La Gente d’Italia compie 20 anni. Lo fa alla sua maniera: informando, come non ha mai smesso di fare, quegli italiani che hanno scelto di vivere lontani dalla madrepatria. E che mai vorrebbero spezzare quell’esile legame generazionale che ancora li tiene avvinti all’idea stessa di Patria. Vent’anni di vita editoriale: un miracolo tutto italiano negli anni dei tagli e delle politiche di spending review, crisi della carta stampata e giungla del web. Un’età significativa di questi tempi, vista la crisi, ormai cronica, che da tempo attanaglia i giornali e che sta dissanguando anche la libera editoria, quella che non ha mai voluto padroni. Sono tempi difficili per la stampa e difficilissimi per la stampa quotidiana italiana all’estero (eravamo in sei ad uscire nelle edicole, siamo rimasti in due...). Ma è soprattutto nei momenti di difficoltà che si deve essere protagonisti. Soprattutto nei momenti di difficoltà dobbiamo essere pronti a fare quello che è giusto e non nasconderci dietro a ciò che è solo miseramente conveniente.

Non possiamo non vedere che a causa dei diktat di M5S e Lega resta il rischio concreto della fine dell’editoria libera, delle cooperative di giornalisti, e che la mancanza di una prospettiva per centinaia, migliaia di operatori della carta stampata possa essere un terreno fertile per il riaffermarsi di una cultura antidemocratica. Ma ogni anno che passa, cari lettori, aumenta in me, in noi la carica. E spesso, consentitecelo, con un pizzico di orgoglio, ci capita anche di raccogliere i frutti di quel che evidentemente abbiamo ben seminato. Per capirci, siamo stati premiati dall’allora capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi per la questione della tragedia dell’emigrazione italiana relativa alla miniera di Monongah di cui ci occupammo con vasti servizi e poi, è storia recente, dall’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che ci donò una targa per il nostro 18esimo compleanno. “Un esempio di buona editoria per chi ha ancora voglia di sana stampa", queste le parole di Mattarella.

Buona editoria e sana stampa, sì, una scelta vincente e ben ripagata, certificata dal sempre crescente numero di lettori. La Gente d’Italia racconta fatti di cronaca, ma non solo. Perché spesso le notizie, anche quelle apparentemente minori e magari celate negli angoli bui della storia, se opportunamente sviscerate e riportate alla luce, approfondite e riproposte nella loro giusta cornice, possono ridestare nel lettore l’orgoglio del senso di appartenenza ad una comunità. Siamo da 20 anni nelle edicole con grande diffusione in Sudamerica e in particolare in Uruguay un Paese che consideriamo oggi la nostra seconda Patria. Proprio qui abbiamo costituito infatti una Fondazione - che cammina a braccetto con il giornale - organizzato Convegni internazionali, dibattiti pubblici, ed anche un apprezzato corso di giornalismo multimediale che ha visto la partecipazione di docenti e affermati professionisti della lingua di Dante. Lo scorso anno, poi, abbiamo deciso di raddoppiare i nostri sforzi affidandoci alla stampa ed alla distribuzione del quotidiano più importante del Sud America, El Pais, tenendo infine a battesimo il portale web, pensato ed elaborato unicamente per essere un ulteriore punto di riferimento per gli italiani all’estero. Abbiamo mantenuto l’organico coinvolgendo anche nuovi giornalisti professionisti e pubblicisti, grafici e impiegati.

Spesso, soprattutto in tutti questi ultimi tempi, ci siamo sentiti chiedere: ma chi ve lo fa fare? Voi della stampa avete tutti contro, un governo che odia i giornalisti, che sta uccidendo il pluralismo, la crisi profonda della carta stampata... La risposta è semplice: noi abbiamo ancora la voglia di raccontare, la voglia di informare... Senza padroni né padrini, però. Così, liberamente. Fare il giornalista non è mai stato un semplice mestiere, non è un modo di guadagnarsi da vivere, ma qualcosa di più, che ha una grande dignità e una grande bellezza, perché è consacrato alla ricerca della verità. Ecco il suo valore morale, avvertibile nel modo di raccontare, nel presentare i fatti. Certo la scuola, anche una scuola ad hoc, aiuta, ma è propedeutica, perché nessuna scuola potrà mai insegnarti la missione, non ti dà quella cosa in più di cui hai bisogno: la vocazione. E certe scuole di giornalismo di oggi mi hanno fatto l'impressione di essere frequentate da seminaristi senza vocazione. Se uno fa il meccanico e lo fa bene, nulla da dire; ma se uno fa il prete, per farlo bene deve avere qualcosa in più. E il giornalista è come il prete: deve avere la chiamata, la vocazione, sentire la missione…

