primo cittadino di Cerignale, 123 anime nel piacentino. "Ma ad agosto siamo mille- sorride. La decrescita è iniziata, come un po' ovunque, dopo le guerre mondiali, quando gli agricoltori si sono ritrovati a fare gli operai nelle città e si davano anche contributi per vendere il bestiame", ricorda. Nel suo paese, le scuole sono state chiuse, la più vicina è a 23 km, mentre il primo ospedale ne dista 70. Qui l'ufficio postale è aperto solo due giorni a settimana. "Ma dopo una battaglia di Anci e dopo il cambio di managment, Poste ha bloccato la chiusura degli uffici nei piccoli comuni e anzi sta investendo". In realtà, così come in quasi tutti i piccoli comuni, "il problema oltre all'isolamento – elenca il sindaco - sono anche le terre abbandonate, per cui si perdono superfici in produzione da secoli e si perde il paesaggio. Per non parlare del rischio idrogeologico. Ma perché non è mai rimasto nulla sul territorio delle risorse primarie, che soprattutto dalla montagna derivano, a cominciare dall'acqua?", si chiede Castelli.

TECNOLOGIA

La prima sfida riguarda il superamento del gap digitale. E l'orizzonte della svolta dovrebbe essere 2021-22, quando Open Fiber, grazie a finanziamenti soprattutto comunitari, dovrebbe aver portato "internet ad alta velocità" in modo capillare nel 90% del Paese. "Questo permetterà di superare le distanze fisiche e in tempi di smart working, consentire a chiunque di guardare la montagna dalla finestra, ma interloquire con il resto del mondo", progetta Castelli. Già un migliaio i cantieri aperti in quelle che in gergo tecnico vengono definite "aree a fallimento di mercato", dove cioè non c'è convenienza finanziaria. E altri ancora dovrebbero essere avviati nel 2019, con l'obiettivo di portare la fibra in 7mila Comuni. Poi spetterà al sistema Paese realizzare le condizioni, perché cittadini e aziende possano usufruire di questa rete.

AGENDA CONTROESODO

Quello che a gran voce i piccoli comuni invocano è "una politica nazionale, per il sistema locale". L'Anci ha stilato un' "agenda del controesodo" per invertire il flusso delle partenze e portare nuove famiglie in quelle aree non urbane, comuni interni, periferici, rurali, di piccole dimensioni demografiche - che però, a fronte dei disagi possono offrire qualità della vita e diventare motivo di attrazione. Per turisti e per fuori usciti della città. In Italia, esiste già - in via sperimentale - una strategia nazionale per le aree interne, rivolta a 1.000 dei 4.000 piccoli Comuni che rientrano in questa definizione. Obiettivo, da una parte rafforzare le infrastrutture - per potenziare i servizi fondamentali, dalla scuola alla salute alla mobilità; dall'altra fare da leva per gli investimenti. E dalla fiscalità di vantaggio, agli incentivi per le attività economiche, ai programmi di sviluppo rurale, sono molte le misure, che potrebbero rientrare nel piano a tutela di queste aree. E c'è un punto su cui molti sindaci insistono: far restare qualcosa sul territorio delle tante risorse fondamentali, che arrivano proprio dall'entroterra, a cominciare dall'acqua che poi serve gli acquedotti delle città. Nella scorsa legislatura, dopo 15 anni di battaglie, nel 2017 fu approvata una legge con una visione complessiva, per contrastare lo spopolamento.