Che teatro. Il Churchill del Papeete e il Conte che si credeva di Cavour se le sono date di santa ragione. Manco fossero stati in due Governi opposti. Per non essere da meno, M5S e Pd, dopo essersi coperti d’insulti per anni, in poche ore hanno cambiato già tre volte la base programmatica dell’Esecutivo che stanno trattando. Gli italiani assistono attoniti a questa indecente sceneggiata a spese loro, in cui ognuno annuncia il contrario di ciò che farà e dove la finzione è la cifra di tutto.

È talmente tutto finto che alla fine non si è capito più neanche chi l’abbia aperta questa crisi. Al punto che un Salvini con poche idee ma ben confuse - giudicato che il ridicolo evidentemente ancora non bastava - durante le consultazioni al Colle ha aperto addirittura a un rimpasto di governo coi casaleggini associati. Roba che neanche ""Scherzi a parte". Il Governo Lega-M5S è stato fallimentare: ha portato l’economia sull’orlo della recessione, aumentato la pressione fiscale, aggiunto 5 miliardi d’interessi al già salatissimo conto che paghiamo sul debito pubblico, aggravato il divario NordSud e varato leggi giustizialiste in linea col peggiore manipulitismo.

Niente paura: M5S e Pd promettono di fare peggio. In una Nazione normale, dopo una prova di così somma incompetenza - al punto da far apparire finanche l’ex zombie politico di Rignano uno statista che giganteggiava in Senato, come il gallo del famoso proverbio napoletano - andrebbero tutti a casa. Non per preparare elezioni, o peggio ancora governi, ma per nascondersi. Aprire una crisi al buio alla vigilia della Finanziaria, con una recessione in arrivo di cui sono ignote profondità e ampiezza, e la prospettiva di consegnare palazzo Chigi a Pd e grillini, è stato un capolavoro di nullità politica. Un leader incapace di calcolare le conseguenze non delle mosse degli avversari, ma delle proprie, è un candidato credibile a guidare la Nazione?

Eppure è quello che resta nel campo di un centrodestra frammentato e disperso da anni di errori, lotte personalistiche e suicide. A meno che Salvini non rinsavisca e si decida a guidare una grande alleanza liberale, nazionale, sovranista e riformista degna di tal nome. Che alla guida degli italiani non di sinistra ci sia oggi un partito che rivendica l’aver votato leggi come il reddito di cittadinanza, quota cento, la sostanziale abolizione della prescrizione o il decreto dignità, la dice lunga su quale grado d’impazzimento abbia raggiunto la maionese politica italiana. Si tratta di leggi che rappresentano la quintessenza di quella visione demagogica, assistenzialista, statalista e pauperista cui da sempre si oppongono la cultura liberale e il centrodestra.

È un po’ - per dire - come se un ministro baciasse il rosario tutti i giorni, senza aver varato una sola legge che sia una per la famiglia e la natalità: una presa per i fondelli. Tuttavia, nonostante il suo tentato autoaffondamento d’agosto, il principale beneficiario di questa crisi resta proprio lui: Salvini. Soprattutto per una ragione: perché ha raggiunto l’obiettivo di lasciare ad altri l’onere di varare la legge di Bilancio che dovrà rimediare alle follie economiche gialloverdi. A meno di cambiamenti europei di scenario, che per ora s’intravedono soltanto, non sarà lui a pagarne il prezzo politico. Inoltre, se davvero passeremo dalla padella gialloverde alla brace giallorossa, se cioè avremo un Esecutivo di sinistra-sinistra M5S-Pd tutto tasse e clandestini, allora per il Churchill del Papeete sarà un gioco da ragazzi cannoneggiarlo tutti i giorni.

Senza contare che per Renzi, finiti i popcorn, il Governo sarà solo lo strumento per far fuori Zingaretti e riprendersi il Pd. A meno che la sinistra vecchia e nuova non torni unita in una nuova coalizione Pd-M5S in grado di contrastare la Lega. In ogni caso una giostra irresponsabile. Che per gli italiani non promette nulla di buono.

VINCENZO NARDIELLO