Sembra ieri e son passati 35 anni caro Diego, Dieguito, pibe e niño de oro. Come siamo invecchiati, Sangennarmando, accidenti, anche l‘Ingegnere ha gli anni che ha, ma gira e balla qua e là per il mondo, Roberta non riesce a tenerlo a freno, e Totonno Juliano, la sua fantasia e tenacia ti portarono a Napoli, Totonno è nonno, ma è sempre dritto come un fuso e passeggia per Mergellina con Clory. Non ci sono più i ragazzi della Curva B e Palummella fa il giornalista perché le vie del pallone sono infinite.

Il San Paolo s’è colorato e aggiustato per le Universiadi. È bello il San Paolo, ma la passione, Diego, la passione nostra, la gioia, la felicità, la pazzia, ‘o primmo e ll’ùrdemo sarraje pe’ me, te le sei portate via, ammore scumbinato, truvato e poi perduto, come canta Mimmo Di Francia, perché il tempo è passato, il tempo è cambiato, il pallone è cambiato, ‘o suonno e ‘a fantasia non sono più gli stessi, e lo sai, Diego, che oggi per quelli che vanno allo stadio, forse perché non hanno vissuto la nostra favola bella, oh Dieguito, oh Ermione, oggi vincere è l’unica cosa che conta, a Napoli!, pibe, a Napoli che ha tutta una vita di sconfitte da farci canzoni strazianti.

L’orologio del San Paolo per l’emozione era fermo all’una e mezza ed era invece pomeriggio, esattamente le 18,31, quel giovedì 5 luglio, il bene che ti voglio, nel 1984, Diego, all’epoca della Democrazia cristiana, quando sbucasti sull’erba già carezzata dalla tua corsa allegra e lanciasti quel primo pallone nel cielo di Napoli e nel cuore di una città. Un mese intero era passato tra il dai e vai di Ferlaino, partiva e tornava da Barcellona sul velivolo privato pilotato dal comandante Plaga, il taxi aereo della nostra attesa, Totonno Juliano fermo e irriducibile nella stanza 1715 dell’Hotel Princesa Sofia sulla Piazza Pio XII di Barcellona, con l’indimenticabile Dino Celentano.

Più testardo, Totonno, e più furbo di Gaspart, il vicepresidente blaugrana, fra fideiussioni, caparre, fax, postille, milioni di dollari, Cyterzpiller e la Maradona Producciones. Totonno giocò il bluff dell’acquisto di Hugo Sanchez dell’Atletico Madrid, così sfumavano per il Barcellona i 7 milioni di dollari per la cessione di Diego segretamente votata dal Consiglio del club catalano (108 favorevoli contro un solo voto contrario, quello di Gaspart). Il Barça si arrese. Maradona al Napoli per 13 miliardi di lire. Juliano telefonò a Ferlaino, a Napoli: "Venga, Ingegnere, è fatta".

Nel golfo tutto un movimento di banche e di interventi "dall’alto", il vicesegretario della dc Vincenzo Scotti, Ventriglia presidente del Banco di Napoli, il Banco di Roma, il Monte dei Paschi, la Banca della Provincia di Napoli, e il telex decisivo del dottor Bosa, aprendo di domenica il Banco di Napoli, un’audacia non autorizzata, Pierpaolo Marino che con l’Avellino dette una mano versando al Napoli tre miliardi di lire per gli acquisti di Diaz e Favero, e Ferlaino che chiuse le sue acrobazie finanziarie inchiodando i dieci consiglieri del Calcio Napoli a versare 200 milioni a testa in cambio di un posto fisso al San Paolo vita natural durante, più la furbata finale del deposito in Lega a Milano del contratto di Maradona fuori tempo massimo, ma opportunamente retrodatato.

A Napoli fu un mese di ansie e speranze, attesa e incredulità, sogno e certezze finché il pittore salernitano di madonne stradali dipinse sull’asfalto di Fuorigrotta il ritratto a colori di Diego Armando Maradona coi riccioli neri e la maglia azzurra e settantamila persone accorsero al San Paolo per vedere lo scugnizzo di Buenos Aires lanciare nel cielo il coriandolo del suo arrivo fra 253 giornalisti sul prato, 78 fotografi, nove reti televisive. Un boato scosse lo stadio e tutta Fuorigrotta, sino al Vomero e a Santa Lucia, al pallone calciato dal ragazzo con i capilli ricce ricce, ll’uocchie brigante e ‘o sole ‘nfaccia. La festa finì prima del tramonto in una città sulla quale era calata una felicità improvvisa.

L’inventiva dell’artigianato napoletano dei vicoli improvvisò la produzione di una serie di oggetti, bandiere, gadget, magliette e poster che fruttarono dieci miliardi di incasso. Napoli ricca e felice. E dire che stavamo per prendere Socrates, che Ferlaino a un certo punto consegnò a Juliano un biglietto con i nomi di cinque calciatori che si sarebbero potuti prendere al costo del solo Maradona e che Jean Luc Lagardere, giovane proprietario dell’industria automobilistica Matra, stava per soffiarci Diego per regalarlo al Racing di Parigi appena promosso nella serie A francese. Non poteva succedere. Diego e Napoli, la favola era questa.

Mimmo Carratelli