Saranno due leghisti, Claudio Borghi e Alberto Bagnai, a dirigere le "danze" della manovra in Parlamento: da presidenti delle commissioni Bilancio della Camera e Finanze del Senato, incideranno su sedute e calendario. E la cosa preoccupa non poco la nuova maggioranza. Che già pensa alle contromisure. Tanto che è pronta una "exit strategy", l’idea di dimissioni di massa dei membri in commissione di M5s, Pd e Leu: una mossa da usare, se servirà, per sostituire i due. I presidenti di commissione non possono essere sfiduciati o cambiati prima della metà della legislatura: i leghisti oggi in carica, lo resteranno fino alla fine del 2020. Ma ci sarebbe - sulla base di alcuni precedenti - una possibilità di appellarsi ai presidenti delle Camere, nel caso in cui un presidente rifiuti una leale collaborazione o addirittura ostacoli i lavori. La mossa sarebbe dirompente e dunque al momento l’idea è stata elaborata e messa in un cassetto. Come "extrema ratio" si potrebbero far dimettere dalla commissione tutti i parlamentari di M5s, Pd e Leu, per poi rivolgersi al presidente della Camera (o del Senato) perché ricostituisca la commissione e la riconvochi per l’elezione del nuovo presidente, espressione della maggioranza giallorossa. Se accadrà, è tutto da vedere. Una staffetta alla guida di alcune commissioni è intanto destinata a essere innescata dalle nomine di governo, che entro venerdì dovrebbero essere completate con i nuovi sottosegretari. Dovrà essere sostituito (magari con un Dem) il questore della Camera Federico D’Incà (M5s). E al Pd, che ad ora non presiede alcuna commissione, il M5s potrebbe cedere alcune presidenze rimaste vacanti: per la Lavoro del Senato, lasciata libera da Nunzia Catalfo, si citano Tommaso Nannicini o Annamaria Parente. Il nodo più spinoso è poi il Copasir, la commissione parlamentare per la Sicurezza della Repubblica. Lorenzo Guerini, neo ministro della Difesa, lascerà il posto a un esponente di opposizione. E Matteo Salvini - ma dalla Lega definiscono prematuro parlarne - aspirerebbe a quell’incarico. In teoria si potrebbe, anche se da prassi in questa legislatura l’incarico spetterebbe a un deputato (nel 2009 al senatore Rutelli successe il deputato D’Alema). Ma l’ipotesi Salvini non è ammissibile, protesta da Leu Nicola Fratoianni, visto che è ancora aperto il "caso Russia". Alla fine, secondo fonti Dem, la scelta dovrebbe ricadere su un esponente di Fi o Fdi.