Non so se fu alla scuola media o al liceo, che studiai il Manzoni. De "I promessi sposi" ricordo ben poco, ma ancor oggi quando ne sorge l’occasione, racconto il fatterello di Renzo e dei suoi capponi. Renzo, il modesto contadino protagonista del romanzo che si svolge su lago di Como, deve recarsi a Lecco per visitare un avvocato e chiedere consiglio: sará ricevuto dal dottor Azzecca-garbugli, professionista "asciutto, pelato, col naso rosso, e una voglia di lampone sulla guancia". Renzo non ha denaro e gli porta in dono per la consulenza quattro capponi che tiene per mano, stringendoli per le zampe legate e a testa in giú. Manzoni ci racconta che quelle povere bestie "s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura".

Bellissimo paragone tra la sorte di quei capponi e la nostra natura umana, che ci fa scontrare tra di noi nei momenti di "sventura", senza capire che in tal modo solo riusciremo ad indebolirci di piú. Perché, oggi, questa riflessione? Il motivo é ovvio: non riesco a starmene in silenzio di fronte al momento difficile che vive la nostra vita comunitaria. E quando dico "nostra" mi riferisco chiaramente a noi Italiani in Uruguay, che per anni abbiamo operato per dare una identitá ed una forza alla nostra presenza in questa terra. La solidarietá, l’idea di unione, la lotta per la tutela dei diritti degli emigranti sono caratteristiche che hanno segnato da sempre l’operato comunitario. Basti ricordare le istituzioni di aiuto mutuo create nel secolo XIX e all’inizio del secolo XX - a Montevideo e all’interno del Paese - dai nostri emigranti, como la Societá di Mutuo Soccorso Operai Italiani (che inauguró la prima scuola italiana a Montevideo), la Societá Unione e Benevolenza di Paysandú, la Societá XX Settembre di Salto, il Circolo Napoletano di Mutuo Soccorso, e via di seguito.

La solidarietá italiana in Uruguay significó anche una presenza forte nelle organizzazioni sindacali e nel settore industriale. Quest’ultimo fondó la prima Camera di Commercio italiana nel mondo! La stessa solidarietá contribuí a erigere nel 1892 l’Ospedale Italiano Umberto I, mentre si aprivano due scuole (quella della Lega Lombarda e del Circolo Napoletano), che per iniziativa di Leone Maria Morelli si sarebbero poi fuse nella "Scuola Italiana delle Società Riunite", diventata nel 1918 la Scuola Italiana di Montevideo. Quella stessa solidarietá - che caratterizzó la nostra emigrazione fin dai suoi inizi - si consolidó nella seconda metá del secolo XX con la costituzione della Feditalia, che lottó (perché fu una vera lotta) per conquistare una rappresentanza formale di fronte allo Stato italiano, come avvenne poi con istituzioni come il CGIE e il Comites. La solidarietá delle forze di emigrazione non é diversa da quella che unisce tutti i gruppi che nascono per la difesa di un interesse comune: in questo caso l’interesse di noi emigranti di fronte al potere dello Stato e dei suoi rappresentanti. L’esercizio attivo della democrazia comunitaria, il ruolo dei capofila da noi votati, la sfida della difesa dei nostri diritti sono questioni che il gruppo delega ai suoi leader.

E noi - italiani in Uruguay - abbiamo votato democraticamente i nostri rappresentanti nel Comites, con un chiaro obiettivo: la difesa dei nostri interessi comunitari. Non critico nessuno, perché stimo tutti coloro che rubano tempo al loro lavoro per dedicarlo a progetti comunitari. Ma mi dicono che il Comites é paralizzato perché ha difficoltá per raccogliere maggioranze interne. Se cosí fosse, invito i rappresentanti del Comites ad un momento di riflessione: come mi piace dire a molti sindacalisti che stimo, "all’interno del vostro gruppo, confrontatevi; ma verso l’esterno é necessario che siate monoliticamente uniti". Altrimenti, la forza del gruppo di smoscia e l’organizzazione non ha piú senso. La collettivitá italiana reclama unione ed azione al Comites, proprio in questi momenti difficili e a volte svilenti degli ultimi tempi. Intendo che il Comites, oggi piú che mai, deve assumere il ruolo - che sempre ha avuto - di controllo sull’autoritá pubblica in tutto ció che si vincola alla nostra condizione di cittadini italiani in Uruguay. Attenzione al monito del Manzoni! Bisogna evitare il "beccarsi l’un l’altro", perché il rischio é - come nel caso dei capponi di Renzo - di cadere nella pentola dell’Azzecca-garbugli di turno.

JUAN RASO