Manda in onda le inchieste su Moscopoli. Giornalista non propensa a fare sconti a nessuno, denuncia i legami tra i movimenti sovranisti russi e quelli italiani. Mostra immagini eloquenti, intere trasmissioni dedicate anche alla diffusione di fake news attraverso i social. Un martello, Sigfrido Ranucci, conduttore di "Report" su Rai 3. Il successore della famosa Milena Gabanelli alla guida di una trasmissione televisiva di grande impatto, malgrado sia relegata sulla terza rete Rai. "Report" fa centro in qualsiasi occasione e su qualsiasi argomento si occupi. Un presidio d’inchiesta sui misfatti italiani e internazionali. Indaga e denuncia, Sigfrido Ranucci, e, querele a parte, la più parte risolte brillantemente a suo favore, gli capita di tutto. Gli viene contro di tutto. "Hanno violato i miei account aziendali, cellulare, email, dati anagrafici, indirizzo. Mi è stato detto che gli hacker hanno agito da un Paese dell’Est europeo". Uno sfogo amaro, e la constatazione che la verità fa malissimo a chi commette reati. Hacker dell’Est europeo, russi forse? Moscopoli è una patata bollente, anzi molto di più. Qualcosa di rovente che brucia nella mente di chi l’ha vissuta da protagonista. Italiani e russi. "I governi, certi governi, stanno trasformando lo spyware", a margine delle cattiverie che da certi parti vengono rovesciate addosso a Ranucci. "Lo spyware contro la mafia e il terrorismo trasformato in arma di sorveglianza di massa". Anche questa una denuncia, e gravissima. Sigfrido Ranucci è sconcertato in presenza dell’attacco informatico che lo ha preso di mira proprio nei giorni in cui "Report", di cui è autore e conduttore, mandava in onda le inchieste sopra evidenziate. È stato informato delle violazioni dalla sua banca. Gli è stato spiegato che si tratta di una violazione ex novo. Una cosa diversa dall’attacco informatico che ha interessato milioni di utenti di Unicredit. "Una questione di fragilità della democrazia. L’emblema della dicotomia tra sicurezza e privacy, sancita tra i diritti dell’uomo". Difficile da valutare lo scopo, parimenti complicato capire chi abbia in mano i dati di Ranucci. I contatti con le fonti, le chat, le rubriche, le utenze aziendali. "Il mio telefono potrebbe essere diventato il ponte per entrare in altre utenze di un’azienda che fa informazione". La security della Rai si è immediatamente attivata. Il conduttore di "Report" si sente libero, ma anche molto più fragile. "Anche se questo non fermerà il mio lavoro". Non vuole neanche pensare alle coincidenze con le inchieste su Moscopoli e i falsi account social. Domani andrà in onda con una puntata sui software spia a livello mondiale, da Exodus alle nuove forme che entrano ovunque. "La loro sicurezza è un’illusione, non c’è nulla di criptato. Devi solo scegliere da chi devi essere spiato". Sigfrido Ranucci ritiene il cittadino ora esposto a situazioni estremamente spiacevoli. I software in circolazione possono entrare infatti nei cellulari di ognuno di noi. Anche solo rispondendo a uno squillo di una chiamata whatsapp. "Con i software spia si possono scrivere messaggi al posto di ognuno di noi, viene carpita l’identità e l’anima. La disciplina ormai non esiste più. "L’Italia ha autorizzato, con i ministri Orlando e Bonafede, le intercettazioni telematiche, ma senza emanare un decreto che le disciplini. Non si sa dove sono conservati questi dati, spesso su piattaforme all’estero e se possono essere manipolati". Non c’è da stare allegri, proprio no. Lo spionaggio degenerato oltre l’inimmaginabile? Il giornalista attaccato dagli hacker è dell’idea che ci siano governi che usano la tecnologia per controllare i loro oppositori. Software di Stato veri e propri. "Come quelli usati per spiare il giornalista Kashoggi, poi ucciso all’interno del consolato dell’Arabia Saudita, a Istanbul. O quelli dei messicani utilizzati per controllare gli attivisti. E c’è tanto altro, credetemi". Il consiglio-invito sparato con convinzione assoluta. Una necessità diventata ormai inderogabile. Mettere un limite all’uso di spyware. Ranucci denuncia anche questo: "Non vedo perché l’Italia debba fornire software a Paesi che non rispettano i diritti umani. È successo con il caso Regini in Egitto. Bisogna cercare di trovare il mondo per tutelare la privacy dei cittadini e la sicurezza". La via d’uscita c’è ed è praticabile? Il conduttore e autore di "Report" è perplesso, c’è da tremare davvero. La tecnologia si è mossa così velocemente non permettendo la formazione di anticorpi. "E siamo alla vigilia dell’ingresso sul mercato della tecnologia di ultima generazione dei 5G". Da qui l’assoluta esigenza di non mettere tutta la vita di ognuno di noi sui dispositivi digitali. Si avverte l’utilità/necessità del ritorno ai pizzini. Altrimenti – non ricordo chi lo diceva, ma qualcuno di certo l’ha detto in maniera esplicita – "lo spionaggio sarebbe tollerabile solo se praticato da persone oneste". Ma chi può darci oggi questa garanzia? Ranucci la pensa come tanti, quasi tutti: nessuno è in grado di garantire.