Poltrona, poltrone… Vedi, suona quasi come una declinazione, la sesta, la più attesa. Avanti, si mostri chi non abbia mai sognato di conquistarne una, di poltrona, sollevi la mano, esatto, chi può dirsi esente da questi istintivi desideri, aspirazioni, se non convinta certezza di meritarla. Come risarcimento. Anch’io, ammetto, mi sono sentito "importante" quando ho ottenuto uno sgabello, molti anni fa, lascia perdere che non era un Ministero, semmai un impiego da consulente in una villa principesca, il parco esotico, le rare piante giunte perfino da Tunisi e da Sumatra, e ancora, giù all’ingresso, troneggiava una slitta dorata, dono dello zar Nicola II Romanov ai padroni della dimora, personalmente auspicavo addirittura di piazzarci dentro la mia seggiola, e così andare; peccato che laggiù non nevicasse mai. E un giorno, in quel parco, restando in tema di gratificazioni, Rudolf Nureev mi accusò di avergli rubato il berretto di pelle nero, ma questa è già un’altra storia.

Pretendere una poltrona è cosa legittima, umana, sana. Intendiamoci, ciò non impedisce di rilevare che, sebbene invalsa nel lessico della pubblicistica corrente e nei titoli dei talk televisivi, l’espressione "poltrona" mostra tanfo subculturale, meschino. Rimanda, secondo retorica, alla prosa, tra Guareschi e Gianna Preda, del "Borghese" e di "Candido", fogli della destra munita di berretto tattico, bastone da rissa in galleria e pizzetto: poltrone, poltronisti, poltronismo… Quando, finalmente, nei giorni scorsi, è apparso il palmarès dei ministri prescelti, giunti dal bingo truccato della politica correntizia, sempre umanamente, d’istinto ho avvertito una fitta di delusione. Mi aspettavo infatti, pensando agli eroi del momento, qualcuno da consustanzialmente ritenere meritevole di "poltrona", per gli sforzi profusi, così la mente è corsa subito ad Annalisa Chirico, lei che riassume l’umanissimo, doveroso, vitale desiderio di raggiungere, appunto, una prima fila, anzi, perché no, lo stesso dicastero della Giustizia, premio al suo attivismo specifico e ad ampio spettro, nuove dorate extension a metterne in risalto l’ovale, come ulteriori committenze, di più, commende, benefit.

Molti, in queste settimane di sempre più umanissima attesa, hanno bramato lo sbocco ministeriale nel controluce di piazza Montecitorio, tra il bar "Illy" e la gelateria "Rosati", e, come lo stesso Giuseppe Conte, si sono perfino già affacciati all’uscio di "Pineider", summa d’ogni alta cartoleria di classe, a ordinare doverosi ulteriori biglietti da visita, carattere "grisato" o "baronale" invece dell’ordinario corsivo inglese, che subito fa cafone, vorrei ma non posso, anzi, ora sì. Si tratta magari di compilare una lista che comprenda i sommersi accanto ai salvati: la poltrona-zattera della Medusa su cui trovare riparo, la poltrona di salvataggio estremo di una mancata iper-mobilità sociale, conquista sfumata per circostanze avverse: cornuti! Ripeto: si intuisce la nostra comune delusione per il mancato incarico ad Annalisa Chirico?

Insieme a lei, occorre però inchinare i labari per altre meritevoli, eppure bruciate, candidature, e non mi riferisco certamente a Maria Giovanna Maglie, pure lei attivissima, che per collocazione sovranista appare sacrificata nella circostanza odierna. Al contrario, visto il margine discrezionale dei grillini nell’intero sorteggio, assodato il modo in cui questi, da vero responsabile, ha ridimensionato, nero su bianco, l’ingordigia non meno umana di Luigi Di Maio, il nome di Andrea Scanzi avrebbe potuto raggiungere la lista, in second’ordine rispetto alla totemica Annalisa Chirico, s’intende, le sue competenze, la sua abbronzatura, l’incedere cantilenante verbale da esame di procedura penale mentre è ospite di "Stasera Italia" o di "Agorà": il suo talento nel mostrare l’uso esatto delle cialde del caffè all’amico Salvini. E ancora il doveroso garantismo, lasciarsi immaginare sulla battigia di Sabaudia sul cavallo dell’ex Chicco Testa. Poltrona, poltrone…

