Due notizie in questi ultimi giorni hanno fatto riaffiorare vecchie polemiche tra Nord e Sud, con i meridionali respinti nel Settentrione perché "terroni, sporchi e poveracci". La prima riguarda la scelta di una donna della provincia di Milano che nega l’affitto ad una ragazza di Foggia, perché meridionale; la seconda notizia, invece, interessa la segretaria di una scuola media di Forlì, di origini siciliane, che ha denunciato di essere stata insultata per i suoi natali e picchiata da una coppia di vicini di casa, in seguito ad una lite sul posto auto condominiale.

Due indizi fanno una prova, si direbbe. Infatti, testimoniano divisioni culturali e sociali che rilanciano la "Questione meridionale", che nasce nel 1861. Ma fermiamoci all’attualità. Cosa spinge una donna a inondare di messaggi offensivi a sfondo razziale il cellulare di una ragazza alla ricerca di una casa? "Per me meridionali, negri e rom sono tutti uguali". Il pregiudizio e l’ignoranza sono serviti. Su una cosa, però, la signora milanese ha ragione: siamo tutti uguali, ma questo non lo diciamo noi, lo dice la Dichiarazione universale dei diritti umani, redatta nel 1948 a Parigi e nata proprio dopo i terribili crimini di cui si era macchiata l’umanità nella Seconda guerra mondiale.

"Sì, siamo tutti uguali", umanamente parlando. Abbiamo tutti due gambe, due braccia e una faccia, l’essenziale per sopravvivere. La diversità sta nel nostro "Io", nel nostro carattere, nel nostro approccio alle cose e al mondo circostante. È vero, ci sono quelli che quali hanno più opportunità nella vita, quelli più fortunati, quelli che lo sono meno e che devono rimboccarsi le maniche per "sbarcare il lunario". Ma anche quelli che vogliono perché possono, quelli che credono a tutto ciò che gli viene detto e chi, invece, ascolta e si fa un’opinione propria.

La signora milanese è una di quelle credulone, alla quale hanno insegnato che esistono quelle che volgarmente chiamiamo "razze". Il termine "razza" però non è scientifico. Richard Lewontin fu, infatti, il primo genetista a smentire senza alcun dubbio l’esistenza di differenti razze umane. Eppure, quando gli chiesero se lui credesse nella razza, la sua risposta fu: "Certo, le razze esistono". Salvo poi indicarsi la testa e aggiungere: "Sono tutte quante qui". Faceva riferimento, ovviamente, alla nostra immaginazione: l’unico "luogo" dove le superficiali differenze tra le diverse popolazioni umane vengono prese ancora sul serio. Esempio lampante per dire che facciamo ancora fatica ad abbandonare questo pregiudizio.

La colpa potrebbe essere della nostra storia culturale ed evolutiva; apparentemente, un’eredità con radici troppo profonde per sradicarle con la sola forza della ragione. Ma è quella che ci resta per salvare questo Paese "diviso" e inquieto. Dobbiamo ritrovare "un’amicizia sociale" per disinnescare la "bomba" latente dell’odio razziale e della separazione tra Nord e Sud.

FEDERICA MOLÈ