Per individuare gli sviluppi prossimi venturi della situazione politica, è indispensabile rileggere con serenità, senza la concitazione del momento, i risultati delle elezioni europee di domenica scorsa. Tre dati di fondo come, del resto, è stato ampiamente rilevato dagli osservatori, al di là di ogni appartenenza, ci sembrano inconfutabili: Matteo Salvini è l'assoluto vincitore di questa tornata elettorale; il movimento Cinquestelle è il grande sconfitto e sembra aver imboccato la strada di un inarrestabile declino; il Pd è ancora vivo e può tornare ad essere uno dei protagonisti della vita politica del nostro paese.

Avendo come riferimento queste tre imprescindibili verità, se proviamo a chiederci quali prospettive si aprano ora per il nostro paese, non possiamo non constatare che due sono le opzioni possibili: la permanenza in carica dell'attuale governo o l'anticipato scioglimento delle Camere con il ricorso a nuove elezioni. La permanenza in carica dell’Esecutivo gialloverde dovrebbe comunque comportare un mutamento degli equilibri attualmente esistenti all'interno della maggioranza. Intendiamoci. Il vistoso successo ottenuto dalla Lega nelle "Europee" pone certamente Salvini e i suoi in una condizione privilegiata rispetto ai pentastellati penalizzati oltre le più pessimistiche (per loro) previsioni. Ma non si può non tener conto del fatto che i numeri sulla base dei quali si fondano i rapporti di forza in Parlamento sono quelli che derivano dalle elezioni politiche del marzo dello scorso anno che videro i cinquestelle superare di gran lunga la Lega.

Salvini può, dunque, far leva sul peso che gli conferisce la vittoria di domenica scorsa, ma sino a un certo punto perché in Parlamento la forza di maggioranza restano pur sempre i grillini, per quanto indeboliti e lacerati da forti divisioni interne che sembrano preludere a una "messa in stato d'accusa" del povero Luigi Di Maio, che sono in molti, ormi, a considerare, nel movimento, come il principale responsabile della disfatta. Si inserisce in questo contesto la seconda opzione della quale abbiamo parlato. Al momento Salvini non sembra intenzionato a staccare la spina al governo Conte. Sembra, piuttosto, orientato a mantenerlo in vita sfruttando al massimo il ruolo di dominus della coalizione gialloverde che la sua condizione di vincitore delle elezioni europee gli conferisce. Esercitare il massimo del potere senza assumersi una diretta responsabilità potrebbe essere per lui, alla fin fine, conveniente in attesa che dalle urne possa scaturire una maggioranza composta da Lega e Fratelli d'Italia, liberata dal fardello berlusconiano.

Ma, ovviamente, se Di Maio e i cinquestelle dovessero "alzare la cresta" e non consentirgli di imporre al governo la sua linea, Salvini non esiterebbe ad aprire la crisi e a sollecitare le elezioni anticipate che, sia detto per inciso, considerato il mutamento dello scenario politico emerso nelle elezioni europee, sarebbero la soluzione più corretta. È lecito chiedersi quale sarebbe, in una simile prospettiva, il compito - imprescindibile in democrazia - dell'opposizione. Di fatto a rappresentarla è il solo Pd di Zingaretti che si è dichiarato soddisfatto della crescita di consensi emersa dalle urne. Ma sbaglia perché un'opposizione del 25 per cento, in realtà serve a poco. Occorre molto di più. È questo "molto di più" lo si ottiene imboccando, con inventiva e coraggio, nuove strade. Altrimenti Salvini e il salvinismo continueranno a spadroneggiare.

OTTORINO GURGO