Era il lontano 2010 quando l’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti, riferendosi al ministro Sandro Bondi, pronunciò la fatidica frase: "Non è che la gente la cultura se la mangia". La frase venne poi storpiata, "Con la cultura non si mangia", e così è passata alla storia. Sembra trascorso un secolo e la cultura è diventata l’ossatura del ruolo che l’Italia svolge in Europa: un immenso museo con palazzi, mostre, centri storici sempre più affollati di turisti.

Nei musei italiani l’anno scorso sono entrati ben 119 milioni di visitatori che rappresentano un incoraggiante +7,7% rispetto ai dati della precedente analisi del 2015. "Il valore dell'arte non si misura solo in termini di arricchimento culturale, ma anche in risultati economici": lo hanno confermato ora la fondazione Symbola e Unioncamere, con un corposo rapporto presentato al Touring Club di Milano. Adesso si parla apertamente di "Sistema Produttivo Culturale e Creativo", facendo riferimento all'insieme delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e delle onlus che in Italia lavorano attivamente nel campo culturale: una macchina che produce circa 100 miliardi di euro.

Con l'indotto, tutta la produzione attivata nei settori affini, si arriva fino a 255,5 miliardi, equivalenti al 16,6% del valore aggiunto nazionale. Una ricchezza che ha una ricaduta diretta anche sull’occupazione: nel settore cultura allargato lavorano un milione e mezzo di persone, che rappresentano il 6,1% del totale degli occupati in Italia.Il dato si riferisce al 2017, in crescita rispetto all'anno precedente sia rispetto al valore aggiunto, che cresce del 2,0% che rispetto all'occupazione, più 1,6%. Una performance perfettamente in linea con il dato complessivo dell’economia italiana per quanto riguarda il valore aggiunto, ma superiore riguardo l’occupazione (+1,1%). "Cultura e creatività sono la chiave di volta in tutti i settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia – commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – e cresce il loro ruolo nell’economia. La bellezza è uno dei nostri punti di forza. Tanto che, secondo un’indagine della rivista US News e dell’Università della Pennsylvania, siamo addirittura il primo Paese al mondo per la influenza culturale. Un primato legato anche alla nostra capacità di trasmettere cultura e bellezza nelle produzioni e al nostro soft-power.

Proprio questo intreccio caratteristico dell’Italia, tra cultura e manifattura, coesione sociale e innovazione, competitività e sostenibilità, rappresenta un’eredità del passato ma anche una chiave per il futuro". Le industrie culturali producono, da sole, 33,6 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale), dando lavoro a 488mila persone (1,9% degli addetti totali). Un contributo importante arriva anche dalle industrie creative e consiste in 13,4 miliardi di valore aggiunto, grazie all’impiego di quasi 261mila addetti.

Le Performing arts generano, invece, 7,9 miliardi di euro di ricchezza e 141mila posti di lavoro; a conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono 2,8 miliardi di euro di valore aggiunto e 51mila addetti. A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven: 34,5 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale) e più di 579mila addetti (2,3% del totale nazionale). Tra i settori di maggiore produttività spiccano quello del design (che produce 8,6 miliardi di euro di valore aggiunto insieme all’architettura; lo 0,6% del valore complessivo) e della comunicazione (4,8 miliardi di euro, lo 0,3%). Il comparto dell'editoria e stampa (da cui deriva lo 0,9% del valore aggiunto nazionale, corrispondente a 13,8 miliardi di euro) e quello dei videogiochi e software (0,8%, pari a 12 miliardi di euro).

di MARCO FERRARI