Duecento anni dopo la scrittura dell’Infinito, Recanati ritrova il suo paesaggio leopardiano: «Sempre caro mi fu quest’ermo colle / E quest’orto, che da tanta parte / Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude». E proprio quel colle è stato recuperato con il restauro dell’antico orto-giardino dell’ex Convento di Santo Stefano, risalente al XV secolo in cui i versi sono ambientati. Il progetto è stato realizzato dal Fai (Fondo per l’Ambiente Italiano) che si è cimentato per la prima volta nella salvezza di un paesaggio poetico. Così la siepe di bosso, coperta da altre erbe, è stata liberata, anche se in verità a limitare la vista dell’orizzonte a Giacomo Leopardi era un muro di mattoni.

«È la sfida più inconsueta e affascinante che il Fai abbia affrontato dalla sua nascita: una visita guidata dentro una poesia, opera d’arte immateriale per definizione» ha spiegato il presidente Andrea Carandini all’inaugurazione a cui ha partecipato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Da domenica scorsa, quindi, l’orto sul colle è stato aperto al pubblico rendendo plausibile le sensazioni più profonde che derivano da una delle odi più famose al mondo. I lavori sono stati avviati nel 2017 sia nei locali del Centro studi leopardiani, nato nel 1937, sia nell’orto-giardino in cima all’ermo colle, un tempo orto del monastero curato dalle monache e ancora adesso un paesaggio di quelle e calma punteggiato dai cipressi. Nel Centro è stato inaugurata anche una postazione multimediale dedicata al poeta con le voci di Lella Costa e Massimo Popolizio.

Il progetto è stato donato dall’architetto-paesaggista Paolo Pejrone e finanziato anche grazie all’intervento dei privati, il Gruppo Tod’s e il Gruppo Gabrielli. Proprio il Gruppo Gabrielli ha instaurato una webcam che consente di vedere in diretta il colle in tutto il mondo. «Ero amico di Anna, la pronipote del poeta, e poiché facevo fatica a ricordare a memoria le poesie ho pensato di rimediare così» ha scherzato il patron di Tod’s Diego Della Valle. Con questo recupero Recanati intende trovare una giusta collocazione in quel turismo culturale che è diventata una delle priorità del Belpaese. La cittadina è costruita su una collina che domina una conca verde. Nell’orto sul colle zone coltivate e frutteti accompagnano il visitatore tra dialetti e radure. Si incontrano piante di fichi, glicini, filari di uva, ma anche lavanda e salvia. ai lati compaiono anche rose e iris. Sulla sfondo la cappella, con i suoi essenziali arredi liturgici. Uno sfondo perfetto da cui godere la vista de «il mar da lungi e quindi il monte», ovvero i Monti Sibillini.

Siamo nel 1819, l’anno in cui Leopardi scrive l’Infinito. Il suo anelito è andare lontano dalla casa di Recanati che sente un mondo troppo piccolo e immobile. Leopardi definirà i suoi componimenti Idilli, non per il significato classico di descrizione di vita campestre, ma per quello di "situazioni, affezioni, avventure storiche del suo animo". E l’Infinito si colloca in quel Monte Tabor, sopra Recanati, dove il poeta passeggia, pensa, costruisce i suoi versi. E sente quel mondo come un limite che, appunto, chiude lo sguardo all’orizzonte, simbolo di quei limiti umani che la ragione pone riportando l’uomo al mistero della vita. un mistero che è anche pena. Se l’occhio vuole guardare oltre la siepe, l’animo umano aspira a capire il mistero del mondo. Sul colle il sentimento non si arresta, ma si allarga a comprendere anche l'infinito temporale che viene, per contrasto, dallo stornir del vento tra le piante, voce dell'attimo presente e della stagione viva. Il vento evoca lo scorrere del tempo, rimanda alle morte stagioni e canta quella presente.

Così Leopardi ha associato a questo colle un momento che è entrato nella nostra coscienza. Mezzo chilometro quadrato in cui il poeta ha racchiuso tutto il senso dello smarrimento umano di fronte al mistero dell’infinito. Da quel colle Leopardi si allenterà nel 1923 per andare a Roma nell’illusione di trovare l’appagamento dei propri desideri. Sarà una delusione come le altre tappe del suo percorso terreno, da Milano a Bologna, da Firenze a Pisa. Con questo recupero del parco letterario della poesia leopardiana Recanati intende trovare una giusta collocazione in quel turismo culturale che è diventata una delle priorità attrattive del Belpaese.

Marco Ferrari