La vera spada nelle roccia? Sta in Toscana. Nonostante il romanzo di T.H. White, uscito nel 1938 e ripubblicato nel 1958 come primo libro della tetralitia "Re in eterno", collochi le vicende nell’Inghilterra del sesto secolo, la realtà è ben diversa. Eppure a segnare l’immaginario collettivo ci ha pensato l’omonimo film "La spada nella roccia" ("The Sword in the Stone"), il film di animazione del 1963 diretto da Wolfgang Reitherman, prodotto dalla Walt Disney Productions e uscito negli Stati Uniti il giorno di Natale di quell’anno, l'ultimo ad uscire prima della morte di Walt Disney. Anche in questo caso la storia è prettamente britannica con Re Artù, Mago Merlino e Maga Magò. Ma la vera spada si trova a pochi passi d’abbazia di San Galgano, uno dei luoghi più suggestivi negli itinerari della spiritualità toscana, esattamente nella chiesa rotonda di Montesiepi.

Da poco tempo, in nome del federalismo culturale, il complesso di San Galgano, inclusa la famosa chiesa senza tetto, è passato dallo Stato al Comune di Chiusdino, paese natale del santo cui l’eremo è dedicato. La costruzione dell’abbazia cominciò nel 1218 per iniziativa dei monaci cistercensi, che con la loro rete di monasteri rivoluzionarono la spiritualità medioevale sancendo il passaggio dal monachesimo degli eremiti a una religiosità più ancorata alle esigenze anche economiche dei territori. L’abbazia di San Galgano, costruita in tempi rapidi, prosperò per oltre un secolo, acquisendo un ruolo decisivo nell’economia della zona e nelle stesse istituzioni della vicina città di Siena. Il lento declino cominciò nel 1348, quando i monaci cistercensi vennero falcidiati dalla peste nera. Persa l’autonomia, dopo un lungo contenzioso con la potente Siena, nel 1576 pare che nell’abbazia di San Galgano fosse rimasto un solo monaco.

Dopo un incerto tentativo di restauro, le piombature del tetto furono vendute, gli infissi e gli arredi saccheggiati. E oggi quel che resta dell’intero complesso monastico sono delle maestose mura con le navate e alcune sale, tra cui quella splendida del refettorio. Abbastanza per colpire i visitatori, italiani, ma soprattutto stranieri, attirati in questo luogo isolato e suggestivo. Ma perché i cistercensi decisero di costruire un così imponente complesso in quella defilata valle attraversata dal fiume Merse? Perché a duecento metri già sorgeva una chiesetta, l’eremo di Montesiepi, il cui primo nucleo si deve allo stesso santo e ai suoi diretti seguaci. Nella cappella di Montesiepi, detta anche «rotonda» per via della forma circolare della struttura centrale, confitta in una roccia a un paio di metri dall’altare c’è una vecchia spada di ferro. Una teca trasparente la protegge: già negli anni Settanta, credendosi nuovi re Artù, in molti provarono a estrarre l’antica arma provocando seri danni. La fortuna di San Galgano nei secoli e l’immediata popolarità del suo culto stanno in quella spada conficcata nella roccia.

Non si tratta soltanto di un mito, ma di un fatto serio, tale da scalfire la primazia di quell’altra spada nella roccia cui sono stati dedicati pagine, film e documentari: stiamo parlando della spada di re Artù e del ciclo bretone che ne parla. Ma come da anni si affannano a ripetere alcuni studiosi, come Mario Moiraghi, autore del libro «L’enigma di San Galgano», San Galgano batte Re Artù in maniera chiara e limpida se ci si vuole attenere ai fatti storici. San Galgano, il cui vero nome è Galgano Guidotti, nacque nel 1148 a Chiusdino da una famiglia di piccola nobiltà locale e morì il 3 dicembre 1181. Di San Galgano si parla in diversi scritti antichi: in tre Vitae del Trecento: l'anonima Vita beati Galgani, la Legenda sancti Galgani confexorisdel Blasius e l'anonima Leggenda di santo Galgano confessore. Galgano visse la fanciullezza da cavaliere giovane, libertino e dedito ai divertimenti più sfrenati, finché mutò stile di vita diventano un vero e proprio Santo Cavaliere di Dio. Accadde che, un giorno, mentre viaggiava, ebbe improvvisamente due visioni dell'Arcangelo Michele. Nella prima l'Arcangelo solo gli si manifestò innanzi, nella seconda lo invitò a seguirlo.

Galgano, accettato l'invito e, attraversato un ponte e un prato fiorito, raggiunse Montesiepi, dove vide un edificio rotondo (probabilmente una visione di un edificio, dato che l'eremo fu costruito dopo la sua morte) e i dodici apostoli. Venne da loro accolto e, aprendo un libro sacro, gli apparve il Creatore che lo convertì definitivamente. Ritornò comunque alla sua vita di tutti i giorni, finché accadde un secondo episodio, questa volta definitivo per il suo destino. In una tranquilla giornata il suo cavallo si rifiutò di continuare il cammino prendendo di propria iniziativa il percorso da seguire. E, guarda caso, lo ricondusse di nuovo a Montesiepi, esattamente nello stesso luogo dove precedentemente aveva incontrato i dodici apostoli. A quel punto Galgano non ebbe più dubbi: quello era un luogo sacro e, come tale, meritava una croce. Cercò del legname per costruirla, ma, non trovandone, decise prendere la propria spada e conficcarla nella roccia, apparendo così una croce perfetta a chiunque la guardasse. Inoltre, prese il proprio mantello e lo indossò come saio.

