L’Ue si avvicina al voto, ma i cittadini italiani residenti all’estero non potranno votare a causa della legge che impedisce agli italiani extra-UE di votare dall’estero. La legge 18 del 1979 non contempla la possibilità che gli italiani residenti in Paesi extraeuropei votino alle elezioni del Parlamento Europeo per corrispondenza o tramite gli uffici consolari.

Una norma di quarant’anni fa mai riformata, che inserisce l’Italia tra i pochi Stati membri in UE a impedire di votare i propri rappresentanti in Europa da altri continenti. I cittadini italiani residenti fuori dall’UE non potranno votare alle prossime elezioni europee, che si terranno tra il 23 e il 26 maggio (in Italia il 26), a meno che non acquistino un biglietto aereo e tornino appositamente nel Belpaese. Per esprimere la preferenza in merito alla composizione del Parlamento europeo non ci sarà alcun voto per corrispondenza o nei consolati per gli italiani che abitano fuori dall’UE.

Come facilmente verificabile sul sito dedicato dell’UE, la legislazione che riguarda le norme per partecipare e votare nelle elezioni dall’estero è di competenza di ogni singolo Paese, e l’Unione Europea non ha regole specifiche in materia.

Nel caso dell’Italia, alla domanda "Posso votare da un Paese fuori dall’UE?", la risposta che si trova è chiara: "I cittadini italiani che risiedono in Paesi al di fuori dell’UE possono votare per eleggere rappresentanti italiani nel Parlamento Europeo solo nella municipalità in Italia a cui appartengono come elettori".

Coloro che invece risiedono in Paesi europei e sono iscritti all’AIRE, possono farlo recandosi negli uffici consolari. "Il Ministero dell’Interno italiano manda il certificato elettorale al domicilio di ogni elettore, che contiene informazioni su dove votare, la data e gli orari". Quella che appare come una "discriminazione" tra cittadini di serie A e cittadini di serie B dipende da una legge di quarant’anni fa, che, sebbene sia stata modificata più volte (fino al 2009), nessun Governo si è mai premurato di riformare opportunamente su questo punto.

La norma in questione è la 18 del 1979, approvata in occasione delle primissime elezioni europee, che impedisce, per questo tipo di consultazioni, ai cittadini italiani residenti al di fuori dell’UE di votare per corrispondenza o nelle sedi consolari. Circa 3 milioni di persone tagliate fuori. Non è un caso che, in proposito, sia stata lanciata anche una petizione: l’associazione Lo Spiegone, composta da un gruppo di studenti universitari, ha avviato una campagna con l’obiettivo di "garantire la parità di opportunità per i cittadini italiani residenti all’estero, sia nei Paesi membri dell’Unione Europea che non. Il diritto di voto per i residenti al di fuori del territorio UE non può essere limitato al corpo diplomatico e al corpo militare, ma deve essere garantito a tutti i cittadini non sulla base di uno status lavorativo bensì su quello di cittadinanza".

L’associazione, in particolare, fa notare che, nonostante il diritto di voto per ogni cittadino che abbia raggiunto la maggiore età sia garantito dall’articolo 48 della Costituzione, la legislazione italiana presenta alcune lacune in materia. All’articolo 50 della norma già citata, infatti, si legge: "Ad ogni elettore residente negli Stati che non sono membri della Comunità europea, entro il ventesimo giorno successivo a quello della pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi, a cura dei comuni di iscrizione elettorale è spedita una cartolina avviso recante l’indicazione della data della votazione, l’avvertenza che il destinatario potrà ritirare il certificato elettorale presso il competente ufficio comunale e che la esibizione della cartolina stessa dà diritto al titolare di usufruire delle facilitazioni di viaggio per recarsi a votare nel comune di iscrizione elettorale".

Nessuna menzione, insomma, alla possibilità che si organizzi un voto per corrispondenza o tramite uffici consolari per i cittadini residenti fuori dall’UE. Gli altri Paesi che, come l’Italia, precludono il diritto di voto dall’estero per chi vive fuori dall’UE o pongono forti limitazioni sono la Grecia, la Bulgaria (che però lo consente ai cittadini che vivevano in Europa o in Bulgaria fino a tre mesi prima della data delle elezioni), Cipro, la Repubblica Ceca, la Danimarca (che tuttavia lo permette ai cittadini che vivono fuori dall’UE ma torneranno in Danimarca entro due anni dalla loro partenza, o, a certe condizioni, a coloro che, dall’estero, lavorano per istituzioni o aziende danesi, agli studenti e a chi lavora per organizzazioni caritatevoli nazionali), l’Irlanda (che, salvo eccezioni, non dà mai la possibilità di votare dall’estero), Malta e la Slovacchia.

Tornando all’Italia, a dicembre del 2018, le Commissioni I e XIV di Camera e Senato si sono riunite per discutere della legge del 1979, ma non si è parlato di eventuali novità nelle modalità di voto per i cittadini italiani residenti in Paesi extra UE. In pratica, la questione, per ora, non sembra aver suscitato grande dibattito in Parlamento. Giù, tanto gli italiani all'estero, per questo governo M5S-Lega non contano...