Però, oltre al prodotto c'è anche il "cliente", che ha le sue esigenze. E la redditività è il solo criterio da rispettare, affermano i nuovi governanti italiani... Cioè, secondo loro, soltanto chi può, chi ha danaro può permettersi di editare giornali, Tv, radio imponendo il proprio pensiero politico? Eh no! «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" recita l' articolo 21 della Costituzione italiana... Ecco allora la stampa libera, senza padroni né padrini. Poter esprimere le proprie opinioni, le proprie idee, raccontare fatti e misfatti senza condizionamenti... libera stampa, editoria del pluralismo delle voci: le cooperative di giornalisti, le non profit.... Radio Radicale.... Che sopravvivono grazie anche al contributo (contributo non finanziamento...) statale. Così è in tutto il mondo. Ma a questo governo non sta bene. Di Maio, Crimi e Salvini vogliono imporre e far passare per democratico solamente il loro pensiero....

Bene, ora facciamo un caso diverso dal giornalismo. Oggi sembra prevalere l'idea che un ambasciatore sia bravo se vende bene i prodotti made in Italy. Ma a un ambasciatore dobbiamo innanzitutto chiedere che sia colto e rappresentativo, e soprattutto che sappia capire la realtà politica del Paese che lo ospita. Se poi vogliamo vendere spaghetti, mandiamo venditori di spaghetti..... E così dev'essere per un buon giornale. Al lettore devi dare tutto, il pensiero di tutti, senza distinzioni. Sarà poi il lettori a farsi l'idea..... Dare "tutti i pensieri" in lettura, indifferenziatamente. Fare in modo che il lettore non finisca a leggere solo i titoli, perché a leggerlo tutto, il giornale tipo di oggi, ci vorrebbero ore, un tempo che la gente non ha. Bisogna tener conto che c'è un pubblico colto, intelligente, che vuol sapere. Lo vedi nei giovani che affollano le librerie, che scelgono i libri che trattano le cose importanti. Quindi commenti, poca cronaca nazionale e internazionale - c'è la televisione e internet che la divulgano - molta cronaca locale.... E poi occorre farla finita con il giornale come elenco di sventure.

Quando nel 1999 ho cominciato quest'avventura all'estero è perché facendo per 35 anni l'inviato speciale nel mondo, avevo scoperto un'Italia che non conoscevo e che mi ha sempre entusiasmato... Un'Italia all'estero piena di gente perbene, lavoratori, cose belle che meritavano e meritano oggi di essere documentate e raccontate: accanto alle sventure, perciò, ci devono essere soprattutto le buone notizie, le collettività italiane, i loro pregi.... Ho scritto prima che fare il giornalista è una missione, sì, una missione, ma anche una scelta che molto spesso cozza con il potere, l’immobilismo, la burocrazia, il non sapete chi sono io... Ma un giornale troppo ossequioso ha vita corta… Ricordo sempre le parole di uno dei grandi maestri del giornalismo, Antonio Ghirelli, editorialista fin dalla nascita di questo foglio: “Devi essere odiato dal potere, se vai a braccetto con loro non fai informazione ma diventi uno come loro. Non dimenticare mai che i tuoi padroni veri sono i lettori….” Insegnamento che è diventato un dogma e che cerco di mettere in pratica da più 50 anni (sono 53 di iscrizione all’ordine dei giornalisti professionisti). E badate bene: non ho nessuna intenzione di ritirarmi... Scrivere ed informare senza padroni, confermo, da quando abbiamo cominciato questa pazza avventura. Era così nel 1999, è così oggi, nel 2019. Sarà così domani e per sempre. E allora buon compleanno Gente! E grazie a tutti quanti voi per aver condiviso e apprezzato i nostri sforzi!.

Mimmo Porpiglia