Dal 2010 in poi gli Stati Uniti hanno attraversato una vera esplosione per quanto riguarda l'espansione delle minoranze etniche, sempre più decisive anche durante le varie tornate elettorali. Negli ultimi questa nuova fotografia della popolazione statunitense si è fatta ancora più evidente e i dati elaborati dalla Brookings Institution lo dimostrano in maniera inequivocabile. La Brookings Institution è un centro di ricerca senza scopo di lucro, fondato nel 1916 con sede a Washington. Il suo ultimo lavoro, suddiviso in sei mappe e costruito partendo dai numeri del Census Bureau degli Stati Uniti e mostra come le minoranze - in particolare ispanici, asiatici e neri americani - stiano "occupando" un numero sempre maggiore di aree del Paese. Le nuove stime indicano che, considerando l'intero territorio nazionale, i residenti ispanici rappresentano il 18,3% della popolazione mentre quelli neri e asiatici sono rispettivamente il 12,5% e del 5,9% del totale. Numeri che cambiano radicalmente se si vanno ad analizzare, nel particolare, le oltre tremila contee del Paese.

La suddivisione, contea per contea - Oltre a rappresentare le contee dove i nativi sono maggioranza, come l'Alaska, la prima mappa mette in evidenza le contee in cui due o più minoranze sono altamente rappresentate. Lo studio cita gli esempi del Queens, a New York, della contea di Harris, in Texas, quella di Gwinnett, in Georgia, e quella di Solano, in California, dove ciascuno dei tre maggiori gruppi minoritari è presente in una porzione più ampia di quanto non lo sia a livello nazionale. Altri elementi importanti che emergono sono il numero dei residenti ispanici nella fascia di contee che va dalla California al Texas e quello dei residenti di origine asiatica altamente rappresentati in California, Washington, Texas, in altre zone del sud-est e in alcune grandi aree metropolitane del Paese. La più alta concentrazione di neri americani rimane, invece, nel sud. C'è un discorso da fare anche per quanto riguarda le aree individuate come "contee bianche", ovvero quelle dove nessuna minoranza etnica è altamente rappresentata. Secondo lo studio sono aree piccole, meno urbanizzate e scarsamente abitate in cui la popolazione bianca sta ristagnando e la crescita demografica è fortemente rallentata. In effetti, queste contee - che coprono vaste sezioni del paese - ospitano solo il 30% dei residenti totali degli Usa. Al contrario, il 35% dei residenti negli Stati Uniti vive in contee dove due o più minoranze sono altamente rappresentate, mentre il resto vive in aree in cui un gruppo minoritario è altamente rappresentato. Tuttavia, la diversità cresce ovunque: dal 2010, il 96% di tutte le contee statunitensi ha registrato un calo delle percentuali relative alla popolazione bianca.

LE GRANDI AREE METROPOLITANE

Le grandi aree metropolitane sono state storicamente il luogo principe dell'insediamento delle minoranze negli Stati Uniti. Nella storia sono state la destinazione ideale per gli immigrati, sia per quanto comporta l'iniziale migrazione nera verso le aree urbane sia, più recentemente, quella che riguarda gli ispanici e gli asiatici americani. La seconda mappa mostra che in 28 delle 100 aree metropolitane più grandi della nazione, due o più gruppi minoritari sono altamente rappresentati. Sono incluse in questo discorso quelle di New York, Chicago, Houston e Dallas, dove ciascuno dei tre maggiori gruppi minoritari è presente in maniera massiccia. Vi sono poi altre 22 aree in cui due minoranze sono altamente rappresentate: ispanici e asiatici a San Francisco e Los Angeles; ispanici e neri a Miami; asiatiche e nere a Washington; ispanici e nativi a Albuquerque.

LA CRESCITA DI ISPANICI E ASIATICI AMERICANI

Questi due sono i gruppi minoritari a più rapida crescita a livello nazionale. Gli ispanici, dal 2010 al 2018, sono aumentati del 18,6%, gli asiatici addirittura del 27,4%. Lo studio sottolinea come ci sia anche una crescente dispersione di entrambi questi gruppi verso nuove destinazioni, che tendono a trovarsi più lontano rispetto a quelle riconosciute come storiche. Nel 1990, infatti, il 39% degli ispanici statunitensi risiedeva in sole quattro aree metropolitane: Los Angeles, New York, Miami e Chicago. Nel 2018, invece, il 39% degli ispanici statunitensi vive in sette zone: si sono aggiunte alla lista Houston, Riverside (California) e Dallas. Tutte di dimensioni superiori alla città dell'Illinois.