A Bologna, in piazza Maggiore, sulla facciata di Palazzo d’Accursio, una parete intera mostra i volti in fotoceramica delle partigiane e dei partigiani caduti nella guerra di Liberazione; sempre virtualmente, in dissolvenza incrociata, sembra di intravedere un altrettanto tragico sacello, non me ne voglia per l’accostamento chi affermi l’orgoglio resistenziale, occupato ora dai volti di chi sperava nella provvidenziale telefonata: "… che ce l’hai il vestito pronto per andare a giurare da Mattarella?" E qui, narrativamente parlando, c’è da immaginare i maschi fortunati davanti all’ingresso di "Davide Cenci" a Campo Marzio e poi da "Battistoni" in via Condotti, per acquistare una cravatta, direbbe la canzone, "intonata alla camicia"; le cravatte di Battistoni, citate perfino da Pasolini, simbolo di status romano se non planetario, cosmico. Poltrona, poltrone, doveroso sogno di una società, perdonate le ulteriori citazioni, ma almeno nel nostro discorso proviamo a trascendere la misera contingenza, il piccino bla bla giornalistico subalterno la non meno conclamata pochezza della classe politica, il presunto rosso e il presunto giallo, le penose domande circa la percentuale, e con quale bilancino secondo il "Manuale Cencelli", la nuova compagine è stata portata a compimento.

Poltrone come titoli, spiegherebbe Vittorio De Sica nel "Giudizio universale", lì a convincere la Corte che un cav., un cav. uff., un comm., un gr. cr. (gran croce!) non si nega a nessuno, figuriamoci quell’altro premio! Per completezza e non fare torto a nessuno proviamo ora qui a fornire una lista di altrettanti meritevoli, altrettanto mancati Annalisa Chirico. Una selezione parziale dei, giustamente, delusi, tramortiti: Anna Ascani, Pd; Marina Sereni, Pd; Piero Fassino, Pd; Gianni Cuperlo, Pd; Laura Castelli, M5S; Luciano Nobili Pd-Renzi; Roberto Giachetti Pd-Renzi; Nicola Morra, M5S; Maurizio Martina, Pd; Dario Stefano; Pd, Ettore Rosato, Pd-Renzi; Barbara Lezzi, M5S e poi Piero Grasso che volentieri avrebbe sfilato la Giustizia ad Annalisa, meglio, a chi poi davvero l’ha ricevuta, Alfonso Bonafede, già Fofò DJ, brano preferito "’The Rhythm of the Night’ di Corona", un manifesto di estetica programmatica.

Nell’immiserimento culturale e dialettico, davanti a un’agenda dettata da palesi supplenti a vita, dai, chi ha più diritto a ricorrere al dito ammonitore, indicando con biasimo gli ambiziosi e le ambiziose, gli impreparati e le impreparate, gli inadeguati, i negati tutti, puntandolo, magari con veemenza da Gioacchino Murat, re di Napoli e massone, al momento d’essere fucilato a Pizzo Calabro, aggiungendo sprezzantemente ai fortunati "…perché mai voi e non io!?! Mancato ministro lo stesso Alessandro Di Battista, e perfino Vittorio, il giustamente incontentabile padre, simbolo di un recente familismo da meetup, forte di una maglietta che reca scritto "Dibba Senior". Peccato, anche per questi, non dico un trono o una sdraio gestatoria con flabelli e assistenti al Soglio delle Stelle appositamente sorteggiati sulla Piattaforma Rousseau non avrebbe sfigurato. Poi, s’intende, altrove, lo stesso Walter Veltroni, lì come un sommozzatore, lo sguardo a mezz’acqua, in attesa del Quirinale. Su tutto però, come il monolito di "2001 Odissea nello spazio", accolto con tripudio dalle scimmie, le ossa come clave, rivelazione assoluta, sembrano innalzarsi le doverose ambizioni di chi sappiamo, tutte le Annalisa Chirico al mondo. Se, come dicono i più scettici, il governo Conte bis nasce già zoppicante, tra franchi tiratori, garanzie renziane a scadenza limitata, dubbi da parte degli stessi grillini prossimi al troglodita Salvini, potrebbe essere solo questione di tempo e di nuove cialde di caffè, per lei, per tutti noi, che il vestito l’abbiamo pronto e stirato da anni, manca solo lo squillo dal Colle. Poltrona, poltrone…

FULVIO ABBATE