A poco più di un mese dalle elezioni europee, ci sono ancora 97 milioni di elettori indecisi che potrebbero cambiare campo all'ultimo momento e rivelarsi decisivi per gli equilibri del prossimo Europarlamento e della legislatura Ue che si aprirà dopo il 26 maggio.

A rivelarlo è un nuovo rapporto del think tank European Council on Foreign Relations (ECFR), sulla base dei dati raccolti con un sondaggio di YouGov in 14 Stati membri che coprono l'80% dei seggi del Parlamento europeo. Secondo il rapporto, solo il 43% dei cittadini aventi diritto intende andare a votare, mentre il 57% è ancora incerto. E, tra coloro che intendono votare, il 70% non è ancora convinto da alcun partito.

L'elettorato europeo si trova in uno "stato volatile invece che polarizzato", è il commento di Mark Leonard, il direttore dell'ECFR: "fasce di elettori si muovono fluidamente tra partiti di destra e di sinistra". In Italia - dice il rapporto - potrebbe esserci "molta fluidità tra elettori 5 Stelle e Lega". In generale, secondo il rapporto dell'ECFR, solo il 9% degli elettori in Italia crede che il sistema europeo e nazionali "funzioni" contro una media del 24% in Europa. Il 22% degli italiani è scettico nei confronti del sistema politico nazionale, ma favorevoli ai valori europei, contro il 24% in media in Europa Il 49% degli eletti in Italia non hanno fiducia nei politici e nei sistemi politici a livello nazionali o europee contro una media del 38% in Europa. L'Italia registra anche una forte percentuale di elettori "nazionalisti euroscettici" - il 20% contro il 14% in Europa - i quali ritengono che il sistema politico del loro paese funzioni e vorrebbero accentrare maggiori poteri a livello nazionale. Tuttavia il tema dei migranti irregolari che entrano nel paese non è il più rilevante: secondo il rapporto dell'ECFR, gli elettori italiani sono più preoccupati per l'emigrazione che per l'immigrazione e la disoccupazione costituisce la prima preoccupazione per gli elettori italiani (47%), seguita da migrazione (32%), debito pubblico (20%) ed economia (16%). In generale - a giudizio dell'ECFR - queste potrebbero essere le prime elezioni del Parlamento europeo veramente transnazionali. I dati dei sondaggi hanno rivelato che, sebbene vi siano inevitabili dinamiche nazionali, questioni chiave a livello paneuropeo - come il cambiamento climatico, la minaccia del nazionalismo per l'UE o la capacità dell'Europa di contrastare gli Stati Uniti o la Cina - hanno maggiore spazio nella coscienza pubblica. A livello Ue, il rapporto constata che la battaglia elettorale del 2019 sarà combattuta su una serie di circoscrizioni e questioni. L'immigrazione, che è diventata l'unico terreno degli antieuropeisti, si colloca al terzo posto nell'ordine delle preoccupazioni degli elettori in tutta l'Ue, dietro il radicalismo islamico e le condizioni economiche nazionali.

Secondo l'ECFR, "questi dati sfatano il mito popolare, creato da personaggi come Steve Bannon, che le elezioni di maggio abbiano una conclusione scontata, che il loro risultato costituirà il terzo atto della storia di Trump e Brexit, e che farà suonare la campana della fine dell'Ue". Per l'ECFR, "la maggioranza degli elettori europei vuole un cambiamento, ma non dall'estrema sinistra o dall'estrema destra". I partiti tradizionali devono dunque "adattarsi al mutevole panorama politico e definire progetti coraggiosi e lungimiranti che possano risuonare e dare speranza a queste voci". "C'è ancora molto da fare per le elezioni europee", ha spiegato il direttore Mark Leonard: "secondo le nostre ricerche, gran parte dell'elettorato europeo è ancora indeciso sul modo in cui voterà. Dai nostri dati emerge chiaramente come il 'tribalismo' politico non abbia ancora preso piede in tutta Europa. Piuttosto che gravitando tra gli estremi, l'elettorato europeo è confuso - bloccato in un vortice di caleidoscopico caos - che si muove in ogni direzione, tra destra e sinistra, dai populisti e partiti tradizionali. In questo ambiente fluido c'è una reale opportunità per i partiti tradizionali di riconnettersi con gli elettori", ha concluso Leondard.

“Quattro milioni di cittadini, sessanta milioni di oriundi: quello della cosiddetta “Italia fuori dall’Italia” è un universo dalle dimensioni spesso non percepite. Una vera e propria diaspora che oggi torna faticosamente all’attenzione dei mass-media di casa nostra sulla spinta delle recenti riforme della Costituzione volte a rendere effettivo l’esercizio del diritto di voto per gli italiani residenti all’estero. E, soprattutto, in vista di scadenze elettorali che dovranno rendere concreto questo diritto.