Probabilmente il premier Giuseppe Conte quando dichiarò di voler essere l’avvocato del popolo, dimenticò di aggiungere, grillino, del popolo grillino, insomma sul caso Siri, caduta la maschera, Conte si è schierato coi pentastellati.

Anzi a dirla tutta, il presidente del Consiglio, più che schierato, si è sottomesso alla volontà grillina, perché da avvocato, esperto del diritto, professore e principe del foro, mai avrebbe dovuto sposare il giustizialismo a prescindere dei cinquestelle. Sul caso Siri, infatti, non si tratta solo di stracciare la presunzione d’innocenza come fosse un Kleenex, ma di non voler riconoscere lo stato dei fatti e delle cose che riguardano il sottosegretario, insomma è caduta la maschera ed il premier ha scelto con chi stare.

Del resto, se proprio i grillini avessero voluto accampare pretese, avrebbero dovuto farlo all’inizio dell’esecutivo, chiedendo che per opportunità politica il nome di Siri non entrasse in gioco, eppure non è stato. Insomma allora il silenzio, oggi in piena campagna elettorale e alla disperata ricerca di voti e di consenso, rispunta fuori il giacobinismo e il giustizialismo, oltretutto tanto al chilo, perché anche secondo fior di giuristi, la pretesa delle dimissioni non sta né in cielo e né in terra.

Siamo alle solite, i grillini, confermano non solo di non conoscere l’economia, la sociologia, la grammatica e la geografia, ma soprattutto di sapere poco o niente di democrazia. Oltretutto si comportano così a fasi alterne, perché quando i sospetti cadono su loro, scattano sempre mille scuse e mille attenuanti, per farla breve, il diritto dei soviet, del veterocomunismo.

Ecco perché secondo noi, e secondo una moltitudine di giuristi, il professor Conte che di diritto ne sa eccome, avrebbe dovuto allo stato attuale, seguire solo il dettato costituzionale dell’articolo 27, ma tant’è. Sta tutta qua del resto la differente filosofia, sul garantismo, sulla libertà, fra il centrodestra, di cui Matteo Salvini dovrebbe fare parte, e quella pentastellata con la quale improvvidamente si è legato per formare un governo innaturale, che non funziona e che porta male. Insomma Salvini sta pagando il prezzo di una colpa sua, che malauguratamente ricade su tutti gli italiani che non lo volevano coi grillini ma col centrodestra, vale per Siri, ma soprattutto per i costi di una finanziaria assurda e scriteriata. Del resto abbandonare, dopo il 4 marzo, il centrodestra per sposare il giustizialismo, lo statalismo, l’assistenzialismo dei cinquestelle, gli avrà portato pure il doppio dei consensi, ma il quadruplo dei guai, per l’Italia e per gli italiani.

Per questo verrebbe voglia di ricordare al ministro dell’Interno, un proverbio che non sbaglia mai, chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quello che lascia ma non quello che trova. A Salvini resta solo una carta per riscattarsi dalla morsa dei grillini, per emanciparsi con coerenza da questa pericolosa appartenenza, replicare a Conte sul diktat verso Siri, con un bel Non possumus, e chiudere così, baracca e burattini, chi vivrà vedrà.

ALFREDO MOSCA