Oggi devo parlare in Facoltá sulle malattie del lavoro del futuro. Sono nervoso: sará presente il Rettore Magnifico, che é un economista importante e altri esperti, tra cui l’ex Decano di Medicina e altri medici. Si parlerá della salute e delle malattie dei lavoratori del futuro. Ma che ci faccio io lí a parlare sulla salute? Non mi perdo d’animo e accetto la sfida. Ripasso i miei appunti. Mi viene in mente la realtá che conobbi nel secolo XX, o nel Pianeta XX come mi piace dire ai miei alunni. Nel Pianeta XX i rischi del lavoro erano chiari e circoscritti ad attivitá determinate: per esempio il saturnismo nel lavoro col piombo, l’asbestosi della produzione di materiale fibroso, o la perdita di un membro ad opera di una macchina per gli operai di fabbrica.

Nel mondo digitale dei nuovi lavori vincolati all’automatizzazione, all’intelligenza artificiale, ai nuovi tempi di organizzazione della produzione, le patologie sono immateriali, ma al tempo stesso tutti possiamo esserne vittime. Affrontiamo rischi trasversali a tutti noi e non sempre ne siamo coscienti. Non é necessario lavorare in settori determinati per soffrire danni alla salute; tutti siamo esposti allo stress, alla depressione, al burn-out, al bullying del capo o dei compagni di lavoro. Oggi parliamo di rischi psicosociali per riferirci a fattori patologici di origine multicausale. Mi spiego meglio: le nuove forme di organizzare il lavoro, le moderne tecnologíe, gli standard di esigenza sempre piú alti creano intorno a noi un ambiente di stress, che molte volte la nostra struttura psicologica non resiste: perció parlo di “malattie dell’anima”.

I nuovi lavori richiedono piú formazione, piú rapiditá, piú produttivitá. Il lavoratore assume maggiori responsabilitá nelle sue decisioni: deve essere pronto a risolvere subito tutti i problemi che gli sono sottoposti, specialmente quelli che sorgono dai suoi contatti con il pubblico, ogni volta piú esigente e non disposto ad aspettare. Altri fattori di stress si aggiungono: la configurazione dei nuovi tempi di lavoro (intermittenti, a richiesta, con disponibilitá continua via laptop e cellulare), la continua necessitá di apprendere di fronte a macchine che mutano annualmente le proprie capacitá tecnologiche; l’ambiente nell’impresa e i compagni di lavoro, che hanno dimenticato la solidarietá del passato; la violenza sessuale e morale, e via dicendo.

Queste patologie dell’anima si riversano poi in malattie concrete, verificabili in sede medica: angoscia, paura, ansietá, nervosismo, insonnia, depressione, patologie cardiovascolari (ipertensione, aritmie), patologie digestive (gastriti, ulcere) e via di seguito. I problemi dei nuovi lavori sono complessi e non di facile soluzione. Ma la peggiore strategia é ignorarli. La sfida di tutti é costruire nel lavoro un ambiente sano per il corpo e per l’anima. Le leggi ci sono, ma non sempre vanno rispettate. È la nostra coscienza che ci deve muovere alla prevenzione di situazioni che gravano o graveranno sulla nostra salute. Non dobbiamo dimenticare la trasversalitá di queste malattie: oggi la vittima puó essere "l’altro", ma niente esclude che domani ci tocchi a noi.

Di fronte a rischi trasversali, tutti abbiamo la responsabilitá di prevenire i malanni del futuro. Indubbiamente é necessaria piú informazione e piú formazione sui nessi tra i nuovi lavoro e i nuovi rischi. Questa é una delle principali sfide a cui é necessario confrontarsi quando parliamo di salute e lavoro. Ogni rischio, ogni malattia dell’anima, non solo colpisce ad uno di noi; alla lunga ci colpisce a tutti, alle aziende, alla famiglia e anche alle economia nazionali. Prevenire, specialmente in questioni di salute, é una responsabilitá personale e sociale.

JUAN RASO