Se il Governo cercava notizie rassicuranti, non le ha trovate nel Rapporto annuale dell’Istat. E soprattutto non le ha trovate nella stima preliminare sul Pil di secondo trimestre, che secondo l’Istituto di Statistica sarà con grande probabilità ancora negativo. C’è un 65% di probabilità, spiega l’Istat, che ci sia di nuovo un meno davanti al dato del Pil, che l’intero primo semestre segni quindi un rallentamento generale dell’economia italiana. Altro che ripresina, altro che anno bellissimo, altro che +2% del Pil spesso enunciato dai vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Già negli ultimi tempi queste dichiarazioni si sono trasformate in promesse di rilancio nella seconda metà dell’anno, ma le premesse al momento non ci sono.

La probabilità di contrazione del Pil nel secondo trimestre è "relativamente elevata", scrive l’Istat nel Rapporto. "La stima effettuata - si legge - ha indicato che la probabilità di contrazione del Pil nel secondo trimestre è relativamente elevata: 0,65, su una scala che ha valore zero per la situazione di espansione e valore 1 per quella di contrazione dell’economia". Vi è cioè il 65% di probabilità che il Pil abbia andamento negativo, rispetto al primo trimestre, una tendenza al ribasso che - precisa l’Istat - potrebbe poi essere smentita. L’Istat mantiene quindi la previsione annuale di crescita dello 0,3% ma osserva che la fase attuale è difficile da prevedere e leggere. L’Italia è una "realtà composita, eterogenea, bellissima e contraddittoria. È una terra ricca di tesori, arte e bellezza", ma "è altresì una nazione ricca di problemi irrisolti, talvolta a seguito di alcune eredità, una per tutti quella del tema ricorrente circa il ‘debito pubblico’, che certo avremmo preferito acquisire con ‘beneficio di inventario’", ha dichiarato il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, in occasione della presentazione del Rapporto.

ITALIA IN “RECESSIONE DEMOGRAFICA”

"Secondo i dati provvisori relativi al 2018 sono stati iscritti in anagrafe per nascita oltre 439 mila bambini, quasi 140 mila in meno rispetto al 2008". Lo rileva l’Istat nel Rapporto annuale, parlando del "declino demografico" o "recessione demografica" che sta colpendo l’Italia. D’altra parte il 45% delle donne tra i 18 e i 49 anni, qui i dati si fermano al 2016, non ha ancora avuto figli. Ma coloro che dichiarano che l’avere figli non rientra nel proprio progetto di vita sono meno del 5%. Il declino demografico, spiega l’Istat, è il combinato disposto del calo delle nascite e dell’aumento tendenziale dei decessi. Ecco che se nel 2018 si contano quasi 140 mila in meno rispetto al 2008, i cancellati per decesso sono poco più di 633 mila, circa 50 mila in più. Quanto alle ragioni della bassa natalità, per l’Istituto "la diminuzione della popolazione femminile tra 15 e 49 anni osservata tra il 2008 e il 2017 - circa 900 mila donne in meno - spiega circa i tre quarti del calo di nascite che si è verificato nello stesso periodo. La restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017). Inoltre, "la diminuzione delle nascite è attribuibile prevalentemente al calo dei nati da coppie di genitori entrambi italiani, che scendono a 359 mila nel 2017 (oltre 121 mila in meno rispetto al 2008)".

I MIGRANTI ALLEVIANO IL DECLINO DEMOGRAFICO

"Il saldo migratorio con l’estero, positivo da oltre 40 anni, ha limitato gli effetti del calo demografico": nel 2018 si stima un saldo positivo di oltre 190 mila unità. Lo rileva l’Istat nel Rapporto annuale. I cittadini stranieri residenti in Italia al gennaio 2019 sono di 5,2 milioni (l′8,7% della popolazione). I minori di seconda generazione sono 1 milione e 316 mila, pari al 13% della popolazione minorenne; di questi, il 75% è nato in Italia (991 mila). Tuttavia l’Istat segnala come "il contributo dei cittadini stranieri alla natalità della popolazione residente" si stia "lentamente riducendo": "dal 2012 al 2017 diminuiscono, infatti, anche i nati con almeno un genitore straniero (oltre 8 mila in meno) che scendono sotto i 100 mila (il 21,7% del totale)". Ecco che anche "la popolazione straniera residente sta a sua volta invecchiando: considerando la popolazione femminile, la quota di 35-49enni sul totale delle cittadine straniere in età feconda passa dal 42,7% del primo gennaio 2008 al 52,4% del primo gennaio 2018″. L’Istat fa inoltre notare che "nel 2017 sono stati rilasciati quasi 263 mila nuovi permessi di soggiorno, in lieve aumento rispetto al 2016, dopo una tendenza alla diminuzione già messa in luce negli anni precedenti: nel 2010 erano quasi 600 mila".

PER I GIOVANI UN PERCORSO DIFFICILE

I giovani escono dalla famiglia sempre più tardi sperimentando percorsi di vita "meno lineari del passato", che spostano in avanti le tappe di transizione allo stato adulto. Lo rileva l’Istat, spiegando che più della metà de 20-34enni (5,5 milioni), celibi e nubili, vive con almeno un genitore. Ma c’è anche chi direttamente espatria. Il saldo migratorio con l’estero degli italiani è negativo dal 2008 e ha prodotto una perdita netta di circa 420 mila residenti. Circa la metà (208 mila) è costituita da 20-34enni. E quasi due su tre hanno un’istruzione medio-alta. L’Istituto di Statistica sottolinea che "i confini tra una fase e l’altra della vita sono sempre meno definiti". Questo perché "è in atto un processo di allungamento nei tempi di transizione allo stato adulto": studi, lavoro e famiglia seguono un "ordine meno rigido" ed "è sempre più raro" che corrispondano a "un’autonomia economica e di scelte di vita" propria dell’età adulta. D’altra parte con l’allungamento della vita si è "dilatata anche la fase che intercorre tra l’uscita dal mondo de lavoro e l’entrata nell’età anziana già avanzata".

CALO DELLA POPOLAZIONE IN ETÀ LAVORATIVA

"Nel 2050, la quota dei 15- 64enni potrà scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi. Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro. L’Italia sarebbe così tra i pochi Paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa". Così l’Istat nel Rapporto annuale, ricordando che la popolazione residente in Italia è in calo dal 2015 di 400 mila residenti. Senza gli stranieri la recessione demografica sarebbe iniziata negli anni ’90.