Matteo Salvini ha un famoso predecessore. Sembrano della stessa pasta. Cambia solo il sistema che usano per comunicare. Benito Mussolini lo faceva con le scritte dipinte sui muri dove, camerati o no, tutti i passanti potevano leggere frasi ricavate dai discorsi pronunciati dal famoso balcone di Piazza Venezia". Eccone alcune: "Libro e Moschetto fascista perfetto", "Vincere e Vinceremo", "Quando il fascismo si è impadronito di un’anima, non la lascia più", "Il Duce ha sempre ragione". E via di questo passo.

Il leader della Lega è facilitato dal progresso e sforna a getto continuo micidiali tweet intervenendo su tutto e su tutti: dalle questioni di governo al campionato di calcio. Tende a occupare ogni spazio: convoca sindacati e imprenditori, minaccia l’Europa, proclama la chiusura dei porti e il sequestro delle navi; minaccia, come il suo nuovo amico Trump, di costruire un muro ai confini del Nord; bastona chi lo contraddice e la pensa diversamente. Se la prende soprattutto con i giornalisti, secondo la migliore tradizione fascista.

Mussolini, dopo aver fatto chiudere i giornali di opposizione, proponeva questo stupefacente paradosso: "La stampa più libera è la stampa italiana. Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa e un regime". Salvini, in attesa di avere una stampa "libera" come nel ventennio, la pensa allo stesso modo. Quanto durerà? I sondaggi non sono confortanti. Dicono che la Lega se si votasse oggi si confermerebbe come alle europee primo partito. Il suo leader promette porti e confini sbarrati. Questo rassicura quanti sono contro gli immigrati.

La seconda promessa è quella di una riduzione delle tasse. Anche se non ci sono risorse per realizzarla, fa colpo sugli elettori e porta consensi. I 5 stelle hanno capito il gioco e non sanno come muoversi. Ci sarebbe lo spazio per una iniziativa del PD che non dovrebbe limitarsi a criticare il governo ma dovrebbe contrapporre alle facili promesse salviniane soluzioni alternative credibili. Per ora è solo una speranza.

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