E ora povero Giovanni Toti? Mollati gli ormeggi da Forza Italia, che oramai sbeffeggia ogni giorno sui social e altrove, affrontato il mare aperto del suo nuovo Movimento arancione, chiamato "Cambiamo", è partito per il suo tour italiano, decollando da Matera profondo Sud, lontano migliaia di chilometri dalla "sua" Liguria.

Lo strappo di Salvini e il probabile governo giallo rosso spiazzano clamorosamente l’ex portavoce di Berlusconi, l’ex delfino del Cavaliere, diventato nel 2015 un po’ imprevedibilmente governatore della Liguria, riconquistata dalla Destra con un processo che avrebbe portato a mettere le bandiere di Forza Italia, della Lega e di Fratelli d’Italia su Savona, Genova, la ex roccaforte imprendibile e perfino su La Spezia in una sequenza di conquista napoleonica.

Lo strappo dal Cavaliere, maturato definitivamente nel mese di luglio, ma preceduto dalla contromossa del Berlusca, che aveva nominato Toti e la Carfagna coordinatori con un incarico di fatto mai incominciato, aveva piazzato il dilagante presidente della Liguria in una posizione di possibile federato in una grande coalizione del centro destra, con le sue armate convergenti da tutta Italia, da decine di pubblici amministratori a qualche ex big di Fi, come Paolo Romani. Sembrava che il decollo fosse avvenuto positivamente dopo la riunione al Teatro Mandraccio di Roma, il 6 luglio scorso.

La rotta di Toti sembrava parallela rispetto a quella di Matteo Salvini, sempre prodigo di sostegno per il furbo governatore ligure, considerato dal Truce come un fedelissimo. O almeno così sembrava. Già dopo la vittoria elettorale alle politiche del 2018, Salvini arrivato al 17,4 per cento, con chi aveva festeggiato il capo leghista? Con Toti, trionfante del suo in Liguria, dove il sindaco Marco Bucci, il primo ad abbattere la roccaforte rossa di Genova, viaggiava con il consenso granitico dei leghisti, Edoardo Rixi, l’allora vice ministro alle Infrastrutture, in testa.

Pranzo con champagne non in un posto qualsiasi all’indomani del primo boom leghista: sulla nobile Calata di Portofino a tra passi dal buen retiro del capo a Mulinetti, elegante dependance di Recco. E poi, seguendo il sempre più dilagante Truce, Toti aveva accentuato il suo processo di autonomizzazione dal "padre" politico, Silvio Berlusconi, incominciando a sparare a zero sulla politica passiva e rinunciataria di Forza Italia. Era chiaro che il suo sentiero portava sempre più in braccio alla Lega salviniana, in un progetto che partiva dalla Liguria, ma si allargava a tutta l’Italia.

La potenza mediatica di Toti si dispiegava sia a livello locale, ma sopratutto in Italia dove l’ex direttore dei Tg Mediaset, non ancora cinquantenne, riusciva ad avere una audience continua e martellante con interviste "fisse" sul Corriere della Sera", ospitate a raffica in tutti i talk show, fino ad apparire l’alter ego permanente di Berlusconi, la spina nel suo fianco. Unica scivolata, o scivolatina del Toti arrembante, lo scontro perso in Liguria con un altro ex braccio destro del Cavaliere quel Claudio Scajola, che reduce indenne da 17 processi aveva conquistato come sindaco la sua Imperia, malgrado l’opposizione di Toti, che gli aveva schierato contro un candidato di FI, sonoramente sconfitto dall’ex ministro berlusconiano, che si diverte a disegnare una bella enclave nel Ponente ligure, facendo conquistare dai suoi fedeli i comuni di Ventimiglia, Bordighera, Alassio e permettendosi di appoggiare anche il sindaco vincente di Sanremo, un ex centro sinistra, Alberto Biancheri.

