I cinque settori che più rappresentano il Made in Italy nel mondo - moda, design, alimentare, automotive e ospitalità - avvertono: nei prossimi cinque anni avranno bisogno di coprire 236mila nuovi posti di lavoro. Cercano soprattutto profili tecnici, ma la loro paura è quella di non riuscire a trovarli e di rischiare così un indebolimento della filiera industriale. I numeri sono di Altagamma, la fondazione a cui fanno capo alcune delle migliori imprese dell’alta industria culturale e creativa, quelle che promuovono nel mondo lo stile di vita italiano.

A fronte di un mercato "in crescita costante del 5 per cento a livello mondiale, la prima risorsa - quella dei talenti - è in progressiva decrescita: le industrie segnalano infatti una preoccupante difficoltà a reperirli", fa notare il presidente di Altagamma, Andrea Illy, sottolineando che ben il 70% dei profili di cui avranno bisogno queste imprese, da oggi al 2023, sono di tipo tecnico-professionale. Il settore manifatturiero che fra cinque anni avrà più bisogno di personale - secondo le stime di Altagamma su dati Unioncamere - sarà quello dell’automotive con 89.400 richieste, seguito dall’alimentare con 49mila profili ricercati, dalla moda a cui ne serviranno 46.400, da quello dell’ospitalità con 33.220 e infine del design con 18.300.

Gli iscritti agli istituti tecnici superiori italiani però "sono 10mila, un numero davvero esiguo se paragonato agli allievi degli equivalenti tedeschi, Fachhochschule, che arrivano a 880mila, e a quelli francesi che rilasciano il Bts (Brevet de Technicien Supérieur) e attraggono 240mila studenti" avverte Altagamma spiegando che le ragioni di questa situazione "sono complesse e richiedono un’analisi sistemica" ecco perché la fondazione lancia al governo l’idea di istituire un tavolo di confronto sulla formazione.

Dal canto suo, il ministro dei Beni e delle attività culturali, Aberto Bonisoli, fa sapere subito che il suo dicastero si sta occupando "con grande impegno" di parlare a ragazzi e famiglie "per incentivare la scelta di professioni tecniche e restituire a questi mestieri il valore e la reputazione che meritano". Sulla stessa lunghezza d’onda anche il viceministro allo Sviluppo economico, Dario Galli, secondo il quale "bisognerebbe avvicinare il più possibile scuole e imprese", ma anche compiere un’azione importante sulle famiglie, "per far capire che ci sono professioni, come quelle tecniche, che una volta potevano essere immaginate di serie B", ma ora non più.