Chiaro il concetto di Nicola Zingaretti, da ieri eletto ufficialmente segretario del Pd nel corso dell’assemblea democratica tenutasi all’hotel Ergife di Roma. L’obiettivo principale è quello di andare giù "dalla cima della montagna" per tornare "in mezzo alle persone". "Serve un nuovo partito, dobbiamo cambiare tutto" ha detto, con nuova struttura e nuovo statuto, per arginare la salvinizzazione del Paese.
La grande partecipazione alle primarie, il "piccolo, ma significativo" aumento nei consensi che si registra negli ultimi sondaggi, per il leader dem dimostrano che il Pd c'è, "non è spezzato, né sconfitto". Insomma, un vero appello all’unità, a mettere da parte le dispute interne e lavorare per il bene comune dell’Italia. Ieri Zingaretti ha aperto metaforicamente la porta all'associazionismo, al volontariato, ai movimenti che hanno animato strade
e piazze italiane negli ultimi mesi, contro il razzismo, contro il surriscaldamento globale e contro le politiche del governo sulla famiglia, sulle donne. Una relazione durata un'ora e dieci minuti, dalla quale Zingaretti è sembrato uscire molto stanco, la camicia madida di sudore, la voce incrinata dalla fatica. Il ragionamento del 53enne governatore del Lazio parte dalla necessità di opporsi ad un "imbarazzante governo dei Ni'" e alla cultura delle destre che sta permeando il Paese e l'Europa e che rimette in discussione la stessa democrazia liberale "come luogo in cui la politica deve agire". Un compito che appare, oggi, con le destre saldamente al governo di molti Paesi europei e non solo, quanto mai proibitivo. Eppure il segretario del Pd ha invitato tutti a crederci. La sua ricetta è sempre quella del "campo largo" di centro sinistra - "da Tsipras a Macron" è lo slogan - che gli ha consentito di vincere sue volte la corsa alle regionali contro Forza Italia, Fratelli d'Italia e M5s. Passa da qui la "risposta democratica alla Lega", ma soprattutto da "un partito diverso e più inclusivo". La nuova sede nazionale sarà il ritratto di questo partito, aperto e trasparente, ma soprattutto "riformista", parola che Zingaretti non ha rinnegato, ma ha rilanciato declinandola attraverso i concetti di "giustizia sociale", "uguaglianza", "compartecipazione": la lotta alla povertà, ha detto il segretario del Pd, "è la condizione per stare meglio tutti. Il riequilibrio tra chi soffre e chi vive nel lusso interessa tutti". Per questo la priorità "è il lavoro" e la riapertura del dossier delle riforme, dopo la bocciatura referendaria del pacchetto Renzi-Boschi. Zingaretti avrà come compagni di strada (per quanto di loro competenza) Paolo Gentiloni, presidente dell'assemblea e comunemente indicato come presidente del partito, Luigi Zanda tesoriere e Debora Serracchiani e Anna Ascani vicepresidenti dell'assemblea, indicate dallo stesso Gentiloni. L'organismo dem ha poi eletto i 120 componenti della direzione nazionale, più altri 20 designati da Zingaretti.

Stefano Ghionni