Francis Fukuyama nel suo ultimo saggio "Identity: The Demand for Dignity and the Politics of Resentment" opera un’analisi in profondità della questione identitaria in Occidente, che attiene innanzitutto a una richiesta di rispetto della dignità umana la cui violazione comporta la deriva verso una politica del risentimento, con la conseguente rinascita dei nazionalismi e dei sovranismi. Da qui, origina una regressione della capacità di penetrazione della democrazia rappresentativa. Dagli anni Settanta fino alla prima decade di questo secolo il numero delle democrazie elettorali è passato da 35 a più di 110. Nello stesso periodo, la produzione mondiale di beni e servizi è quadruplicata e la crescita economica si è virtualmente estesa a ogni regione del mondo. Allo stesso modo si è drasticamente ridotto in proporzione il numero delle persone che vivono in povertà estrema, passando dal 42 per cento della popolazione globale del 1993 al 18 per cento nel 2008.

Ma non tutti hanno tratto identici benefici da questi cambiamenti. In molti Paesi democratici occidentali le disuguaglianze di reddito sono drammaticamente aumentate, dato che le ricadute della crescita sono andate massimamente a vantaggio delle classi più abbienti e istruite. La globalizzazione e robotizzazione hanno fatto il resto, come ben sappiamo, delocalizzando le produzioni e gli impianti produttivi dall’Europa e dall’America verso l’Asia e creando disoccupazione di massa nelle classi produttive medio-basse, come quelle che si sono trovate senza più lavoro nella "Rust Belt" americana. Ma è stata la crisi finanziaria del 2008 a far emergere la rottura definitiva tra élite e popolo, in cui la prima porta la responsabilità oggettiva della recessione a livello mondiale, con disoccupazione elevata e forte contrazione dei redditi per molti milioni di lavoratori ordinari. Tutto ciò ha comportato una crisi di sistema e di sfiducia nella democrazia in molte aree del mondo lasciando spazio a sistemi molto più autoritari, tra cui risaltano quelli di Cina e Russia.

Vladimir Putin, Xi Jinping e Recep Tayyip Erdoğan sono dei sovrani a tempo indeterminato e possono sostenere strategie a medio-lungo periodo, avendo il controllo capillare delle loro opinioni pubbliche interne. Le democrazie occidentali possono reggere il confronto se e solo se un Deep State efficiente e risoluto è in grado di fare la stessa cosa, operando da ponte e da supplenza a leadership sempre transeunti costrette ad affrontare confronti elettorali a distanza ravvicinata; circostanza, quest’ultima, che provoca una progressiva frammentazione e paralisi decisionale, suddividendo in mille rivoli il flusso di ricchezza nazionale derivante dalla fiscalità centrale. Per di più, l’Unione europea soffre la mancanza sia di una leadership stabile sui tempi medio lunghi, sia di un "lender of the last resort" per quanto riguarda la sua politica monetaria.

Tuttavia, osserva Fukuyama, la politica attuale nelle democrazie avanzate si concentra molto più sulle questioni identitarie, e assai meno sugli aspetti ideologici ed economici. Questo è il risultato delle scelte fatte dalla sinistra mondiale del "politically correct" che si è interessata quasi esclusivamente alla difesa dei diritti civili di minoranze etniche, immigrati e rifugiati, donne e persone Lgbt, piuttosto che alla tutela e al mantenimento del benessere delle classi produttive e operaie. Prima, invece, la sinistra marxista storica del XX secolo aveva dalla sua il "Soggetto" (la classe operaia) ma non il Potere: quella odierna invece ha avuto accesso al Potere ma ha perduto il Soggetto. La destra, invece, ha riguadagnato terreno riposizionandosi sulla difesa patriottica dei valori nazionali e identitari, spesso in riferimento ad aspetti etnici, razziali e religiosi.

Così, a causa dell’impoverimento progressivo di ampie fasce della popolazione, un po’ ovunque nel mondo occidentale some emersi leader politici che, sul tema del ripristino della dignità umana umiliata, hanno mobilitato milioni di "followers" attraverso l’uso strumentale e diretto dei social network che ha cortocircuitato il legame tra leader e popolo, bypassando in un colpo solo i tempi lunghi e gli innumerevoli passaggi intermedi della democrazia rappresentativa, disintermediando definitivamente il confronto con le parti sociali.

MAURIZIO GUAITOLI