DI MIMMO CARRATELLI
 
La serenità sta scappando via da Casa Napoli. Se stasera anche da Torino dovesse arrivare una grande delusione, la stagione azzurra si infilerà in un tunnel senza uscita. Non bastava il “caso” Insigne
Si apprende anche, da chi è vicino ad Ancelotti, che il tecnico chiuderebbe a fine campionato il rapporto col Napoli che dovrebbe durare invece un altro anno. 
Ma come? Ancelotti ha sempre detto di avere una squadra bellissima, di essere felice nel golfo e che non avremmo più pettinato bambole, e improvvisamente è deluso. Però difende la squadra anche a Genk. Il sospetto è che difende la squadra per difendere se stesso e le discutibili scelte di formazione, dai troppi cambi da una partita all’altra ai giocatori spesso impiegati in ruoli non confacenti. 
Qual è il significato vero di Insigne in tribuna a Genk? Ancelotti ha detto di avere visto il giocatore “non brillante” durante la seduta di rifinitura prima della partita. Legittima in tal caso l’esclusione dal match con i belgi. 
Ma mandarlo in tribuna tenendo in panchina Younes? Se non si voleva creare un “caso”, come è successo, bastava portare Insigne in panchina (Younes anche al massimo della forma non vale il problematico giocatore napoletano). 
Allora che cosa è stato? Una provocazione? Oppure un “messaggio” alla squadra su chi comanda? Ma il “pugno duro” non è nelle corde di Ancelotti, tecnico di grande sensibilità. La tribuna di Genk inflitta a Insigne è stata un grosso errore che aumenta le incertezze della squadra. 
Si sa che già in estate Insigne non era considerato “adeguato” al progetto tattico di Ancelotti (4-4-2) che a Parma fece andar via Baggio e Zola, anch’essi inadeguati al modulo del tecnico. La storia si ripete? 
Il Napoli non è riuscito a vendere Insigne. Lorenzo è rimasto nelle condizioni peggiori per lui, per la squadra, per il tecnico e per la società. Quarto a sinistra non è il suo ruolo che gli sottrae energie in fase offensiva. Zeman si scandalizzò quando Benitez impiegava Insigne allo stesso modo in un fasullo 4-2-3-1. 
Ora se la tribuna di Genk ha avuto questo vero significato (inadeguatezza a ricoprire il ruolo di quarto a sinistra) e non è stata la conseguenza del “non brillante” nella seduta di rifinitura, ci si aspetta che Insigne non giochi a Torino. 
Invece, pare che giochi. Allora la tribuna di Genk è stata una mossa sbagliata, plateale e sbagliata. E il giocatore sarà diventato “brillante” in un paio di giorni? 
Insigne ha un caratterino difficile. Non è il fuoriclasse che avrebbe voluto essere ed è questo il suo vero tormento. Un allenatore dell’esperienza di Ancelotti avrebbe dovuto “governarlo” diversamente. Anche perché, dopo avere rinunciato a Baggio quand’era al Parma, Ancelotti ha poi detto: “Non lo rifarei”. Insigne non è Baggio, ma la situazione è uguale a quella parmense. 
C’è anche un altro aspetto della situazione-Insigne. Il Napoli ha preso Lozano (non ancora in forma) che è un esterno d’attacco. Poiché Callejon è un punto fermo a destra, per il messicano resta il lato mancino, cioè la fascia di Insigne. Il progetto era proprio questo: Insigne via, dentro Lozano. 
Ma anche l’ex Psv Eindhoven nel 4-4-2 di Ancelotti sarebbe sacrificato, non meno di Insigne, a fare il quarto di sinistra. Cambiare modulo si potrebbe. Ma il 4-3-3 in cui farebbero meglio sia Insigne che Lozano è sterco del diavolo per Ancelotti. Da qui una certa confusione che sta danneggiando anche Lozano. 
Soffre, Insigne, i fischi del San Paolo che non l’ha mai risparmiato, più indulgenti i tifosi con altri giocatori. Anche sugli spalti nascono antipatie “a pelle”. Pure, qualche volta Insigne ha fatto il giro del campo scusandosi con i tifosi per i suoi errori (in lacrime dopo quel rigore sul palo contro la Juve fallendo il 2-2). 
Si dovrebbe comprendere, se non giustificare, un giocatore che, già prima di Ancelotti, in 261 partite col Napoli, 99 volte è stato sostituito e 63 volte è entrato dalla panchina. Insigne non sarà il fuoriclasse che spacca le partite, ma è considerato un talento del calcio italiano, 32 volte in nazionale. Tutto questo “via-vai” campo-panchina-campo è pesante, dettato dai moduli di gioco. 
In queste condizioni (Insigne praticamente umiliato e Ancelotti che se ne andrà), quale partita farà il Napoli stasera a Torino non si sa. Appena alla settima di campionato e con due sole partite di Champions, spenti gli osanna di Dimaro, siamo giunti a un brutto momento dopo che De Laurentiis aveva puntato molto sul secondo anno di Ancelotti e fatto acquisti per cento milioni (Lozano 38, Manolas 36, Elmas 16, Di Lorenzo 10). 
Dal Napoli giungono segnali che tutto è stato rimesso a posto, sorrisi, baci e Insigne “perdonato”. Sarebbe bene che De Laurentiis faccia sentire la sua voce parlando chiaramente con Ancelotti e più chiaramente con Insigne prima che tutti questi malumori (non escludendo le dichiarazioni di Koulibaly e di Mertens che hanno denunciato un certo disagio) mandino all’aria non il progetto del tecnico, ma il Napoli tutto. 
Una vittoria a Torino dissolverebbe molte nubi, ma si impone una completa chiarezza sul momento del Napoli magari con una riunione, dura e sincera, tra società, tecnico e squadra, fra quattro mura e senza spifferi. 
Arriva la sosta e c’è modo e tempo di scacciare i fantasmi di una crisi pesante, perché questo è il rischio grosso. Oppure, come al solito, tutto va bene e niente è successo e chi vivrà vedrà.