Spesso confusa con Halloween è la festa del Dia de los Muertos, una celebrazione molto sentita nei paesi latino americani, diventata con gli anni, in città come Los Angeles, un momento popolare di aggregazione della comunità immigrata. A Olvera Street, nel cuore del sito storico di downtonw a Los Angeles, El Pueblo - il luogo in cui è nata l'immensa città - da anni l'ultima domenica di ottobre e poi l'1 e 2 novembre si festeggia Dia de los Muertos e si ricordano, con canti e balli i propri cari, usando dipingersi il viso e mettendo tra i capelli delle corone floreali. I giorni sono gli stessi della pagana Halloween, il nuovo Carnevale che in America è ormai imprescindibile, ma l'origine di entrambi è sacra.La celebrazione, per come si è sviluppata negli anni, ha finito per comprendere, almeno tra i californianos rituali pre-Columbiani, Aztechi, Maya e persino cattolici sul tema della morte.

Di giorno il 'mercatino' con stand per dipingersi il viso, esibizioni di gruppi folcloristici, trattorie con cibo messicano, di notte le processioni. Dia de los Muertos è di fatto una celebrazione della vita nel ricordo di chi è morto: si preparano 'altarini' con fiori e cibo e si espongono le foto di chi ci ha lasciato. La morte è parte della vita e così viene onorata, senza dimenticare i cari che abbiamo perso durante l'anno. Secondo la tradizione infatti non è tanto il momento di piangere i nostri cari, piuttosto è il momento di ricordare le vite che hanno fatto e le cose che hanno goduto durante quella vita. Al di là dei significati e dei rituali nei giorni del Dia de los Muertos l'intera comunità di origine messicana ma anche i discendenti di quei primi indios che popolavano El Pueblo si riunisce a Olvera Street rafforzando radici culturali e identità nella multietnica Los Angeles.

STORIA E TRADIZIONE

Questa festa porta avanti una tradizione antichissima grazie al sincretismo tra l'antica cultura preispanica e il cattolicesimo. Il culto dei morti era importantissimo per le popolazioni preispaniche. I sacrifici umani che venivano consumati avevano lo scopo di mantenere l'equilibro tra vita e morte perché il sangue feconda la terra rendendola fertile per la nuova vita. Vita e morte si intrecciavano ed erano una cosa sola.Per gli antichi mesoamericani la morte non aveva le connotazioni morali della religione cattolica, nella quale le idee di inferno e paradiso servono per punire o premiare. Al contrario, essi credevano che le rotte destinate alle anime dei morti fossero determinate dal tipo di trapasso e non causate dal loro comportamento in vita. Le direzioni che potrebbero prendere i morti sono: il Tlalocan o paradiso di Tláloc, dio della pioggia. In questo luogo si dirigevano quelli che morivano in circostanze relazionate all'acqua: per annegamento, coloro che morivano per malattie come l'edema, la scabbia o le pustole, così come i bambini sacrificati al dio.

Il Tlalocan era un posto di riposo e di abbondanza. Benché i morti fossero generalmente cremati, i predestinati a Tláloc erano sepolti, come i semi, per germinare. L'Omeyocan, paradiso del sole, presieduto da Huitzilopochtli, il dio della guerra. In questo posto arrivavano solo i morti in combattimento, i prigionieri sacrificati e le donne che morivano durante il parto. Queste donne erano comparate ai guerrieri, poiché avevano simbolicamente compiuto una battaglia, e venivano seppellite nel patio del palazzo, affinché accompagnassero il sole dallo zenit al tramonto. Queste donne diventavano idealmente le compagne del sole. L'Omeyocan era un posto di godimento permanente, nel quale si festeggiava il sole accompagnati con musica, canti e balli. I morti che andavano all'Omeyocan, dopo quattro anni tornavano al mondo, convertiti in uccelli di piume multicolori.

Il Mictlán, era destinato alle morti naturali. Questo posto era abitato da Mictlantecuhtli e Mictacacíhuatl, signore e signora della morte. Era un posto cupo, senza finestre, dal quale era impossibile uscire. La strada per arrivare al Mictlán era tortuosa e difficile poiché le anime dovevano transitare in posti differenti per quattro anni. Dopo questo periodo di transizione, le anime arrivavano al Chicunamictlán, luogo dove riposavano. Un aiuto al superamento del percorso veniva offerto da un cane sepolto con il defunto, che avrebbe aiutato l'uomo ad attraversare un fiume fino ad arrivare davanti a Mictlantecuhtli. Il defunto portava in offerta al dio fagotti di fiaccole e canne di profumo, cotone, fili colorati e coperte. Chi arrivava al Mictlán riceveva in dono quattro frecce e quattro fiaccole legate con filo di cotone. I bambini morti arrivavano in un luogo speciale, chiamato Chichihuacuauhco, dove si trovava un albero dai cui rami gocciolava latte. I bambini sarebbero rimasti in questo luogo fino alla fine della razza umana, e successivamente rimandati sulla terra per ripopolarla.

I funerali precolombiani erano accompagnati da offerte che contenevano due tipi di oggetti: quelli che, in vita, erano stati utilizzati dal defunto e quelli che avrebbero potuto servirgli nel suo transito all'altro mondo. Per questo l'oggettistica funeraria era molto variegata: strumenti musicali di fango, ocarine, flauti e sonagli a forma di teschi, sculture che rappresentavano gli dei della morte, crani di diversi materiali (pietra) giada, vetro, bracieri, incensieri ed urne. Le date in onore dei morti sono ed erano molto importanti, tanto che venivano dedicati loro due mesi. Durante il mese chiamato Tlaxochimaco, si portava a termine la celebrazione denominata Miccailhuitontli o Festa dei morti, attorno al 16 di luglio. Questa festa iniziava quando si tagliava l'albero chiamato xocotl, gli veniva tolta la corteccia e adornato con fiori ed offerte. Nel decimo mese del calendario azteco, si celebrava l'Ueymicailhuitl, o festa dei morti grandi. Questa celebrazione si portava a termine attorno al 5 di agosto, alla caduta dello xócotl. In questa festa si svolgevano processioni che si concludevano con ronde intorno all'albero. Al termine della festa si abbatteva il xócotl per concludere le celebrazione. Durante tutto l'evento venivano collocati altari per ricordare i morti, usanza tuttora in uso.

Quando gli spagnoli arrivarono in America nel XVI secolo, fusero i propri riti a quelli degli indigeni locali, dando luogo ad un sincretismo che mescolò tradizioni europee e precolombiane. Facendo coincidere il giorno di tutti i Santi con la festa mesoamericana si creò il Giorno dei Morti. Tra il XVII e XVIII secolo, la Morte viene rappresentata incoronata e seduta su un trono oppure intenta a danzare. Sul finire del XIX secolo lo José Guadalupe Posada ha creato una versione personale della Santa Muerte diventata di moda negli ultimi anni e conosciuta con il nome di Catrina. Nell'ultimo secolo è diventato di moda tatuarla. Le comunità indigene continuano ancora oggi a portare avanti la tradizione di questa festa. La morte è vista come una continuazione della vita e l'aldilà viene immaginato simile al nostro mondo dove si vive come sulla Terra. Durante la festa però è possibile ricongiungersi con i propri cari risalendo nel mondo dei vivi.