Ci voleva ben altro per fermare Toti, oramai proiettato nel suo sogno arancione, ben piazzato nel resto della Liguria, sopratutto a Genova e con articolazioni in molte regioni italiane, sopratutto in quelle del Nord. Sembrava un’operazione ardita quella di staccarsi da Berlusconi, una strada sulla quale si erano persi tanti altri ipotetici "delfini" dell’uomo di Arcore, Fini, praticamente cacciato quando oramai sembrava il successore designato, Angelo Alfano, Angelino, addirittura pontiere con il centro sinistra, ministro dell’Interno, perso poi definitivamente alla politica……Un destino sciagurato per chi aveva sentito il profumo di una torica succesione.

Incurante di tutto queto, Toti è andato avanti per la sua strada, correndo a velocità pazzesca sui suoi due binari: la Liguria dove riusciva ad essere sempre presente, sopratutto nella vicenda drammatica del ponte Morandi, di cui era ed è commissario per l’Emergenza, ma anche l’Italia da conquistare al suo nascente movimento, destinato a raccogliere i moderati sparsi per lo Stivale, raggruppati per formare un fronte compatto con lo scopo di equilibrare lo scatenato Salvini, la sua politica spaccatutto, la sua forsennata campagna elettorale, le sue politiche durissime sull’immigrazione, sulla sicurezza. Che c’era di meglio della bonomia avvolgente e onnipresente di Giovanni Torti, presidente in Liguria, feld maresciallo in Italia, con le falangi arancioni convocate per una rivoluzione "dolce"?

Sembrava che il 14 agosto, giorno triste dell’anniversario del crollo del Ponte Morandi, questa accoppiata fosse stata definitivamente consacrata, quando non molto elegantemente dopo la cerimonia di commemorazione, Salvini e Toti se ne erando andati a mangiare un piatto di trenette al pesto in un ristorante del centro di Genova. Sorriso a trentadue denti del Governatore, sicuro oramai di avere di fronte un percorso perfetto, a fianco del Truce, di cui stava costruendo quel fronte più morbido. Peccato che cinque giorni prima Salvini avesse già imboccato il suo vicolo cieco, rompendo l’alleanza di Governo, chiedendo i pieni poteri, capovolgendo il quadro nazionale e creando uno sconquasso in tutto lo scenario politico. Da possibile alleato preferito in costruzione della sua coalizione a più faccie, il povero Toti si è trovato con la sua piattaforma arancione in mezzo alla tempesta.

Si può costruire un nuovo movimento-partito quando le acque sono ferme e la navigazione è tranquilla, con punti di riferimento certi e se il tuo interlocutore è il vero "dominus" di tutta la scena. Ma se quel "dominus" rompe i piatti, scassa il governo di cui era il cavalcante leader e fa costruire un altro governo, che lo sbatte in una opposizione, appetibile magari per la sua vocazione propagandista, ma dura per la perdita della ribalta mediatica continua e permanente, allora tutto cambia. E così la navicella arancione di Toti si è trovata di colpo in mezzo al mare forza nove. Da una parte la partita per la costruzione del Movimento, in un quadro sicuramente scomposto, dove ognuno si gioca la sua parte, maggioranza e opposizione future, dedicate alle propie posizioni, senza guardare alla novità, e dall’altra la Liguria a pochi mesi dalla campagna elettorale regionale, nella quale Toti ha annunciato di volersi candidare ancora, ma che è obiettivamente diventata contendibile.

