Il ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano è persona molto colta e certamente per bene. Però non riesce a trattenersi dal dire qualche stupidaggine, tipo che "Milano non restituisce niente" e riproponendo uno dei più vecchi e consunti argomenti di polemica da bar sport. La verità è che Milano fa bene quello che può. Se in questo paese esiste un fallimento clamoroso sono più di 70 anni di politica meridionalistica che finora ha dato risultati zero: dal Sud si scappa, a milioni, e quelle regioni si vanno desertificando. Milano lavora, produce, si rinnova, paga le sue tasse (più o meno, come tutti). Che altro si deve chiedere? Che adotti qualche provincia meridionale e la faccia decollare? Milano, insieme a Torino, ha uno dei Politecnici migliori al mondo. Ma, sorpresa, anche quello di Bari sta alla pari. Solo che nel Nord due ottimi politecnici si traducono poi in affari e iniziative. Nel Sud, invece, la preparazione ricevuta a Bari è solo un passaporto per fuggire subito dopo al Nord o in Europa. Il dramma della Puglia, ad esempio, non è l’esistenza di Milano, ma il fatto che una regione così bella e ricca di talenti si affidi poi a gente come Emiliano e la signora Lezzi per farsi amministrare. Insomma, il ministro Provenzano deve riflettere di più. Per aiutarlo un po’ pubblico qui cartina geografica con la distribuzione delle medie imprese italiane (anno 2005). Vedrà che sono tutte ammassate lungo la linea Torino-Venezia (il fiume Po). Fuori, e soprattutto al Sud c’è poco o niente. Questo che cosa significa? Che storicamente il Mezzogiorno non è mai riuscito a diventare "ambiente" per l’industria e lo sviluppo economico. Gli storici e i più esperti cercheranno di dire perché (troppi Borboni invece degli austriaci e di Maria Teresa?). Per ora possiamo solo prendere atto dei fatti. E i fatti ci dicono che nel Sud non sta accadendo niente di importante. Fiumi di retorica meridionalistica e la gente scappa. Più tanta malavita. Non si tratta quindi di egoismo milanese, ma di qualcosa che non funziona laggiù. E di questo ci si dovrebbe occupare. Ricordo, ma è una vecchia storia, l’aneddoto di quei giapponesi che vanno da un nostro presidente del consiglio e gli dicono: vorremo fare del porto di Gioia Tauro la nostra base operativa per l’Europa, siete in grado di garantirci la sicurezza? Risposta sconsolata: no. Ecco, magari partire da lì.