Come sapete nei 14 mesi della legislatura che si è svolta fino all’inaspettata crisi di agosto, il Partito Democratico ha esercitato una dura e coerente opposizione e io stessa, con il voto e con gli interventi in Parlamento non ho lesinato critiche alle discutibili scelte compiute dal governo giallo-verde 5Stelle-Lega, ispirate in genere da intenti populisti e sovranisti. Poi è arrivato Salvini che, tra un selfie e un mojito, ha annunciato da una spiaggia assolata la crisi del governo di cui lui stesso era vice premier e ministro, con l’idea di portare il suo partito all’incasso dei sondaggi allora favorevoli. Una scelta cinica e brutale che lo ha portato a calpestare gli interessi vitali del Paese per un gioco politico di parte.

In queste settimane, infatti, si prepara il bilancio dello Stato, si avvia l’attività dei nuovi organismi europei, con i quali l’Italia ha tutto l’interesse a dialogare, soprattutto si deve scongiurare l’aumento dell’IVA per evitare che i prezzi salgano, i consumi diminuiscano e l’economia prolunghi la sua stagnazione. Una bella coltellata alle spalle di un Paese in seria difficoltà, proprio da parte di chi ha cavalcato per mesi e mesi gli slogan "Prima l’Italia", "Prima gli italiani". Che fare di fronte ad una situazione così drammatica? Se anche noi del PD avessimo badato ai nostri interessi, saremmo dovuti andare diritto alle elezioni per convincere gli elettori di quanto sia stata improvvida la scelta di mettere l’Italia in mano a gente inesperta e spregiudicata. Ma noi siamo diversi da Salvini. Per noi l’interesse nazionale, anche senza sbandierarlo, viene prima veramente e mai deve essere prevaricato da interessi di parte.

La risposta della responsabilità - È rimasta, dunque, una sola strada percorribile, quella della responsabilità. Una responsabilità che ci ha portato a cercare di costruire un difficile rapporto di collaborazione con una forza, i 5Stelle, che non ci hanno mai lesinato attacchi virulenti e ingiusti e dai quali siamo lontani per cultura e metodo politico. L’abbiamo fatto per l’Italia, per evitare che si accentuasse pericolosamente la deriva economica e sociale nella quale si trova. E l’abbiamo fatto per amore della democrazia perché consegnare l’Italia a un uomo come Salvini che chiede al popolo "pieni poteri", trascurando che la nostra è una democrazia rappresentativa, e fa appello alle "piazze" contro i suoi avversari politici, significa mettersi su una china pericolosissima. Inizia, dunque, un nuovo percorso, nella piena legittimità costituzionale, attraverso il quale abbiamo il dovere di dare stabilità al governo del Paese e soprattutto lavorare per il rafforzamento e per il rinnovamento della società italiana.

Rinnovare l’Italia - Ora siamo di fronte ad una nuova sfida. Il punto centrale è proprio questo: rinnovare l’Italia partendo dai bisogni più vivi e diretti dei suoi cittadini. In questa diversa prospettiva spero che il nuovo governo intraprenda una strada di lastricata di cose da fare per risanare e rinnovare. Sul piano del programma, sono contenta che il Partito Democratico sia riuscito ad ottenere il taglio del cuneo fiscale, vale a dire la diminuzione delle tasse nella busta paga dei lavoratori. Allo stesso tempo, sono soddisfatta per l’attenzione che si rivolge ai giovani, vero banco di prova del futuro, tentando anche di realizzare quelle condizioni per il rientro di quanti hanno dovuto cercare all’estero occasioni di lavoro. Altre due cose mi piace salutare con convinzione: lo sblocco dei cantieri sospesi, che significa sblocco del lavoro, e un piano di finanziamenti per la ripresa del Mezzogiorno, su cui io stessa ho presentato una mozione in aula che spero possa essere ricalendarizzata al più presto. Un punto di svolta, poi, potrà diventare il Green New Deal, da noi proposto, vale a dire il piano straordinario di investimenti per rendere l’Italia il Paese più verde d’Europa e per difendere il territorio e i centri minori del nostro meraviglioso Paese dal dissesto e dall’abbandono.

Questioni aperte - Ci sono anche – non voglio tacerlo - questioni di più difficile mediazione. La prima, molto importante sul piano etico prima ancora che politico, è quella della civiltà verso i migranti, i cui flussi devono essere regolati e contrattati a livello europeo, ma che non possono essere lasciati morire in mare. La seconda è quella del taglio dei parlamentari, che ci ha visti contrari finora soprattutto per il modo come è fatto, vale a dire senza prevedere il rispetto della presenza in Parlamento delle minoranze e senza modificare il funzionamento del Parlamento. Ora questi aspetti dovrebbero essere contestualmente affrontati. Per quanto ci riguarda, non abbiamo accettato che il taglio riguardasse linearmente anche gli eletti all’estero, già penalizzati rispetto al numero dei connazionali da rappresentare. Personalmente questa sarà la mia maggiore difficoltà, non per una difesa corporativa ma per una questione di principio, vale a dire perché nessuno metta in discussione il principio che gli italiani all’estero valgano come quelli in Italia. Finora ho agito su questo ascoltando la mia coscienza e rispettando le persone che rappresento e così continuerò a fare. Mi auguro, infine, che si volti pagina sul modo inconsistente e propagandistico come è stata gestita la delega per gli italiani nel mondo usando finalmente un linguaggio di verità e chiamando a raccolta tutte le forze disponibili per fare il bene di questo importante pezzo d’Italia fuori dall’Italia.

FRANCESCA LA MARCA