Può un leader regionale numero uno, partire per un lungo viaggio in Italia con la prospettiva di battere ogni contrada e magari di finire con la necessità, in caso di elezioni, di schierarsi obbligatoriamente alla testa del nuovo movimento, impegnarsi in una campagna regionale improvvisamente complicata. E se le regionali liguri, nel giugno 2020, coincidessero con prossime elezioni politiche, che farà Toti? Di qua o di là o cavalcante nelle due competizioni, lui così bulimico nell’afferrare ogni chance? Intanto la Liguria è diventata obiettivamente contendibile e non solo perchè il governo nazionale che si profila con la alleanza Pd- 5 Stelle potrebbe esprimere un candidato anti Toti, se lui ci fosse. Ma perchè tutto il quadro si è complicato. Forza Italia per bocca di Giorgio Mulè, il nuovo portavoce Berlusconiano, eletto in Liguria, anche lui giornalista, ha annunciato che Toti non sarà più il loro candidato. Se ne sceglieranno un altro……

A Toti resterebbe la Lega, che non è poco in Liguria, anche grazie al traino potente del sindaco di Genova Marco Bucci, un a-politico, scelto dalla Lega e Fratelli d’Italia. Ma poi c’è la questione di come la Liguria è stata governata dalla giunta di centro destra, che, a parte Toti, non ha certo schierato cavalli di razza. La Liguria oggi è sopratutto l’immane sforzo di rimediare alla tragedia Morandi, nella quale Toti ha spiccato come commissario e come presidente. Ma il resto? La sanità, che è il 90 per cento del bilancio regionale, non ha fatto passi avanti con il centro destra. Anzi. Le "fughe" dei liguri verso le altre regioni per farsi curare sono aumentate ancora. La privatizzazione soft delle struttore ospedaliere non ha fatto altri passi avanti che qualche progetto come quello di un nuovo insediaamento sulla collina degli Erzelli, centro hig tech, dove sta insediandosi anche la facoltà di Ingegneria. A parte la tragedia Morandi, nonostante grandi sforzi, la Liguria è sempre isolata infrastrutturalmente. Le linee ferroviarie veloci o "velocette" per collegarsi meglio almeno con Milano, Torino e Roma, malgrado tante inaugurazioni nelle quali l’ottimismo di Toti trasbordava, sono ancora un sogno con l’eccezione del Terzo Valico, opera del passato che procede versso la sua data di inaugurazione il 2022, ben fuori dalla fine del mandato di Toti. La crisi industriale, comune al Paese, non risparmia la Liguria con la grande alea del destino di Cornigliano, l’acciaieria, ora di propietà Acelor Mittal, legata al destino di Taranto.

Se finisse male il destino genovese, di una una ex grande capitale dell’industria, si capovolgerebbe definitivamente. Insomma la giunta regionale di centro destra ha portato molta visibilità, molti contatti, sopratutto con le altre regioni del Nord, una esposizione che ha fruttato qualche vantaggio turistico, buone relazioni portuali grazie al presidente dell’Autorità Portuale, Paolo Emilio Signorini, un uomo legatissimo all’accoppiata Bucci-Toti, ma risultati stravolgenti no. Dopo avere annichilito l’opposizione del centro sinistra per anni con la sua potenza mediatica e con la sua presenza sul territorio e avere tenuta a distanza i 5 Stelle, in verità molto flebili sopratutto dopo la nascita del governo Salvini-Di Maio, oggi il centro destra rischia di sottovalutare la futura concorrenza. Che si sta già muovendo.

A inizio estate era stato chiesto di candidarsi presidente per il centro sinistra a Roberto Cingolani, l’ex direttore scientifico di IIT, Istituto Italiano di Tecnologia, grande centro del futuro, dove si costruiscono i robot e dove lavorando 1200 scienziati internazionali. Cingolani, a cui hanno offerto anche ministeri per il prossimo governo, ha declinato. I suoi nuovi incarichi a Leonardo sono più interessanti di una complicata battaglia regionale. Ma spunteranno altri anti Toti, se lui sarà il candidato e se non lo vedremo partire per Roma definitivamente. Ora la futura battaglia ligure è importante anche per Grillo, il genovese più noto con Renzo Piano. Il grande architetto ricostruisce il ponte. Grillo potrebbe impegnarsi su Genova, dopo averla a lungo snobbata anche quando crollava il ponte e la città si spezzava.

di FRANCO MANZITTI