Matteo Salvini ha atteso di incassare il sì definitivo al decreto sicurezza bis e la rottura con i Cinquestelle sulla Tav, prima di aprire le danze.

La crisi del Governo Conte è di fatto già in essere ed è quello che il leader della Lega ha confermato al premier nel colloquio avvenuto a Palazzo Chigi mercoledì sera.

Che si concluda con un ritorno alle urne (la data che circola è quella del 13 o 20 ottobre) oppure con la formazione di un nuovo Governo, con la stessa maggioranza gialloverde e magari guidato anche dallo stesso premier (in sostanza un Conte bis), lo capiremo nelle prossime ore.

Quel che è certo è che Salvini è ben deciso a capitalizzare in un modo o nell’altro il consenso elettorale ottenuto alle Europee. E può farlo solo ora.

A settembre sarebbe troppo tardi. Sia perché si dovrebbe assumere la responsabilità di far saltare la legge di Bilancio e quindi costringere il Paese all’esercizio provvisorio. Sia perché proprio a settembre è in calendario alla Camera l’ultimo passaggio della riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari che inevitabilmente allungherebbe i tempi per l’eventuale chiusura anticipata della legislatura.

Difficile chiedere il voto in presenza di una riforma che riduce le poltrone ma che per entrare in vigore sarà necessario attendere almeno 5 mesi: tre mesi per l’eventuale richiesta di referendum confermativo e altri due per la revisione dei collegi elettorali.

Senza contare che a quel punto potrebbe scattare l’esigenza di una nuova legge elettorale visto che con il taglio dei parlamentari si realizzerebbe una forte torsione maggioritaria che premierebbe molto la Lega, penalizzando tutti gli altri partiti, M5s in primis.

Ecco perché per Salvini il momento di portare a casa il successo ottenuto nelle urne il 26 maggio non può essere più rinviato. Sta ora a Conte e soprattutto a Di Maio decidere quale opzione. La meno dolorosa è certamente evitare il voto e quindi mantenere l’alleanza con la Lega. In cambio però dovrebbe accettare il ribaltamento dei rapporti di forza nell’esecutivo.

È questa la condizione posta da Salvini. Che si traduce nell’ingresso di ministri leghisti in posizioni chiave. A partire dalla sostituzione di Danilo Toninelli al ministero delle Infrastrutture e di Sergio Costa e Elisabetta Trenta ad Ambiente e Difesa. Ma non solo. È probabile che nel mirino ci sia anche il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Il taglio delle tasse che ha in mente il leader della Lega con la prossima legge di Bilancio non si concilia con la prudenza del titolare di via XX settembre.

E del resto Salvini ha detto apertamente che la manovra a cui sta lavorando la Lega è ben diversa da quella prospettata da Tria. La partita è appena cominciata. I giocatori però devono tener conto anche dell’arbitro. Sergio Mattarella segue con attenzione l’evolversi della situazione. Nella Lega si vocifera di una possibile salita al Colle di Conte e/o dello stesso Salvini già oggi ma al momento al Quirinale ancora non risulta.

Certo è che in una situazione che vede l’Italia a crescita zero, il crollo della produzione industriale in Germania (primo Paese importatore del made in Italy), l’attenzione è massima. Ma al momento una maggioranza alternativa a quella gialloverde non viene ipotizzata da nessuno e dunque il ritorno al voto diventerebbe l’unica opzione.