MA LA TENDENZA È NAZIONALE

Ci sono 138 aree metropolitane in cui la crescita ispanica ha superato nettamente il dato nazionale (oltre il 150% e in 54 di queste, di oltre il 200%). Queste aree sono diffuse in tutto il paese, in particolare nelle aree in cui la popolazione ispanica sta guadagnando sempre più spazio: nel Midwest, nel nord-est e nel sud-est, comprese diverse parti della Florida. La popolazione asiatica invece ha minor impatto nelle aree metropolitane. Come per gli ispanici, anche gli asiatici si concentrano in alcune aree particolarmente produttive come Los Angeles, New York e San Francisco. Tuttavia, mentre questi tre luoghi hanno ospitato il 30% di questa minoranza nel 2018, quasi i 4/5 della crescita della popolazione asiatica totale, sempre nel periodo 2010-2018, ha avuto luogo altrove. I territori dove la popolazione cresce con maggiore frequenza si trovano nelle parti interne del paese, in particolare nel Midwest e nel nord-est. Ad esempio, Indianapolis ha aumentato la sua popolazione asiatica da 41 mila unità nel 2010 a 70 mila unità nel 2018. Ma questa tendenza riguarda anche Università e città dalla natura profondamente hi-tech come Raleigh, Columbus e Madison o Seattle, Dallas e Houston.

NUOVE DESTINAZIONI PER I NERI AMERICANI

La minoranza nera americana sta tornando a preferire, come mete di stanziamento, il Sud interrompendo il flusso, registrato negli ultimi decenni, verso le grandi metropoli, il settentrione e la costa occidentale. Nel 1990, New York era la meta preferita, seguita da Chicago, Washington, Phiiladelfia, Los Angeles e Detroit. Ma nel 2018 è Atlanta a scalare la classifica catapultandosi al secondo posto. Un aumento notevole ha riguardato anche città come Miami e Dallas. La crescita interessa vaste aree che comprendono il Texas, con San Antonio, Dallas, Phoenix e Austin sugli scudi, la Florida, con Miami e Orlando, e la Carolina del Nord, soprattutto con Charlotte. Tra i territori americani che stanno ospitando sempre più neri americani, al di fuori delle zone citate, ci sono Las Vegas, Minneapolis e Seattle.

LO STATO DELLA POPOLAZIONE BIANCA

È quella più in crisi visto che è cresciuta solo dello 0,1% dal 2010 e le ultime previsioni dicono che non ci sarà inversione di questa tendenza, anzi. Le aree con popolazione bianca iche si spopolano continuamente, dice lo studio, non vedranno un rinforzo dei numeri attraverso una immigrazione bianca dall'estero o tramite una crescita delle nascite. La mappa, in questo caso, mostra i modelli di guadagno e perdita della popolazione bianca tra le 100 maggiori aree metropolitane della nazione. Dal 2010, 45 di queste aree presentano dati in perdita. Tra queste ci sono centri importanti come New York, Los Angeles e Chicago, ma anche aree meno economicamente vivaci, specialmente dopo la Grande Recessione del 2007-09. Molte si trovano nel Midwest industriale, in zone interne della California e nel New England. Non tutte le aree dove si registra un calo dei residenti bianchi mostrano però un calo totale della popolazione. In 36 delle 45 aree, l'aumento congiunto delle minoranze etniche hanno più che compensato questa diminuzione demografica. Le aree metropolitane dove la popolazione bianca è in aumento sono quelle del Texas, del sud-est e delle Montagne Rocciose. Le stesse che riguardano, più o meno, hli altre monoranze. Centri come Phoenix, Denver, Dallas, Austin e Nashville hanno visto aumentare i residenti bianchi negli ultimi dieci anni. Secondo lo studio i modelli demografici che emergono dalle ultime stime della popolazione statunitense per il 2020 dipingeranno una nazione ancora più ramificata dal punto di vista etnico. Un dato importante e che coinvolge tutti i settori della società: queste minoranze avranno un impatto sempre maggiore sull'economia e sulla politica statunitense.

Alessandro Frau