Europa in crisi, colpa della austerità e del fiscal compact. Ora il falco tedesco Wolfgang Schäuble fa l’autocritica e dice: "Mi dispiace" per quei poveri Paesi del Sud Europa, termine inglese un po’ sprezzante che accomuna Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Ma ormai è troppo tardi e di fatto l’attuale presidente del Parlamento tedesco, per anni alla guida della politica fiscale e finanziaria europea, accetta il ritorno in auge del modello della Europa delle Patrie. Fu lo slogan di oltre mezzo secolo fa con cui il francese Charles De Gaulle ritardò e di fatto vanificò la formazione di un tipo di Stati Uniti d’Europa di stampo americano.

Oggi lo chiamano sovranismo, ma è quella roba lì, adattata per le masse incolte della plebe di destra e di sinistra. L’occasione è stata una intervista al quotidiano londinese Financial Times, condotta dal capo corrispondente di Berlino Guy Chazan. L’intervista, merita notare, si è svolta nel ristorante del Parlamento tedesco, al sommo del Reichstag. Siamo in uno dei posti più cari d’Europa, dopo Venezia si intende. Qui una bottiglia di acqua minerale costa 10 euro, un caffè 3,80. Qui, non nel ristorante ultramoderno, ma nel palazzo e nelle sue vicinanze, si sono compiuti eventi che hanno segnato la storia della Germania. E dell’Europa. L’incendio che segnò un punto di svolta nella marcia di Hitler verso il potere, l’occupazione da parte dell’Armata Rossa e il muro che divideva Berlino che passava a pochi metri.

Tre sono i passaggi chiave del lungo colloquio: 1) L’ammissione di avere sbagliato qualcosa con l’austerità. Lo fa alla fine dell’intervista, lo fa come un turista davanti alle rovine del Foro Romano, ma lo dice; 2) Anche se, precisa, non del tutto è vero che sia l’austerità, di cui egli è sommo sacerdote, la causa dei nostri mali presenti; 3) La colpa è nell’eccesso di immigranti; 4) E poi, alla base di tutto, c’è l’avere precipitato la imposizione dell’euro rispetto ad una effettiva e sostanziale unione politica. Sostiene Schäuble: "L’errore originale fu di provare a creare una moneta unica senza una comune politica economica, sociale e del lavoro", che fosse la stessa per tutti gli stati membri della Eurozona. I padri dell’euro erano convinti che se avessero dato la precedenza all’unione politica si sarebbe dovuto aspettare per sempre, riconosce Schäuble. Ma, aggiunge, ora, tuttavia, le prospettive che si arrivi a una unione politica più stretta sono le peggiori che siano mai state. "La costruzione della Ue si è rivelata discutibile. Si sarebbero dovuti fare molto prima passi più decisi nel senso della integrazione. Ora, per il fatto che non possiamo convincere gli stati membri a fare quei passi avanti, non si possono più fare".

Schäuble respinge anche la accusa che la austerità abbia causato la affermazione del populismo: "Un livello di spesa superiore non porta a una maggiore felicità". Sono concetti un po’ discutibili, ma è la sua opinione. Per Schäuble all’origine della crisi c’è l’immigrazione di massa e l’insicurezza che ha scatenato. Infatti, sostiene Schäuble, non c’è Paese in Europa in cui non ci sia una crisi immigranti: "Perfino in Svezia, simbolo dell’ospitalità della buona volontà della accoglienza e dell’aiuto". Schäuble ha oggi 76 anni. Viaggia in sedia a rotelle dal 2000, quando un pazzo gli sparò durante un comizio; politicamente è un resuscitato, dopo uno scandalo di finanziamento illecito raccolto per il suo partito, la Democrazia Cristiana. Fu lui, nel 1990, a firmare, per parte Germania Ovest, l’atto che portò alla unificazione delle due Germanie, 45 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. Schäuble è stato anche una costante spina nel fianco per Angela Merkel. E è diventato in Europa il falco per antonomasia, sostenitore principe della politica di austerità che, tradotta in italiano da epigoni maldestri, tanti guai ci ha provocato.

Il peggiore di tutti essendo l’affermazione del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Per capire i tedeschi, si devono sempre tenere a mente almeno due fatti: la vocazione egemone dei tedeschi, oggi sostenuta dal controllo del debito, preferibile alla Wermacht; il terrore dell’inflazione. L’inflazione galoppante, lasciata fuori controllo negli anni venti durante la Repubblica di Weimar, asfaltò la strada alla presa di potere del nazismo. Ma basta questo a giustificare il disastro che hanno fatto? Se vi guardate attorno e vi chiedete quale è il Paese al mondo che è meglio uscito dalla recessione di 10 anni fa e meglio si prepara a affrontare la prossima, non potete che rispondervi con una sigla: Usa, gli Stati Uniti d’America.

Mentre in Europa si firmava il fiscal compact passivamente, supinamente, mettendo il cappio al collo alla povera Italia, in America il presidente Barack Obama salvava aziende, evitava nuove tasse, conservava anche i benefici fiscali per i ricchi (quelli veri, non quelli da 3mila euro al mese di pensione inventati dal Pd che poi si interroga perché perde le elezioni) varati dal suo predecessore. Può bastare, per cavarsela, dire con nonchalance: "Sono rattristato, perché ho avuto un ruolo in tutto questo. E mi interrogo su come avremmo potuto fare diversamente". Per una risposta può fare una telefonata a Francoforte, all’odiato Mario Draghi.