Sicuramente Marco Polo non avrebbe mai immaginato che, sette secoli dopo le sue visite nella terra dei Khan, oggi l’Asia sarebbe diventato il continente più sviluppato del mondo. In realtà neanch’io avrei mai immaginato che, negli ultimi 15 anni, soltanto la Cina ha consumato la stessa quantità di cemento armato che gli Stati Uniti nel ventesimo secolo. Partito da Montevideo alla volta di Hong Kong, dopo un lungo volo di 16 ore da Dallas, sono arrivato nella città più cara del mondo dove Ferrari, Maserati, Rolls Royce o Lamborghini si vedono come le Mercedes in Italia. Una bahia da favola attorniata da molti più grattacieli di New York, luci, bar, ristoranti, favolosi alberghi ed un consumo allo spasimo, fanno parte di un pezzo di mondo poco conosciuto dall’occidente. Una forte impronta "british" si respira e mi sono toccati giorni ad alta tensione, con una marea di manifestanti che hanno invaso e distrutto nientemeno che il Parlamento di questa specie di stato protetto da una Cina che nessuno ama.

Dal 1997, quando la Regina d’Inghilterra ha restituito il territorio al mostro asiatico, questo stato-città cerca di farsi vedere come uno stato indipendente, spinto da quello spirito d’indipendenza che gli avevano insegnato gli inglesi. Come in Inghilterra si guida a destra e come in Inghilterra si respira aria di libertà. Si parla "cantonese" ma tutti parlano anche l’Inglese, l’altra lingua ufficiale. Tutti i giorni alle 8 di sera le centinaia di grattacieli sparsi sulla riva continentale e sulla riva dell’isola si illuminano al ritmo della musica. Durante tutta la mia vita ho avuto la fortuna di visitare molti paesi. Trovarne uno senza un marchio italiano è stato impossibile. Nel centro di alto profilo non soltanto ci sono tutti i marchi nostrani come Versace o Valentino, ma anche ristoranti di primissimo ordine, pizzerie e cantine di ogni genere, regione e colore.

Dopo Hong Kong il salto a Shanghai dove si respira l’esplosione socio-economica del paese con il PIL più alto del mondo (Cina 25 triliardi di dollari e USA 20). I suoi 1.400 milioni di abitanti già non sono più i braccianti di Mao. Lo stipendio minimo è già di circa 1000 dollari al mese e le biciclette sono state sostituite dalle moto elettriche o direttamente dalle automobili. Questa Cina con un partito unico al potere e l’economia libera, ha catapultato il paese ad una crescita frenetica di circa il 10% all’anno per decenni e decenni. Forse Trump ha capito che non si possono dare più vantaggi a questo polipo a mille tentacoli che possiede decine di miliardi di bonds americani. La Banca Centrale cinese continua a regalare prestiti a milioni di aziende a tassi ridicoli. Il Dumping è esagerato e questo, l’eccentrico presidente nordamericano, l’ha capito ed è entrato in azione. Se pensiamo che che nel 2018 in Cina sono state vendute più Mercedes, BMW e Audi che in tutta Europa e parte degli USA, cominciamo a capire la capacità commerciale cinese. La Stazione di treni di Shanghai, da dove siamo partiti con un TAV a 300 all’ora alla volta di Shentzen, è 15 volte più grande della nostra romana Termini e più del doppio della Grand Central di New York. Chilometri e chilometri di palazzi a 50 piani intercalati con gru alla stessa altezza, ci portano da un posto all’altro di questo mastodonte. Il numero di gente è pazzesco, così come il consumo e il modernismo della tecnologia di punta. Pechino è un altro bellissimo centro con palazzi enormi, strade a 8 carreggiate, pedaggi elettronici attraversati da milioni di camion ed auto. Tutto si paga con il cellulare, non esistono più carte di credito, insomma, è un altro mondo.

Poi Giappone dove, su un territorio abitabile come la metà della superficie dell’Uruguay, abitano 128 milioni di giapponesi. Non cé spazio vitale per la terza economia del mondo. Anche qui il consumo è, a dir poco, esagerato. Per le strade di Tokio, Kyoto o Osaka decine di migliaia di ristoranti, bar, baretti e posticini da bancarella......tutto pieno, tutto con code umane che si sbrigano a favorire il consumo. In questi paesi non esiste la farina, forse per questo non si vede gente grassa per le strade, ma non manca mai una Pizzeria italiana. L’abbiamo trovata in una stradina di Tokio, in mezzo ad un parco splendido pieno di piante esotiche. Due giovanissimi, un sardo, con un calabrese, sposato con una giapponesima, che hanno attrezzato una piccola pizzeria con prodotti prelibati portati da casa.

Altro capitolo la Thailandia, dove abbiamo visitato Phouket ed il suo arcipelago. Un paradiso terrestre che contrasta con i prezzi altissimi della Cina ed il Giappone. Qui è tutto a buon prezzo e, con 10 Euro si mangia un menù prelibato con una bottiglietta di vino. Il mondo è cambiato......la Cina è un presente di estrema vitalità ed una concorrenza mondiale difficile da contrarrestare, il Giappone è invivibile per un occidentale.....troppa gente, la Thailandia un paradiso, insomma, vale la pena fare un salto da quelle parti, perché possiamo capire i grandi cambiamenti del nostro mondo.

Stefano Casini