Quindi udì una voce santa che lo invitò a fermarsi per tutta la vita in quel posto. Galgano accettò di nuovo l'invito e diede inizio alla sua autentica vita da eremita, vivendo da quel giorno tra quei boschi e nutrendosi solo di erbe selvatiche. Durante una sua assenza, per un pellegrinaggio a Roma, la spada subì un tentativo di furto e venne forzata da tre ladri che, non riuscendo nell'intento di sfilarla, la ruppero e l'abbandonarono. La spada è infatti realmente spezzata. Il castigo divino non perdonò l'atroce misfatto e raggiungendoli, uno venne fulminato all'istante, un altro morì annegato, mentre il terzo venne aggredito da un lupo che gli tranciò entrambe le mani (nell'eremo, in una bacheca è possibile vedere le ossa delle mani del ladro), ma venne risparmiato all'ultimo momento perché, pentito, invocò il perdono di Galgano. Al ritorno Galgano trovò la spada spezzata, ritenendosi responsabile dell'accaduto, dato che si era allontanato. Ma intervenne la voce divina che gli disse di unire i pezzi, così facendo la spada si ricompose miracolosamente. Da quel momento Galgano restò guardino del luogo fino alla fine dei suoi giorni, morendo in preghiera sulla spada. Quattro anni dopo la sua scomparsa venne santificato da papa Lucio III.

Il culto di San Galgano di diffuse a macchia d'olio tra i cavalieri e San Michele Arcangelo, diventando il protettore della cavalleria. L’atmosfera di questo angolo di Toscana è assai particolare e va al di là delle leggende. Il senso è quello di uno strumento di guerra, come la spada, trasformato in strumento di pace e il mantello, strumento di orgoglio di un cavaliere, viene a sua volta trasformato in uno simbolo di umiltà. La storia di Galgano, dunque, è molto simile a quella di San Francesco: entrambi abbandonano un mondo corrotto per dedicarsi al prossimo e alla preghiera. Ma come mai il mito viene trasferito in Inghilterra? Vi sono parecchi punti in comune con la leggenda di Re Artù, i cavalieri della Tavola Rotonda e il cavaliere Gawain, dal nome identico a Galgano. Probabilmente l'autore della narrazione di Re Artù aveva solcato quei luoghi e preso conoscenza della leggenda. Oggi incontrando l’abbazia si è colpiti, non solo dall’assenza del tetto, ma dalla sua imponenza in stile gotico, un colpo d'occhio in mezzo alla campagna toscana, nel suo isolamento e nella sua sacralità. In quel contatto con la natura, accentuato dall’assenza di copertura, sta tutto il suo fascino, specialmente la notte quando il cielo stellato entra praticamente tra le pareti dell’edificio.

L'abbazia raggiunse nel XIV secolo, anche grazie al sostegno economico di Federico II (noto alchimista e ricercatore del graal) una ricchezza e un rispetto notevole, tale da contenderla tra il papato e la Repubblica di Siena. Purtroppo dopo tanto splendore avvenne una grande decadenza, che la adibì addirittura a magazzino di materiale edili, vendendo addirittura il tetto di piombo per farne munizioni e trasformandola nel rudere che è oggi. Nonostante questo, o magari anche grazie a questo, mantiene adesso un'aura di unico mistero che inevitabilmente colpisce chiunque arrivi fin qui. Sul piano degli studi si sta esaminando la sua geometria sacra, confrontandola con quella all'abbazia di Chartres, ma anche alle antiche strutture egizie. Pare che l'architetto abbia realizzato l'edificio seguendo il rapporto dell'ottava musicale detta Scala Diatonica naturale applicata all'architettura geometrica della chiesa. Forse si trattava degli stessi architetti che lavorarono per le abbazie di Fossanova e Casamari, particolarmente ricche di simili simbologie numeriche e strutturali. Anche se non voluta, la corrispondenza con i templi di Akhnathon egizi è notevole. Questo faraone dal Dio unico aveva infatti fatto svanire tutti i tetti dei templi perché considerava vera dimora dedicata alla massima entità quella struttura senza copertura, nella quale il sole poteva entrare. E con essa la presenza di Dio.

La "Rotonda" di Monte Siepi ha una cupola costituita da cerchi concentrici e riporta ad un simbolismo pagano, essendo a pianta circolare come gli antichi templi; lo stesso bosco circostante ricorda anche emotivamente e spiritualmente, un'ara celtica o etrusca. La struttura è stata sempre particolarmente legata ai templari ed è per questo che si pensa che sia, anche tutt'oggi, uno degli ipotetici nascondigli del graal. Nel pavimento sottostante c’è una camera vuota ma sinora non è mai stata concessa l’autorizzazione per gli scavi. Ad oggi, cosa effettivamente quella camera contenga, rimane un mistero. La cappella del Lorenzetti riporta diversi affreschi, tra cui quello particolare della "Madonna con tre mani": infatti la madonna con il bambino al centro della rappresentazione tiene in mano Gesù con due mani, ma ha una terza mano che trattiene un bastone. Dunque un mistero nel mistero. La spada è stata sottoposta ad esami metallografici che ne hanno confermato l'autenticità quale arma antecedente al XII secolo. Ogni anno per un giorno all'anno accade un fatto molto interessante. Il 21 giugno, al solstizio d'estate, al sorgere del sole un raggio di luce penetra nell'eremo dalla monofora posta dietro all'altare e forma un cerchio luminoso sulla parete che pian piano si sposta fino a toccare la spada e il sepolcro di S. Galgano.

Marco Ferrari