Accolta inizialmente con cautela, la proposta lanciata da Giancarlo Giorgetti di sedersi tutti attorno a un tavolo per riscrivere insieme le regole del gioco, a partire dalla legge elettorale, trova ora sponda nel Pd. È lo stesso segretario Nicola Zingaretti a raccogliere l'idea del numero due leghista, rilanciata in un'intervista. E, anzi, il leader dem invita le altre forze politiche a non "far cadere nel vuoto" l'ipotesi. Ma, al contrario, sarebbe bene mettersi all'opera "nei tempi più rapidi". Questo non vuol dire, spiegano fonti dem, che venga meno il tavolo di maggioranza sulle riforme, che proprio in queste settimane sta affrontando la questione del nuovo sistema di voto (ma dove si registra una fase di stallo). Né significa che dietro le parole del segretario si nasconda la tentazione di urne anticipate. L'apertura di Zingaretti, però, spiazza gli alleati, soprattutto i 5 stelle, concentrati sulle fibrillazioni interne dopo il voto su Rousseau e alle prese con la corsa in Emilia e Calabria che potrebbe sfociare in un risultato non eclatante. "Sulla legge elettorale è necessario fare un po' di chiarezza", afferma la capogruppo pentastellata in Affari costituzionali, Anna Macina. "Il sistema proporzionale selettivo che abbiamo proposto garantisce la rappresentatività dei territori, evita la frammentazione politica e assicura stabilità. Sarebbe sbagliato invece lavorare su sistemi simili al Porcellum o all'Italicum, già bocciati dalla Corte Costituzionale. Sono convinta che il clima costruttivo registrato ai tavoli di maggioranza ci permetterà di continuare a lavorare nella giusta direzione", conclude.

ANCHE I RENZIANI DICONO SÌ E c'è chi, tra i giallorossi, teme che la mossa di Zingaretti possa essere il preludio del precipitare della situazione verso una crisi di governo. Le parole del leader dem vengono invece accolte con favore dai renziani. Va ricordato che Matteo Renzi in persona, non appena Giorgetti lanciò per la prima volta la proposto due settimane or sono, si disse subito disponibile a sedersi al tavolo. E oggi il capogruppo Iv in commissione Affari costituzionali, Marco Di Maio, rafforza il concetto: "Ben venga se c'è la possibilità di confrontarsi per discutere delle regole del gioco - spiega all'AGI - e noi diciamo anche di confrontarci sul nostro piano shock per sbloccare i cantieri fermi, annunciato una settimana fa a Torino". Chi nella maggioranza sta seguendo la partita riforme osserva che nello stesso giorno in cui Giorgetti torna alla carica con la proposta del tavolo, il suo leader Matteo Salvini si dice pronto a dialogare con tutti sulla legge elettorale. Ma con un obiettivo ben chiaro: "Facciamo una nuova legge in un mese e poi si torna al voto". E fonti del partito di via Bellerio riferiscono di contatti attivi e in corso con i dem sulla legge elettorale. "Non bisogna cadere nel gioco-tranello leghista", mette in guardia una autorevole fonte dem. Insomma, nessuna accelerazione verso le urne. Non è però un mistero che solo Pd e Lega insistano da tempo per un sistema maggioritario. Così come non è un mistero che i dem vogliano scongiurare l'eventualità di un ritorno al voto con il Rosatellum o, peggio, con un proporzionale puro. O, comunque, con correttivi non sufficienti a garantire la governabilità.

UNA CRISI DI SISTEMA Il ragionamento di Zingaretti parte da un dato di fatto: non si può negare che sia in atto una "crisi di sistema" e che "il processo politico italiano va verso una netta bipolarizzazione. È chiaro che nel futuro il confronto e la competizione saranno sempre di più tra un campo democratico civico e progressista, di cui il Pd è il principale pilastro, e la nuova destra sovranista". Del resto, non si puo' negare che i 5 stelle stiano vivendo un "travaglio, che rispettiamo", ma le difficoltà dei pentastellati per Zingaretti "hanno origine nella accelerazione di questo scenario e accentuano una crisi di sistema che va rapidamente affrontata con gli strumenti della democrazia". Dunque, "anche con una nuova legge elettorale". Il Pd ha messo sul tavolo degli alleati di governo un sistema che prevede una sorta di ballottaggio, un doppio turno nazionale con la possibilità di fare alleanze dopo la prima tornata, qualora nessuno ottenga la maggioranza. Sistema, però, che non riscontra il gradimento degli altri partiti di maggioranza, che invece spingono per un proporzionale corretto. Ed è proprio sulle 'correzioni' da mettere in campo che si registra lo stallo (il Pd punta su una soglia di sbarramento alta, almeno al 5%). Ma tra i dem c'è chi, come gli orlandiani, preferiscono il modello spagnolo, magari con alcuni ritocchi. Che l'apertura di Zingaretti dia frutti o meno, deve essere chiaro che il lavoro sulle riforme e la legge elettorale non sarebbe portato avanti 'pro domo Lega', scandiscono fonti parlamentari dem che si occupano del dossier. Per quanto riguarda il Pd, le riforme - come il taglio dei parlamentari e la legge elettorale - rientrano tra i punti del programma di governo giallorosso e i dem si muovono nel solco di quel programma. Non certo per approvare una legge elettorale che porti al voto in tempi rapidi, come ha ipotizzato Giorgetti. Insomma, il tavolo sarebbe funzionale a coinvolgere le opposizioni in un lavoro sulle cosiddette 'regole del gioco' che, in quanto tali, riguardano tutti.