La Camera dei rappresentanti americana ha approvato con 232 sì la procedura di impeachment per Donald Trump. I voti contrari sono stati 196 e nessun deputato repubblicano ha appoggiato la risoluzione. Si tratta del primo passo che formalizza la procedura e che apre a una nuova fase dell’inchiesta, già in corso da sei settimane con le audizioni a porte chiuse, sancendo l’avvio delle audizioni pubbliche. Due democratici hanno votato contro. Un voto che di fatto anticipa quello finale, quando al termine dell’indagine la Camera sarà chiamata ad esprimersi sulla messa in stato di accusa del presidente rinviandolo eventualmente al processo in Senato. Immediata, dopo il voto in aula, la reazione della Casa Bianca: "Il presidente non ha fatto nulla di sbagliato, e i democratici lo sanno. La sfrenata ossessione di Nancy Pelosi e dei democratici con questa procedura illegittima di impeachment non colpisce il presidente Trump: colpisce il popolo americano", ha detto la portavoce del presidente, Stephanie Grisham.

"La più grande caccia alle streghe della Storia americana", secondo lo stesso Trump che così si è difeso su Twitter subito dopo il voto. I democratici, che hanno votato in massa il testo, tirano dunque dritto per la loro strada, sempre più convinti di avere l’opinione pubblica dalla propria parte e fiduciosi sulla bontà delle prove finora raccolte nella prima fase dell’inchiesta. "Il presidente ha tradito ciò su cui ha giurato, e il nostro dovere è quello di difendere la Costituzione", ha detto la speaker Nancy Pelosi, terza carica dello Stato, che punta il dito su quelle pressioni sull’Ucraina esercitate dal tycoon per colpire i suoi avversari politici. "Quando abbiamo un presidente che dice che l’articolo II della Costituzione dice che ‘io posso fare quello che voglio’, questa è una sfida alla separazione dei poteri, non è quello che dice la Costituzione così che cose è in gioco? È la democrazia. Per che cosa stiamo combattendo? Per difendere la nostra democrazia per il popolo".

Anche il capo della commissione Intelligence, Adam Schiff, era intervenuto ricordando che la risoluzione segnava "l’avvio di una nuova fase di questa inchiesta, una in cui il popolo americano potrà ascoltare direttamente i testimoni". Resta un voto storico quello della Camera, che per la terza volta si trova ad avviare formalmente una procedura di impeachment, dopo il caso di Richard Nixon per il Watergate nel 1974 e quello di Bill Clinton per il caso Lewinsky nel 1998. Ora tutto è pronto per passare alla fase due dell’indagine riguardante Trump e quello che è stato ribattezzato l’Ucrainagate. Sarà la fase pubblica, dopo 70 ore di audizioni a porte chiuse che hanno coinvolto una decina di testimoni illustri, molti dei quali hanno sfidato il diktat della Casa Bianca che aveva ordinato agli uomini della sua amministrazione di non presentarsi davanti alle commissioni inquirenti. La risoluzione – con un voto che ha spaccato in due la Camera tra maggioranza democratica e repubblicani – autorizza la commissione Intelligence a fissare le audizioni pubbliche e di produrre alla fine un rapporto sul quale dovrà pronunciarsi la commissione Giustizia, decidendo se ci sono gli estremi per mettere a punto gli articoli per l’impeachment e per mandare Trump a processo nell’aula del Senato.

Il testo approvato fissa anche i diritti che potrà esercitare il presidente per difendersi, con i suoi legali che potranno partecipare alle audizioni e anche richiedere dei mandati per ascoltare altri testimoni o per raccogliere altra documentazione ritenuta utile per la difesa. Intanto il via vai di testimoni nell’aula bunker nei sotterranei di Capitol Hill è proseguito anche nelle ultime ore, con il consigliere di Trump sulla Russia Timothy Morrison che, sempre a porte chiuse, avrebbe confermato la versione di molte delle persone ascoltate nelle ultime settimane. Versione secondo cui Trump, nonostante la contrarietà di molti dei suoi collaboratori, avrebbe fatto pressioni su Kiev, in particolare legando l’erogazione degli aiuti all’Ucraina all’avvio di indagini sul figlio di Joe Biden e sui democratici per le elezioni del 2016. La testimonianza più attesa ora è quella dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che ha lasciato la Casa Bianca in polemica con le posizioni del presidente e in attrito con altri consiglieri. E che ora – temono nell’entourage del tycoon – potrebbe avere la voglia di togliersi più di un sassolino dalle scarpe.

Daniela Lauria