Dante Salvietti nel 1918 partì da La Spezia, lasciando in Italia i genitori e dieci fratelli. Voleva andare in America per assicurarsi un futuro migliore. Cercava gli Stati Uniti, si trovò invece a sbarcare ad Antofagasta, in Cile da lì, racconta Mauricio Belmonte Pijuan nel libro 'Polenta, Familias Italiana en Bolivia' decise di continuare fino alla Bolivia. Si fermò a Chulumani e cominciò a sperimentare le sue idee, aveva in mente di creare una fabbrica di bibite. Lì conobbe per la prima volta la papaya di Chulumani che poi divenne il prodotto simbolo della sua azienda appena nata. Faceva tutto a mano e i primi degustatori furono i contadini della zona: la chiamò 'Papaya Salvietti'. Da Chulumani si trasferì a La Paz, ma quella idea se la portò dietro creando nella capitale uno stabilimento più moderno, sofisticato. Chiamò due suoi fratelli, Ruggiero e Pierino che lo raggiunsero in Bolivia. Assieme cominciarono a produrre bevande gasate, di differenti sapori. Rimase in Bolivia fino al 1954, quando decise di tornare in Italia (dove morì nel 1974) dopo essersi sposato con Esther Nieto ed aver avuto tre figli Guillermo, Mario e Anselmo. Ma lasciò una impronta indelebile e oggi la Salvietti è una delle aziende del settore più conosciute. E ci sono storie, racconti anche fantasiosi, come quello del nanetto che avrebbe incontrato in un bosco e che poi è diventato un simbolo nelle etichette. E adesso la Fabrica de Gasosas Salvietti del Sur sta per entrare nel suo primo secolo di vita, compirà i cent'anni nel 2020, guidata da Gabriele Salvietti, pronipote di Dante. Nel frattempo, dal 1977, le operazioni si sono trasferite a Sucre, sempre gestite dalla famiglia Salvietti, Anselmo, poi Armando per arrivare adesso a Gabriele. Dalla idea del 1920 oggi la Salvietti si è trasformata in un colosso che produce oltre 20.000 bottiglie al giorno, tra bibite gasate, acqua, succhi di frutta con stabilimenti che hanno sede in cinque dipartimenti della Bolivia.