Recentemente una legge contenuta all’interno del decreto sicurezza ha introdotto un nuovo requisito per il riconoscimento della cittadinanza italiana per matrimonio: chi ne farà richiesta dovrà dimostrare un’adeguata conoscenza della lingua, almeno di un livello B1. Tale certificazione dovrà essere consegnata nel momento in cui viene presentata la richiesta. In Uruguay l’unica sede autorizzata a svolgere l’esame internazionale è l’Istituto Italiano di Cultura che si trova a Montevideo. Il corso di preparazione per l’esame dura tre semestri, ossia quasi due anni, e per chi vive nell’interno del paese sono previsti dei corsi via Skype. Su questa nuova normativa si stanno sollevando una serie di critiche come hanno anche testimoniato gli interventi dei rappresentanti della collettività italiana nell’incontro della settimana scorsa alla Casa degli Italiani con il sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo.

Le opinioni più negative si sono concentrate sul quando, ossia sul requisito di dimostrare la conoscenza della lingua all’inizio dell’avvio della pratica e non alla fine nel momento del giuramento. Altre voci critiche si trovano però nell’interno dell’Uruguay che vive -per le peculiarità di questa nazione- il suo consueto isolamento. Può bastare il supporto della tecnologia con i corsi via Skype oppure c’è bisogno di qualcos’altro? Diverse sono le voci raccolte tra i rappresentanti delle associazioni che chiedono a gran voce un’offerta migliore. "C’è urgente bisogno di decentralizzare le cose. I corsi di italiano devono essere accessibili a tutti e non è giusto che siano solo nella capitale, devono essere organizzati anche in altre città".

Il primo a parlare è Jorge Lamela della Società Italiana di Santa Lucía nel dipartimento di Canelones. Seppur abbastanza vicino a Montevideo, a Santa Lucía si assiste a una delle situazioni più paradossali che possano esistere: questa associazione ha un accordo con l’istituto Anglo mentre per la diffusione dell’italiano non esiste niente del genere. "La realtà è che l’interno non esiste, non interessa a nessuno" ripete con amarezza Andrea Natale della Società Italiana di Colonia. Secondo lui si potrebbero fare degli "accordi tra l’Istituto Italiano di Cultura e le associazioni per l’organizzazione dei corsi ma" -riconosce- "sembra che manchi proprio la volontà. Le istituzioni italiane qui sono completamente assenti, con noi non hanno alcun tipo di contatto. Tutto è concentrato a Montevideo, qui non arriva niente".

Per Tiziano Costabel, della Famiglia Piemontese di Colonia Valdense, è "doveroso esigere una conoscenza basica della lingua e della cultura quando si richiede la cittadinanza e questo vale per tutti e non solo per le richieste di matrimonio proprio per evitare il rischio di prendere un passaporto solo per interesse". Anche secondo lui però il problema sta nelle poche possibilità che hanno le persone dell’interno dove "è abbastanza difficile studiare per preparare gli esami internazionali. Forse i corsi online potrebbero avere qualcosa di positivo ma io sinceramente nutro qualche dubbio".

Usa parole molto simili Darío Camirotti da Flores, rappresentante della locale Società Italiana: "Sono assolutamente favorevole al requisito della lingua per poter accedere alla cittadinanza, è una cosa basica, essenziale. Si dovrebbe però migliorare l’accesso ai corsi di italiano lontano da Montevideo coinvolgendo magari, oltre all’Istituto di Cultura, anche le altre istituzioni come il Casiu e la Scuola Italiana". L’interpretazione di Juan Pini, della Società Amici d’Italia di Fray Bentos, è abbastanza diversa da tutti gli altri: "Qui la lingua c’entra davvero poco, la realtà è che dall’Italia si vogliono mettere sempre più ostacoli alle richieste di cittadinanza per interesse. Quella per matrimonio è un caso molto evidente".

"Noi ci opponiamo nettamente al centralismo montevideano" sostiene con fermezza Flavio Fuccaro del Centro Culturale Italiano di Paysandú che ne approfitta per promuovere una proposta che ha in mente da tempo: "Noi mettiamo a disposizione la nostra sede per fare di Paysandú un centro regionale per l’insegnamento della lingua però abbiamo bisogno della collaborazione delle istituzioni italiane per portare avanti questo progetto". Fuccaro crede comunque che sia "necessario" dimostrare di avere "conoscenze basiche dell'Italia quando si chiede la cittadinanza, non importa se por matrimonio o per sangue proprio per evitare che diventi solo un interesse. Forse, come fanno altri paesi, si potrebbe esigere una qualche forma di partecipazione alla collettività o alle istituzioni".

"Sono totalmente contraria a questa norma" afferma Maria Teresa Galvalisi della Società Italiana di Salto spiegando che "la conoscenza della lingua forse si può richiedere al discendente italiano ma di certo non al coniuge". Altro problema segnalato è "l’esclusività dei corsi ufficiali che sono solo a Montevideo. Questo non va bene, ci dovrebbe essere qualcosa anche nell’interno e dcon prezzi più accessibili". La Galvalisi, tuttavia, plaude all’uso della tecnologia dato che "i corsi on line potrebbero aiutare a superare le distanze".

Matteo Forciniti